In un mondo sempre più attento e sensibile al tema della sostenibilità ambientale ai valori e all’equità, i consumatori e sopratutto i Millennial, troppo spesso insoddisfatti dalle risposte dei governi e da un economia in crisi, cercano, in maniera sempre più radicata, di scegliere nel quotidiano processo decisionale del mercato, le imprese che si distinguono dal punto di vista sociale ed ambientale. Ma cosa succede quando le aziende e i loro clienti non condividono gli stessi valori? In che modo le aziende possono allineare i loro valori a quelli dei clienti, dei dipendenti e della società in generale? Philip Kotler, professore universitario presso la Northwestern University, massimo esponente mondiale del management, definito anche come il padre del marketing moderno, capace da sempre di identificare e prevedere le tendenze del mondo della comunicazione e Christian Sakar fondatore della startup milionaria Double Loop Marketing LLC, maestro nell’uso dei media online e dell’intelligenza artificiale, sviluppata per la vendita dei prodotti e servizi rivolti alle imprese e le istituzioni, hanno unito le forze per restituirci una risposta a questi nuovi interrogativi del marketing e della gestione d’impresa attraverso un nuovo libro intitolato “Brand Activism“. Il primo leader nel pensiero del marketing così come lo conosciamo oggi ed il guru del processo ecosistemico illustrano nella loro precisa analisi ricca di contributi esterni e di esempi tangibili, il profilo dei clienti 4.0 da intendere non come consumatori, così come la vecchia scuola concezione del marketing teorizzava, ma come”persone” con pensieri, problemi e ideali; utenti coscienti che preferiscono scegliere di acquistare da brand che li rispecchiano, nei quali si identificano. Il nuovo studio firmato da Kotler e Sarkar traccia la storia di questo cambiamento di prospettiva rispondendo con una serie di best practice utili per allineare il proprio business ad un modello moderno di fare impresa. Noi di Domanipress 4Future, sempre attenti ai nuovi temi legati alla sostenibilità, alla rivoluzione digitale e ai nuovi trend da seguire abbiamo avuto l’onore di ospitare nel nostro salotto virtuale Philip Kotler e Christian Sarkar per parlare con loro di politiche lungimiranti, green economy, rivoluzione digitale e Brand Activism.
Nel libro “Brand Activism: From Purpose to Action” si parla di un nuovo modo di fare marketing che si concentra su valori etici e sociali; quando si è verificato questo cambiamento di prospettiva e perché rappresenta la tendenza che avrà maggiore influenza in futuro?
Philip Kotler: «La maggior parte dei marchi competono tra di loro istituendo campagne di comunicazione che si basano su come un prodotto risulta essere migliore degli altri concorrenti presenti sul mercato. Ad esempio: “La nostra auto usa meno carburante, o parte in modo più affidabile, oppure offre più sicurezza,” Quindi ad oggi la campagna pubblicitaria si è concentrata nel dare un motivo al consumatore di comprare una marca invece che un’altra. Ciò che la comunicazione del marchio non offre, invece, è qualcosa che riguarda l’azienda stessa, i suoi valori, le sue passioni e i suoi obiettivi! Alcune aziende iniziano a riconoscere che i consumatori vorrebbero sapere qualcosa di più sul marchio prima di acquistarlo e adottarlo come brand preferito. Molte aziende oggi iniziano a fare comunicazione su ciò che interessa veramente ai consumatori e su aspetti peculiari che riguardano strettamente il loro marchio. Diciamo che un brand può definirsi “attivo” quando rende chiaro, ai propri clienti il suo scopo e le sue visoni del futuro. Un marchio è attivo quando si sente libero di adottare una causa, di prendere posizione su un importante problema sociale. Questo innalza la concorrenza del marchio ad un nuovo livello di sfida, dato che quello precedente costituito da rivendicazioni esagerate di attributi e caratteristiche è diventato eccessivamente abusato. Il “Brand Activism” si sviluppa in realtà anche per un altro motivo. Le società sono gravate da diversi problemi sociali e i governi sembrano troppo polarizzati o impotenti per agire. Il business può diventare quindi l’istituzione principale capace di trovare le risorse per agire e contribuire a migliorare la vita delle persone. Il “Brand Activism” è in sintesi il manifesto di un’azienda che vuole assumersi una responsabilità sociale per far progredire il Bene Comune. Spesso si può dire che “Il rischio di non fare nulla supera di gran lunga il rischio di alzarsi in piedi…..”».
