Delusi da Forspoken e Hogwarts: Legacy? “Eccovi i migliori 5 videogiochi di magia da giocare subito

Allora siamo finalmente arrivati alla fine di Febbraio e inizio marzo e, negli ultimi due mesi, due videogiochi hanno costantemente invaso le pagine internet dedicate: Forspoken e Hogwarts: Legacy.

Il mio giudizio su questi due giochi? Riassumo tutto in una parola: deprimente.

Non per le sterili controversie legate a Hogwarts: Legacy che, nonostante non risuoni molto con i gusti del sottoscritto, è una vera manna per i fan della saga di Harry Potter.

E non per tutta la montagna di critiche che sono state giustamente mosse contro Forspoken: la sceneggiatura blanda di livello amatoriale, personaggi vuoti nel migliore dei casi e insopportabili nel peggiore, gameplay monotono e… un sacco di altra roba.

E non parlo nemmeno del fatto che questi due giochi siano nient’altro che la formula trita e ritrita dell’open-world, con meccaniche di crafrting.

Perché questi due giochi dovevano fare una cosa e una soltanto per essere apprezzati: la magia.

Qualsiasi difetto sarebbe passato immediatamente in secondo piano se questi titoli fossero riusciti a rendere le “arti arcane” a dovere. E’ tutto quello che dovevano fare ed era il punto base di entrambi i titoli. Personalmente non mi interessa nient’altro.

Di Forspoken meglio non parlare e Hogwarts legacy… mah, sinceramente capisco sì la fascinazione e l’impegno nel rendere il mondo di gioco come si deve. Ma a parte questo non mi sembra che abbia osato più di tanto nel dare il “potere” in mano al giocatore.

Eppure nella storia dei videogiochi ci sono un sacco di titoli che hanno sperimentato e implementato con successo le Arti Arcane, rendendole estese, complicate e spettacolari.

La domanda che bisogna porsi è: come si può fare in modo che il giocatore si senta, effettivamente “un mago”? Un signore degli elementi, qualcuno con il potere di piegare la materia e la realtà stessa con il solo schiocco delle dita.

Tutti i progressi in merito fatti dai titoli del passato sembrano essere finiti nel dimenticatoio. Ma niente paura, se volete davvero sperimentare il brivido delle Arti Proibite e se siete abbastanza temerari per intraprendere il tortuoso percorso di studi che vi porterà a padroneggiare l’Arte, ecco cinque titoli che ce la mettono tutta per farvi sentire l’essere più potente che l’universo abbia mai visto.

Magicka

Magicka è un gioco del 2011 che si definisce un Satirical-Adventure-Game a visuale isometrica. In Magicka siamo un mago incaricato di frapporsi alle forze del Male comandate da un malvagio stregone che minacciano il mondo. Sì: la trama è assolutamente blanda.

Ma questo è un gioco satirico, quindi sappiate che non c’è un momento del gioco che valga la pena prendere sul serio. Il gioco è una presa per i fondelli dietro l’altra a tutti i titoli power-fantasy del genere, da Diablo a Warhammer passando per una valanga di riferimenti alla cultura pop. Per darvi un idea: oltre alle magie, che sono il focus principale del titolo, possiamo trovare ed equipaggiare un altro oggetto da usare come arma. Beh… una di queste armi è il mitragliatore M60, in una chiara allusione ai film di Rambo. I dialoghi, i personaggi e il mondo sono una sfilza di divertenti nonsense e parodie.

Ora passiamo al Gameplay (e quindi alla magia) che è davvero qualcosa di speciale: di base abbiamo otto “elementi” che costituiscono i componenti da usare per realizzare i nostri incantesimi. Per comporre un incantesimo abbiamo cinque “slot”, a seconda di quale elemento decidiamo di inserire in ogni slot e in che ordine, lanceremo un incantesimo diverso.

