Vincenzo Schettini, il professore di fisica che ha conquistato il cuore di milioni di followers sui social media è una vera e propria icona della cultura scientifica moderna. Con la sua abilità nel rendere la fisica accessibile e interessante per un vasto pubblico, ha rivoluzionato la percezione della materia, spingendo i giovani a interessarsi sempre di più alla fisica. Nato a Como da genitori pugliesi, ha vissuto e studiato a Monopoli, paese d’origine della madre, si è laureato a Bari e ha quindi iniziato la sua carriera accademica, diventando professore di fisica presso diverse scuole italiane. Ma la sua passione per la divulgazione scientifica lo ha spinto ben oltre le mura scolastiche. Recentemente il prof. più social d’Italia ha pubblicato il suo primo libro, “La Fisica che ci piace”, edito da Mondadori, riscuotendo un importante successo di pubblico grazie alla sua capacità di comunicare con efficacia. Il libro ha poi dato il via alla sua attività sui social media, dove il professore ha trovato la piattaforma ideale per diffondere la sua passione per la fisica. Oggi, il professor Schettini è uno dei “prof-influencer” più amati e seguiti del momento, con oltre 800mila follower su TikTok, 580mila su Instagram e 379mila su YouTube. I suoi video, in cui spiega in modo semplice e coinvolgente concetti di fisica che spesso sembrano incomprensibili, hanno fatto il giro del mondo, guadagnandosi l’ammirazione di giovani e adulti. Ma qual è il segreto del successo del professor Schettini? In un’epoca in cui la scienza sembra sempre più distante e incomprensibile , il professore pugliese ha saputo trovare il modo giusto per farla amare al grande pubblico. La sua abilità nel comunicare in modo chiaro e coinvolgente ha reso la fisica una materia avvincente e accessibile per tutti, facendo emergere l’importanza della cultura scientifica e l’urgenza di investire nella formazione dei giovani diventando  in un’epoca in cui la disinformazione e le fake news sembrano essere all’ordine del giorno, un faro di speranza per tutti coloro che credono nell’importanza della conoscenza e della cultura. Noi di Domanipress abbiamo avuto il piacere di ospitare il Prof. Schettini nel nostro Salotto Digitale per parlare con lui di divulgazione scientifica, utilizzo delle nuove tecnologie e necessità di diffondere la cultura in maniera trasversale e creativa.

 

I social networks spesso veicolano messaggi semplici ed immediati lontani dal mondo accademico. Come sei riuscito a rendere la fisica un elemento “instagrammabile”?

«Sono onorato di essere ospite in questo spazio e credo che la divulgazione culturale sia missione da compiere insieme. Sui social, in realtà, si cresce in maniera graduale ponendo attenzione sugli interessi dei nostri followers. Personalmente tutto è partito da alcuni video che parlavano di didattica della scuola, volevo approfondire il tema dell’ insegnare ai ragazzi attraverso gli strumenti innovativi. su questo tema pochissimi hanno avuto modo di offrire dei contenuti validi ed aggiornati».

Anche se in questi ultimi anni la scuola ha fatto passi da gigante, resta ancora piuttosto arretrata sui nuovi metodi digitali spesso osteggiati dagli stessi docenti. La tua figura di Professore influencer come è vissuta dai colleghi?

«Direi che la situazione è divisa tra chi segue il progresso e chi resta ancorato ai vecchi modelli del passato. Ci sono colleghi che sono già degli innovatori come me e che pur non disponendo di pagine Facebook e tiktok seguono una didattica digitale e innovativa, ovvero portano il digitale in classe per insegnare. Poi c’è l’altro 50% che è ancora ancorato al vecchio metodo e magari guarda il social in maniera scettica e negativa».

Per insegnare in maniera efficace ai ragazzi qual è la giusta strada da intraprendere. Tradizione o innovazione?

«Io sono uno di quelli che nonostante sia innamorato del digitale credo fermamente nei metodi tradizionali, mi auguro una integrazione e non una sostituzione, una naturale evoluzione per restare al passo con i tempi e per catturare l’attenzione e l’interesse».

Il progetto la Fisica che ci piace è andato oltre i social network diventando una realtà editoriale con un libro edito da Mondadori e anche uno spettacolo teatrale. Come riesci a incastrare tutti gli impegni da influencer con quelli di docente?