Christian Sarkar: «In realtà questo è un cambiamento che non è totalmente nuovo. Ci sono sempre state aziende illuminate, manager e leader particolarmente sensibili che hanno lavorato per creare un mondo migliore per i loro dipendenti e le loro comunità. Nel 1946, Peter Drucker ci avvertiva che “….un’istituzione, come un individuo, non è mai un’isola a se stante. C’è sempre un problema di base, cioè quello di bilanciare l’interesse del singolo con l’impegno per il suo ambiente e la per la sua comunità”. Questo era scritto nel libro “Il concetto della società“. Ma il Brand Activism è anche il risultato del fallimento dei governi nell’affrontare i problemi più urgenti del mondo. I cittadini guardano sempre più ai dirigenti aziendali come guida, non solo economica, ma anche sociale. Le aziende che percorrono queste strade e si pongono come promotori a tutela del territorio attraverso azioni concrete sono ricompensate. Ad esempio, da quando Colin Kaepernick ha firmato un accordo di endorsement, Nike ha aggiunto 26,2 miliardi di dollari al patrimonio netto dell’azienda. Questo non è solo un caso. In tutto il mondo assistiamo ad una progressiva perdita di fiducia nelle istituzioni e ad un crescente interesse per le questioni di sostenibilità ambientale».
In tutto il mondo assistiamo a una progressiva perdita di fiducia nelle istituzioni e ad un crescente interesse per le questioni di sostenibilità ambientale. Il Brand Activism può essere una visione adottata anche nel settore pubblico oltre che in quello privato?
Philip Kotler: «L’arrivo di Internet ha permesso a tutti nel mondo di connettersi, interagire e trasmettere messaggi. Miliardi di opinioni sono condivise in tutto il mondo nello sviluppo di un solo giorno. Nel complesso, questo è positivo, ma siamo consapevoli del fatto che alcuni utenti possono edulcorare la realtà, anche mentendo o creando finzioni, al servizio dei propri interessi. Quando leggiamo qualcosa, possiamo fidarci? Siamo consci che ogni azienda, istituzione e personaggio pubblico ha una serie di interessi da tutelare e che pubblicherà dichiarazioni studiate per compiacere palesemente l’interesse pubblico ma che sono in realtà utili unicamente ai propri interessi privati. Gli ambientalisti ci urlano che il futuro del pianeta è quasi destinato al peggio e che se non si prendono gli adeguati provvedimenti sarà troppo tardi per poterlo salvare. Dall’altra parte c’è invece il presidente Trump che nega che ci sia persino una crisi climatica. Il risultato è che tutti noi dobbiamo imparare ad essere più critici, se non sospettosi riguardo a molte dichiarazioni pubbliche. Un’azienda, al contrario, ha bisogno di lavorare sodo per sviluppare una serie di follower in grado di riporre piena fiducia nelle sue dichiarazioni e nelle sue azioni».
Christian Sarkar: «Quando parliamo di settore pubblico e dell’interesse ambientale dobbiamo farci alcune semplici domande. Il governo approva leggi per tutelare il bene comune, per l’ambiente, per l’educazione e per la salute dei suoi cittadini? O si approvano unicamente leggi che favoriscono i ricchi e i potenti?».
Quale paese può attualmente essere definito come esempio virtuoso di responsabilità sociale e “Brand Acivism”?
Philip Kotler: «Alcuni paesi sviluppano un’immagine decisamente più positiva della loro affidabilità. Sono più espliciti e concreti sui diritti umani e impegnati a costruire un mondo migliore di maggiore prosperità per tutti, non solo per l’elite del paese. Vorrei menzionare sopratutto i paesi scandinavi che sono generalmente più affidabili e che producono prodotti e servizi con più qualità e valore. In sintesi praticano il “Brand Activism” anche se non usano il termine specifico».
Christian Sarkar: «Gli italiani possono essere orgogliosi del fatto che il loro governo sia stato il primo a imporre l’educazione al cambiamento climatico nelle scuole. Questa è certamente la strada giusta da percorrere. Negli Stati Uniti, il nostro governo, sotto l’amministrazione Trump, sta ancora mettendo in dubbio la scienza, come ha sottolineato Phil prima. Stiamo assistendo a un fallimento pubblico di proporzioni epiche, mentre il governo degli Stati Uniti volta le spalle alla sua gente. I governi hanno la massima responsabilità in termini di architettura di una società migliore, ma troppo spesso si intromettono interessi ristretti e corruzione».
In Europa la sedicenne svedese Greta Thunberg è stata eletta promotrice dei giovani attraverso marce per il clima e l’ambiente ed è stata proposta al premio Nobel per la pace da tre parlamentari norvegesi. Secondo voi il suo è stato un gesto spontaneo o un capolavoro di marketing?