Non c’è una regola base né una combinazione preferibile che ci indichi come mischiare gli elementi, il sistema invita a sperimentare e scoprire da soli gli incantesimi che fanno al caso nostro.

Gli effetti sono variegati e imprevedibili, a volte una determinata combinazione non otterrà niente di utile (se, per esempio, decidiamo di combinare acqua e fuoco otterremo un getto di vapore acqueo innocuo) a volte potremmo scoprire accidentalmente l’equivalente fantasy di una bomba al napalm.

Magicka vuole essere una cosa sola: un gioco divertente. E se non vi và di giocare da solo, questo gioco ha una modalità cooperativa che permette di giocare l’intero gioco insieme ad altri tre giocatori (per un totale di quattro giocatori), il risultato è il caos più totale. Magicka è un gioco oscenamente divertente senza pretese e con un sistema innovativo. Nonostante sia vecchio di più di dieci anni tiene ancora botta, ed è considerato un caposaldo per tutti gli appassionati delle arti magiche.

Dark Messiah

Il titolo completo di questo gioco dovrebbe essere Dark Messiah of Might and Magic. Ora, il franchise di Might and Magic è… qualcosa di particolare. Ma tranquilli, non vi serve minimamente conoscere la storia o il tema per potervi godere Dark Messiah. In realtà Dark Messiah, rispetto agli altri giochi di Might and Magic è da considerare più unico che raro.

Comunque, venendo al sodo, Dark Messiah è ambientato in un universo fantasy abbastanza generico. L’inizio del gioco (dal gameplay alle cutscene è sempre tutto rigorosamente in prima persona, salvo giusto un paio di filmati) parte in modo decisamente generico: un drago attacca la città e, indovinate un può, viene fuori che il protagonista è il “prescelto”. Pensa un po’.

Detto questo, devo dire che la storia, andando avanti, si rivela molto meno banale di quello che sembra. Ci sono persino alcuni plot twist che non si fanno vedere arrivare.

E forse questo è il modo migliore per descrivere Dark Messiah, una lunga serie di “Oh porco cavolo! Ma davvero?!” dalla storia al Gameplay.

Dark Messiah è un Action-immersive sim rpg, il che vuol dire che, come prima cosa il gameplay poggia pesantemente sull’interazione con l’ambiente, che sia per combattere o per esplorare un livello.

Possiamo sviluppare le abilità e sbloccare nuove magie per il nostro personaggio in maniera abbastanza ordinaria ma ciò che farà la differenza, l’ingrediente segreto di questo titolo, sarà l’uso che decideremo di farne.

Per esempio lanciare un raggio congelante contro un singolo nemico lo bloccherà per un po’ e nient’altro… ma se congeleremo un tratto di terreno proprio sul bordo di un precipizio possiamo farci inseguire da una folla di guardie e farli scivolare a sorpresa nel vuoto.

Siete riusciti a cogliere un gruppo di nemici in una pozza d’acqua? Lanciate un fulmine sull’acqua per dare a tutti un bell’elettroshock.

Stanchi di dare fuoco a un singolo goblin alla volta? Lanciate un barile di olio infiammabile su di un gruppo ignaro, con un incantesimo incendiario a seguire, e trasformate intere folle in cenere.

E poi ricordate che ogni livello è stracolmo di possibilità di interazione, da semplici oggetti da lanciare o strutture pericolanti da far crollare (oltre, ovviamente, al classico lampadario da far cadere sulla testa delle guardie), quindi con un semplice incantesimo di telecinesi potete rivoltare il mondo.

In Dark Messiah vestiamo i panni dell’”Eroe Fantasy” ma questo non significa che dobbiate pensare come un eroe fantasy. Prendete come riferimento Kevin Mccaullister quando affronta i due ladri in “Mamma ho perso l’aereo”. In Dark Messiah o siete un mago furbo o sarete un mago morto.