«Come docente ho scelto di lavorare in part time verticale,  gli insegnanti a scuola oggi possono scegliere di lavorare meno ore in classe e questo mi permette di essere alcuni giorni a scuola ed altri giorni invece a teatro, in libreria o in altri istituti».

A seguito del successo mediatico come è cambiato l’approccio con gli studenti?

«Essere part time non significa rinunciare a passare molte ore con i propri studenti perché si riduce il numero di classi  e non le ore per l’insegnamento. Sono fiero delle mie classi e del percorso che riesco a creare con ogni alunno. Amo il mio mestiere e credo che questo emerga soprattutto durante l’attività didattica».

Sui social networks invece quali sono i messaggi che ti colpiscono maggiormente?

«I messaggi più belli sono quelli dei ragazzini, delle mamme e dei papà che entusiasti riproducono i miei esperimenti in casa oppure mi mandano in privato il video dell’esperimento. Questo affetto mi mi riempie di gioia perché comprendere che un bambino realizza un esperimento e inizia a guardare in maniera curiosa la scienza grazie a al tuo video significa che si è riusciti ad aprire la mente di un individuo che nel futuro potrebbe farne tesoro e, perché no, diventare uno scienziato del domani».

Tra i tuoi followers ci sono anche molti senior..

«Certo, ci sono quarantenni e cinquantenni che mi scrivono di aver ricominciato a studiare. Mi scrivono di essere riusciti a superare un esame all’università nonostante il lavoro oppure di essere stato uno stimolo per riprendere in mano i libri e prendere il diploma che si è tanto sognato. E poi ci sono i liceali che mi scrivono: “Mi hai salvato dal debito sono passato dal 4 all’ 8″».

Tutto merito della tua “Fisica che ci piace”?

«No, sono loro che hanno salvato loro stessi semplicemente utilizzando delle lezioni che magari erano ritenute chiare. Ma la chiave per il successo scolastico e nelle mani degli studenti. Questo aspetto è importante da sottolineare».

Per molti ragazzi rappresenti un’ancora di salvezza a portata di click…

«Molto spesso mi ritengono come il salvatore degli studenti ma non è così. Loro fruiscono le mie lezioni che evidentemente trovano chiare e stimolanti ma su quelle studiano, si sacrificano e svolgono i loro esercizi. Le verifiche poi riescono ad essere positive perché ci hanno messo dell’impegno. Non c’è alcuna alchimia. Solo la volontà di interessare e di spiegare gli argomenti in maniera chiara ma anche piacevole».

Il Ministro Giuseppe Valditara ha aggiunto al titolo del suo ministero la parola merito che ha assunto una rilevanza fondamentale. Cosa è per te il  valore merito?

«Sono critico riguardo a questo tema. Se “merito” resta una parola di concetto legato al fatto di essersi laureato o diplomato con il massimo dei voti per me rimarrà una dicitura assolutamente sterile perché per me il merito dovrebbe premiare il percorso che un ragazzo compie che molto spesso è nascosto rispetto a quello che si riesce a performare a scuola . Vi faccio un esempio: qualche tempo fa, avevo intervistato nel mio podcast la fisica che ci piace, un ragazzo che adesso probabilmente sarà al secondo anno di scuola superiore che mi ha colpito perché  mi ha raccontato di aver partecipato ad un evento per la costruzione di un satellite utilizzando una lattina di Birra. Hanno costruito il prototipo inserendo i sensori di pressione, temperatura e distanza e lo hanno mandato in orbita a pochi metri. L’ aspetto sorprendente è che questo ragazzo poi quell’anno è stato rimandato in fisica e quindi in questo vedi che non c’è un collegamento  tra l’entusiasmo di aver realizzato un progetto di valore scientifico altissimo come quello che ha fatto questo ragazzo  e il fatto che poi  a scuola purtroppo sia stato rimandato».

Cosa c’è da cambiare in questo sistema?

«Mi auguro che il merito riesca a premiare anche i risultati che un ragazzo colleziona al di fuori della scuola per evitare frustrazioni di chi non si allinea a determinati criteri ma risulta comunque un eccellenza».

Anche la questione dei voti a scuola è piuttosto dibattuta…Come criterio di giudizio quanto possono essere validi?