Philip Kotler: «L’espressione di sgomento di Greta per il futuro del pianeta prende il suo potere dalla sua vera angoscia e dal suo impegno concreto per l’ecologia. Ora gli esperti di marketing cercheranno di sfruttare ulteriormente il suo ruolo che vanta di una posizione che è diventata in breve tempo iconica. Adesso bisogna stare attenti a non dirigerla troppo e promuoverla eccessivamente perchè la sua spontaneità è ciò che contava per noi».
Christian Sarkar: «L’effetto Greta Thunberg è un movimento, non è semplicemente marketing. Rappresenta le speranze future della prossima generazione, ed è tempo che ascoltiamo il suo messaggio: “La nostra casa è in fiamme”. Questo è sia il messaggio che il messaggero, e la sua passione ha catturato l’immaginazione del pubblico. Il suo lavoro è fondamentale perché ha cambiato la narrazione degli eventi legati al clima e all’ecologia. Vogliamo tutti un pianeta in salute? Faremmo meglio ad ascoltare Greta e ad agire».
Il libro parla anche di “miopia morale”. Basandoci sull’etica, come si può conciliare il capitalismo moderno con i valori sociali?
Philip Kotler: «Il capitalismo è un sistema fortemente elogiato per la sua capacità di innalzare il tenore di vita della maggior parte dei cittadini. Se inizia a non farlo, quando i salari per la classe operaia non aumentano in termini reali per un decennio o più, sorgono critiche sul fatto che una nuova forma di capitalismo o socialismo farebbero un lavoro migliore. Le società capitaliste tradizionalmente non parlano molto della moralità del comportamento aziendale o del comportamento pubblico. Tuttavia chi si occupa del tema morale potrebbe individuare una serie di pratiche aziendali che meritano una discussione approfondita. Che dire delle compagnie assicurative che negano l’assicurazione sanitaria alle persone che ne hanno bisogno? Che dire della pubblicità esagerata che afferma che un prodotto ti renderà più attraente o di successo? Che dire di un prodotto alimentare che ha nei suoi ingredienti molto olio di palma che, notoriamente, non fa bene alla salute? Il comportamento dell’azienda con un alto livello di “miopia morale” è questo, cioè quello che evita domande sull’etica della società nel modo in cui gestisce i suoi affari».
Christian Sarkar: «Il capitalismo moderno non può essere più riconciliato con i valori sociali. “Massimizzare il valore per gli azionisti” è il grido del colonialista, il pirata ci chi non è interessato a un futuro. Il capitalismo deve essere questo per sopravvivere. Gli europei hanno svolto un lavoro migliore di questo rispetto agli americani, ma il compito centrale per proteggere le persone dalla furia del capitalismo è tutt’altro che finito. La Brexit è un sintomo di questo fallimento. Le economie devono adattarsi ai bisogni umani, non viceversa. Fino a quando non impareremo questa lezione, il pianeta e la nostra sopravvivenza sono in pericolo. Greta ha ragione quando parla di “fiaba della crescita economica”».
La trasformazione digitale in corso comporta anche numerose questioni etiche derivanti dalla responsabilità sociale e dall’uso dei dati. Nel libro c’è un intervento di Scott Galloway che ne parla; è possibile parlare di un “Brand Activism” che fa riferimento a un uso sostenibile del digitale?
Philip Kotler: «Come disciplina, il marketing si sta spostando dal marketing di massa al marketing targettizzato attraverso il digitale. I nuovi esperti di marketing vanno oltre la normale ricerca di mercato di sondaggi e focus group per raccogliere dati approfonditi sul comportamento individuale, che vengono trasferiti in apprendimento automatico per ricavare informazioni approfondite sul comportamento individuale che la società può utilizzare per commercializzare meglio i propri clienti target. I dati riguardano tutto ciò che una persona fa durante la sua giornata: ciò che la persona guarda, legge, visita nei negozi, o su siti online e molto altro. Nulla è più privato. Le persone interessate alla necessità di privacy devono rivolgersi ad un “Firebox” per ricevere una serie di protezioni e per impedire che il loro comportamento venga registrato da estranei. La domanda che si pone è se un’azienda può essere promotrice del proprio Brand Activism e allo stesso tempo raccogliere così tanti dati sui singoli clienti? La mia risposta è che entrambi possono andare avanti e non contraddire il valore dell’attivismo del marchio».
