“Rivoluzionari del ‘900” Duchamp, Magritte, Dalì dalla grande collezione «Vera e Arturo Schwartz». Ecco tutti i dettagli della mostra

Con il patrocinio del Comune di Bologna e dell’Ambasciata di Israele è in corso a Palazzo Albergati, fino al 25 febbraio 2018, la mostra curata da Adina Kamien-Kazhdan e David Rockefeller prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Israel Museum di Gerusalemme: “Rivoluzionari del ‘900” Duchamp, Magritte, Dalì e altri grandi nomi.

I capolavori provengono dalla grande collezione «Vera e Arturo Schwartz» custodita dall’istituzione di Gerusalemme e prodotto da un incontro casuale con il gallerista milanese che, nel 1972, donò le sue tredici repliche dei ready-made di Duchamp con cui aveva lavorato spesso insieme a Man Ray. Nel 1992 donò la sua preziosa biblioteca piena di libri documenti, manoscritti e lettere fino a cedere, nel 1998 la sua intera collezione composta di 700 opere dadaiste, pre-surrealiste e surrealiste. Altri lasciti hanno poi ulteriormente arricchito il patrimonio dell’Israel Museum che ora vanta 1.400 elementi.

L’allestimento è realizzato dall’architetto Oscar Tusquets Blanca, che in omaggio all’evento ha ricostruito a Palazzo Albergati la famosa sala di Mae West di Dalì, dove lo spettatore si troverà letteralmente a far parte dell’opera d’arte e l’installazione 1,200 Sacks of Coal ideata da Duchamp per l’Exposition Internazionale du Surréalisme del 1938.

L’esposizione è dedicata agli artisti che hanno rivoluzionato l’arte del Novecento: Duchamp, Magritte, Dalì, Ernst, Tanguy, Man Ray, Picabia e molti altri, insieme per raccontare un periodo di creatività straordinaria e geniale. Il percorso espositivo mette in luce un aspetto fondamentale, e cioè il forte legame tra Dada e surrealismo. Il secondo come prosecuzione del primo.

Racconta la curatrice Kamien-Kazhdan: “Le opere d’arte dadaiste non esistono. Gli autori negavano l’unicità dell’opera, così come mettevano in discussione il percorso creativo inteso come frutto di talento eccezionale. Ma qualsiasi cosa fossero, molte sono andate distrutte. Di quelle opere ci sono solo repliche”. L’idea delle repliche e della “ricostituzione” dei ready-made fu proprio di Schwarz, che la propose a Duchamp nel 1964. La ruota di bicicletta, il badile per la neve, il porte bouteilles e lo scandaloso orinatoio ritornarono in nuove serie di object trouvé, il più possibile vicino a quelli perduti.

La mostra si articola in cinque sezioni: Accostamenti sorprendenti; Automatismo e subconscio; Biomorfismo e metamorfosi; Desiderio: musa e abuso; Il paesaggio onirico.

Durante il percorso espositivo si potrà ammirare numerosi capolavori, tra cui: L.H.O.O.Q., letteralmente “Lei ha caldo al culo” (1919/1964) di Duchamp e Le Chateau de Pyrenees (1959) opera eccelsa di Magritte, durante la visione di questo capolavoro lo spettatore si sentirà proiettato all’interno del dipinto. L’opera prende vita. Avvertirà un senso di pace e armonia, tutto torna, tutto sarà al suo posto. Il capolavoro seppur chiusa dentro una stanza darà la sensazione di esserne fuori, nel luogo stesso dipinto dall’artista. Il senso di pesantezza, dovuta all’immagine della grande pietra rappresentata nel dipinto, si annulla.

Questo è il grande potere che l’arte può suscitare nell’individuo aiutandolo a capire meglio se stesso e gli altri.

Giada Fanelli

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