«Non sono un fondamentalista del voto. Ho una vision più larga perché noto, ad esempio, che ragazzi che  hanno dei voti meravigliosi non riescono ad esprimersi. Allora io voglio capire ma oggi  qual è l’obiettivo di noi docenti è quello di far riappropriare gli studenti della capacità di linguaggio, della capacità di saper essere ambiziosi di raggiungere alcuni risultati oppure di fare una collezione di numeri? Questa è la prima riflessione che faccio perché veramente poi ho tastato con mano alunni che hanno evidentemente voti alti ma che  davanti alla richiesta di argomentare per due minuti parlano per dieci secondi. A questo si aggiunge che un voto troppo basso uccide le prospettive future mentre un voto troppo alto esalta in maniera eccessiva».

A proposito di rivoluzioni nell’ambito scolastico oggi si parla dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale e del suo utilizzo anche per scopi didattici: favorevole o contrario?

«Gli strumenti avanzati dell’intelligenza  artificiale anche il famoso chat GPT, dovrebbe essere appannaggio di studenti grandi, io direi adulti perché più portiamo questo tipo di tools a fruizione di ragazzi molto giovani meno loro si approprieranno di quelle che sono le capacità di linguaggio. I liceali dovrebbero lavorare in una maniera mista tra il tradizionale e il digitale con una continua attenta  guida dell’insegnante. All’università stranamente il digitale non è presente. Questa è una contraddizione perché dovrebbe essere il contrario. Studenti più indipendenti, ormai strutturati che sanno come possono lavorare potrebbero gestire un tablet viceversa quelli molto giovani invece non dovrebbero mai perdere contatto con quella abitudine nel prendere appunti nel seguire una lezione con grande spirito di concentrazione nell’usare gli strumenti digitali».

I tuoi video rappresentano un nuovo mezzo anche per la didattica digitale… Nonostante questo c’è stato qualche detrattore.

«Inviterei tutti quelli che non conoscono le mie lezioni YouTube ad andarle a guardare perché molto spesso si vedono solo i Reel su Instagram. Le unità didattiche portano avanti in maniera tradizionale la definizione, la formula dell’unità di misura e il problema di ipotesi che viene risolto Semplicemente io ho registrato le lezioni dal mio studio e le ho rese disponibili. Ecco perché per me l’insegnante innovatore è semplicemente un professionista che riesce a raccontare bene la materia utilizzando strumenti digitali corretti».

La nostra di attenzione e di concentrazione è calata drasticamente negli ultimi vent’anni, alcuni studi parlano di una soglia minima di 8 secondi…

«Succede anche durante le mie lezioni,  c’è un una percentuale di un 5-6% che ogni tanto se ne va per la tangente perché ovviamente è chiaro  la nostra condizione percettiva è ormai cambiata. Tutto è diventato più veloce, siamo inondati di notifiche, di immagini pubblicitarie e di profilazioni volte ad attirare la nostra attenzione. Questo è un processo che consuma la nostra mente e che dovrebbe essere limitato».

Facciamo un gioco: partendo dagli assunti della fisica massa, accelerazione e attrito, come li declineresti nella tua vita?

«La massa in fisica è la quantità di materia contenuta in un corpo e su questo posso dirti che vorrei dimagrire un po’. Per l’accelerazione mi viene in mente il fatto che è un concetto di variazione di velocità. Ecco noi nella vita di tutti i giorni variamo la nostra velocità continuamente, in tempi sempre più piccoli, questa è una cosa molto pericolosa. L’ accelerazione che nella vita molto spesso fa bene ahimè purtroppo, se non governata, potrebbe anche far male. L’attrito invece è esistenza, siamo tutti materia aggregata che viene bloccata. Quando sono di cattivo umore non riesco a connettermi con gli altri avverto proprio il coefficiente d’attrito molto alto.».

Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Vincenzo Schettini, quali sono le tue speranze e le tue paure?

«Per il Domani spero che le nuove generazioni riescano a cogliere il meglio dall’universo digitale. Tra le mie paure il futuro di  questo nostro meraviglioso pianeta in mano a delicati equilibri politici sempre più precari. Einstein diceva: “Non so come verrà combattuta la terza guerra mondiale ma la quarta verrà combattuta con le pietre” per indicare la fine dall’umanità. Spero che questo non accada e che ci sia sempre un nuovo giorno da cui ripartire”».

Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite
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Direttore editoriale del portale Domanipress.it Laureato in lettere, specializzato in filologia moderna con esperienza nel settore del giornalismo radiotelevisivo e web si occupa di eventi culturali e marketing. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2010 lavora nel campo della comunicazione e cura svariate produzioni reportistiche nazionali.