Christian Sarkar: «Se il prodotto digitale è gratuito, allora sei tu il prodotto. Il professor Galloway e molti di noi stanno sostenendo la Big Tech. Il pericolo per la democrazia derivante da una pubblicità politica losca, inspiegabile e indirizzata con un algoritmo non sparirà senza l’intervento del governo. Fake news e notizie non accreditate portano alla distruzione del tessuto sociale. America e Inghilterra non hanno capito questa minaccia e la stanno pagando sulla propria pelle».
I Giganti del Web come Google, Facebook e Amazon stanno implementando politiche di “Brand Activism” attraverso azioni e progetti paralleli a favore della sostenibilità aziendale. Come valuti il loro lavoro?
Philip Kotler: «I maggiori giganti digitali sono sotto controllo da parte dei principali governi per evitare la diffusione dell’odio attraverso le piattaforme o per monitorare eventuali minacce. I governi li stanno spingendo a tenere più traccia dei commenti denigratori o offensivi e persino di censurarli. I grandi nomi del web oggi ricorrono pienamente al Brand Activism per dimostrare che si preoccupano e che stanno prendendo alcune misure per limitare l’utilizzo pubblico dannose di molte piattaforme. In futuro dovranno inoltre prendere posizioni sempre più strategiche per proteggere la redditività e la sostenibilità dei loro servizi».
Christian Sarkar: «La sostenibilità in termini di salvaguardia del pianeta è ormai un punto importante nell’agenda del cambiamento per molte aziende. Ciò che non è all’ordine del giorno è il concetto di una società giusta ed equa. Le tasse fanno parte della responsabilità della cittadinanza. E troppe aziende, non sono buone cittadine».
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un progressivo sviluppo del “social marketing”. In futuro quale sarà la sua evoluzione?
Philip Kotler: «Il social marketing descrive lo sviluppo di “campagne sociali” volte ad influenzare alcuni comportamenti. Una campagna contro il fumo mira a scoraggiare il comportamento al fumo; una campagna di esercizio fisico mira a incoraggiare le persone a impegnarsi in più attività fisica. Il “social marketing” è meglio descritto come marketing della causa sociale “. Esistono migliaia di tali campagne per migliorare la salute delle persone, proteggere l’acqua pulita, fermare la pesca eccessiva o il legname eccessivo, migliorare la sicurezza e la salute pubblica, ecc. perché le campagne sono condotte da organizzazioni senza scopo di lucro, ma possono anche essere condotte da organizzazioni a scopo di lucro come causa. La mia ipotesi è che ci sono oltre 3.000 esperti di marketing sociale in tutto il mondo impegnati nello sviluppo di campagne di causa sociale. Chiaramente il social marketing svolge un ruolo chiave nel consentire il Brand Activism».
Christian Sarkar: «Abbiamo raggiunto uno stadio che Phil ha predetto quando ha coniato i termini “demarketing” e “unselling”. Alcuni mercati sono basati su desiderio e spreco – come “fast fashion”. Per fortuna stiamo iniziando a vedere il rifiuto di questa insostenibile pratica. La Patagonia ha aperto negozi che vendono prodotti di seconda mano. Il social marketing riguarda il miglioramento della società. Il Brand Activism consiste nel lavorare per migliorare i problemi più urgenti del mondo. Phil ed io siamo interessati allo sviluppo di piattaforme di scopo, una nuova forma di social marketing».
Qualche tempo fa hai scritto: “Le aziende prestano troppa attenzione a quanto costa fare certe cose. Dovrebbero preoccuparsi di più di quanto costa non farle.” Oggi, quali sono gli obiettivi che le aziende ignorano e dovrebbero prestare maggiore attenzione?
Philip Kotler: «Penso che le aziende siano state troppo insensibili ai veleni della crescita del reddito e della disparità di ricchezza. Sempre più guadagni dell’azienda vanno nelle tasche di un piccolo numero di persone. L’amministratore delegato della società viene pagato circa 300 volte quello guadagnato dal lavoratore medio nella sua azienda. Molti lavoratori sono a malapena retribuiti per coprire i loro costi di affitto, sanitari ed educativi. Un gran numero di persone non avrebbe $ 400 per pagare un conto sanitario improvviso. Un gran numero di pensionati si ritira senza risparmi. Ciò significa che il capitalismo non riesce a servire un gran numero di persone. Ciò minaccia anche la sopravvivenza del capitalismo, se i lavoratori non hanno un reddito sufficiente, non compreranno abbastanza beni per mantenere attive le nostre fabbriche e i nostri posti di lavoro.Vorrei ribadire che le aziende sono state in gran parte indifferenti a questo problema e che il costo della negligenza sarà maggiore del costo di agire ora per elevare il Bene comune».