Outward

Outward, in realtà, è un gioco che incorpora elementi da un buon numero di titoli dal momento che è un open-world rpg. Prima di dedicaci alla magia dobbiamo fare i conti con una lunga serie di altre meccaniche: gestire fame, sete e sonno del nostro personaggio e cimentarci con un chilometrico sistema di crafting e, ultimo ma non meno importante, confrontarci con il fatto che non esiste nessun sistema di “viaggio veloce” attraverso la mappa. Già, ovunque vogliate andare dovrete farlo a piedi, in tempo reale.

Il motto di Outward è “potete fare quello che volete se ve lo guadagnate”. Questo gioco non vi dice dove andare e vi dice a malapena cosa fare. E’ un sistema che premia sperimentazione e creatività. Ora veniamo alla parte divertente. La magia (insieme a tutto il resto delle capacità speciali con cui potremo dilettarci in Outward) non è cosa semplice. Non è “comoda” da usare e necessita maestria e comprensione. In Outward non “lanciamo” incantesimi, dobbiamo “comporli”. Molte delle nostre capacità magiche, per essere attivate, necessitano una determinata concatenazione di svariate abilità.

Spesso lanciare un incantesimo non è un azione dinamica e teatrale derivate dalla pressione di una serie di tasti, ma richiede una serie di azioni scollegate tra loro e inapplicabili se compiute nel bel mezzo di un combattimento. Prendiamo il più classico degli incantesimi: Palla di fuoco (un globo di fiamme da lanciare che esplode all’impatto col bersaglio) per lanciarla dovremo consumare un oggetto apposito (una “pietra del fuoco”) in un punto scelto e lanciare un determinato incantamento in modo da provocare una reazione indicata. Molti incantesimi funzionano così: dovremo soddisfare una serie di condizioni (che hanno il sapore di “compiere un rituale”). Oppure dovremo sbloccare una serie di abilità che, di per sé, non fanno niente, ma, concatenate nel giusto ordine, ci permetteranno di scatenare magie potentissime.

In Outward la magia è trattata come una materia complicata, poco pratica, che richiede studio e preparazione. Se volete diventare Harry Potter, dovrete essere un laboratorio ambulante.

Outward è un gioco atipico perché non fa nessuno sforzo per mettere il giocatore a proprio agio (un diretto controsenso con i giochi a tripla A moderni). Volete imparare la magia? Dovete guadagnarvela. A proposito: benché la magia sia un punto fondamentale del gioco, all’inizio non ne avrete accesso. Niente di niente. Dovete compiere un tortuoso ed epico viaggio in cui, probabilmente, finirete per soffrire e fallire ripetutamente (e anche dopo esserci riusciti, tenete a mente che siete appena all’inzio del gioco. Outward è un gioco lungo).

La strada dell’Eroe è ardua, quella della Magia è impietosa, ma la soddisfazione di partire dal fondo e arrivare, un passo sofferto per volta, a domare l’ostile mondo di Outward è una sensazione potente.

Lichdom: Battlemage

Lichdom: Battlemage (che da ora chiamerò solo “Battlemage” per comodità) è la risposta a una semplice domanda: e se si facesse uno sparatutto dove invece che usare pistole e fucili si usassero incantesimi? Battlemage fa questo e nient’altro.

La storia è… lasciamo stare. E’ oscenamente blanda e banale. Ignoratela e sfruttare i filmati come pause per andare in bagno. Davvero, lasciate perdere: siete il prescelto e dovete sconfiggere le forze del male in un mondo fantasy, fine.

Passiamo alla parte interessante: la vostra principale fonte di potere in Battlemage è costituita da una serie di “carte” che dovremo combinare insieme per creare incantesimi da scatenare contro i nostri nemici. Non c’è nessuna vera regola da rispettare, anche combinare a casaccio una serie di poteri e vedere cosa viene fuori giusto per il gusto di fare casino è una politica accettabile. Il gioco non fa niente per limitare le nostre opzioni e non si fa problemi a concederci quante più opzioni a disposizione solo per darci il gusto della scelta. Le combinazioni sono innumerevoli e imprevedibili, se vi viene in mente qualcosa allora potete farlo.