Innovazione, intelligenza artificiale e algoritmi stanno rendendo totalmente automatizzate molte azioni di marketing di precisione. Il lavoro di marketing sarà mai sostituito da un’intelligenza artificiale?
Philip Kotler: «No. Posso capire perché l’IA può battere il miglior giocatore di scacchi del mondo. Gli scacchi sono un gioco con una struttura rigida in cui è possibile valutare il valore di mosse diverse. L’intelligenza artificiale può trovare rapidamente le mosse migliori contro le mosse di un giocatore di scacchi umano. Il mercato competitivo è molto più complesso e sfumato. Un operatore di marketing è felice di automatizzare alcuni processi, come l’email marketing, o addirittura di impostare un algoritmo per determinare quali lead specifici dovrebbero essere perseguiti. Ma è la gestione umana che deve prendere grandi decisioni su quali mercati puntare, quali prezzi massimizzeranno i profitti, quali canali sono i migliori da usare e quali messaggi promozionali sono i migliori per ogni cliente.
Christian Sarkar: «I programmi di marketing programmatico vengono sostituiti da algoritmi. Ma come si crea un cliente? Questo è ancora un lavoro per gli umani».
Professor Kotler, lei è nominato come “il padre del marketing”. Cosa ne pensa di questo appellativo? Quando ha capito che il suo futuro sarebbe stato studiare e analizzare le esigenze del mercato?
Philip Kotler: «Sono chiamato solo “il padre del marketing moderno”. Il marketing era una disciplina fin dai primi anni del 1900 con molti primi libri di testo scritti da autorevoli autori, di solito economisti. Nel 1967, ho lanciato il mio primo libro “Marketing Management: Analysis, Planning and Control”. Il libro è partito dai libri di testo esistenti in vari modi. Invece di descrivere semplicemente le pratiche di marketing e la prescrizione delle cose da fare e da non fare, ha introdotto più analisi economiche, più quantificazione, più scienze sociali e molti risultati di ricerca sul comportamento dei clienti e del mercato. Marketing Management è diventato il libro di testo preferito in tutto il mondo, insieme al mio secondo libro “Principi di marketing” e un terzo libro, “Marketing: un’introduzione”. Di conseguenza, più manager in tutto il mondo hanno imparato il loro marketing dai miei libri di testo e dalle mie lezioni in tutto il mondo per migliorare la loro efficacia. Ho anche pubblicato articoli di spicco sulla natura e l’ampliamento del marketing che mi hanno portato all’appellativo di essere il padre del marketing moderno. Ironia della sorte, mentre ci spostiamo maggiormente nel marketing digitale, potremmo trovare qualcuno che guadagna il titolo di The Father of Digital Marketing».
Se dovesse raccomandare a un giovane studente di marketing una disciplina da studiare in profondità quale suggerirebbe?
«Molte aziende riconoscono che devono passare al marketing digitale. C’è carenza di persone qualificate nel marketing digitale e sociale, nell’intelligenza artificiale e negli algoritmi, per non parlare della realtà virtuale. Questi strumenti diventeranno sempre più importanti nel pensiero e nella pratica del marketing».
Christian Sarkar, con la tua azienda aiuti le pmi a utilizzare la strategia dell’ecosistema per vendere i loro prodotti. Ma passi anche il tuo tempo all’insenga dell’arte dipingendo quadri. Cosa è più importante nel marketing la tecnologia dei dati o la creatività?
«I fallimenti che stiamo vivendo nel mondo, ora sono fallimenti dell’immaginazione. I dati sono importanti, ma è ancora più importante il significato. I clienti e i dipendenti sono interessati ad esperienze significative, non alla tecnologia per se stessa. La perdita dell’individualità umana è il risultato della riduzione delle nostre relazioni e della loro trasformazione in semplici transazioni. L’Arte – l’arte della comprensione, non l’arte della decorazione e della moda, deve parlare onestamente del nostro futuro. Le macchine non sono risolutori di problemi creativi. Gli umani lo sono. Non dimentichiamoci di essere umani».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vedono il “Domani” Philip Kotler e Christian Sarkar quali sono le vostr speranze e le vostre paure?
Philip Kotler: «Spero in un Domani in cui il marketing svolga il un ruolo importante, quello di migliorare la vita della maggior parte delle persone. Ho scelto il marketing perché è una forza in grado di innalzare al massimo il bene comune».
Christian Sarkar: «Quando si utilizzano tecniche di marketing per vendere ideologie che indeboliscono e polarizzano la società, abbiamo un problema. I leader devono rimboccarsi le manche ed agire per fermarlo – il nostro Domani su questo pianeta dipende da questo».
Intervista esclusiva a cura di Simone Intermite
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