Battlemage è un titolo sciatto sotto molti aspetti ma non lo è per l’unica cosa che conta: pasticciare a piacimento con la magia con lo scopo di far saltare in aria i nostri nemici con una montagna di effetti colorati tutti diversi. E’ ignorante, ma funziona.

Wizard of Legends

Wizard of Legends è un vero spettacolo. La premessa è la seguente: siamo un giovane mago fresco di diploma e affascinato dal mondo e le leggende dei grandi maghi del passato e dobbiamo completare il nostro esame finale: le “Chaos Trials” (le “prove del caos”) per diventare un Wizard of Legends, un Mago leggendario. Niente forze del male da sconfiggere stavolta. Il tono in generale del titolo è leggero e noncurante, persino le prove del caos sono trattate più come una fiera o un luna park che gestite in modo tedioso e solenne. Wizard of Legends vuole divertire e nient’altro.

Certo, come premessa è carina, ma un po’ debole, quindi se il gioco vuole stare in piedi è necessario che il gameplay e la magia siano davvero, ma davvero, dannatamente fatti bene. E questo gioco ci riesce, mio dio se ci riesce.

Wizard of legends è un rouge-like, e ciò vuol dire che tutti i livelli sono generati casualmente, che prima di iniziare dovremo equipaggiare il nostro personaggio e che quando verremo sconfitti ripartiremo da capo.

Abbiamo innanzitutto quattro “slot” da scegliere dove inserire degli incantesimi, si parte con quattro, ma potremo aggiungerne altri due da trovare nel corso dei livelli. Oltre a questo possiamo equipaggiare oggetti e scegliere un outfit sotto forma di un mantello colorato per ottenere bonus e/o alterare l’effetto dei nostri incantesimi.

Ora… sapete quanti incantesimi esistono in totale in Wizard of Legends? 206. Due-Cento-Sei.

E ogni singolo incantesimo è semplicemente uno spettacolo da usare.

La grafica di Wizard of Legends è una fantastica Pixel Art molto gradevole, ma quando lancieremo un incantesimo lo schermo si scatena e l’audio ci dà un feedback diretto ed epico.

Possiamo scatenare cicloni capaci di intrappolare orde di nemici e scagliarli in tutte le direzioni, evocare pugni di pietra da usare per colpire i nostri nemici, evocare in nostro soccorso draghi fatti di fiamme o d’acqua (un sacco di draghi, ora che ci penso), oppure usare la magia di ghiaccio per materializzare una tavola da surf sotto i nostri piedi con cui scorrazzare in giro.

La quantità di incantesimi e l’impegno degli sviluppatori per motivarne l’esistenza e renderli tutti divertenti da usare è impressionante.

Combinate ogni set come preferite, decidete se preferite attaccare in nemici da lontano o da vicini, e se non vi và esiste un opzione per far sì che il gioco vi assegni un set a caso, oppure potete sempre copiare una build presa in prestito dalla community su internet.

Un ultima cosa su cui vorrei mettere l’accento sono i boss di fine livello: il tono e il design ricorda molto lo stile sopra le righe di un antagonista da manga o da fumetto. E’ un dettaglio che non sarà rilevante per molti ma, personalmente, lo stile colorato e arrogante di ognuno di essi mi ha fatto sorridere più di una volta.

Wizard of legends non è un gioco dove siete un mago qualsiasi, è un gioco dove siete un mago leggendario. Il titolo dice davvero tutto.

Francesco Viglione

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Appassionato di cinema, teatro, serie televisive e videogiochi fin da quando ha memoria diplomato alla Scuola Holden di Torino, il suo percorso di studi spazia dalla drammaturgia teatrale alla sceneggiatura, passando per la narrativa tradizionale.