Recensione : “Lucy” di Luc Besson

In un attimo la vita può cambiare, cambiare drasticamente ed irreversibilmente. Scarlett Johansson, nei panni di Lucy, la protagonista dell’incredibile film diretto da Luc Besson, interpreta una comunissima ragazza, di cui si sa poco niente, che quasi per scherzo, si trova coinvolta, suo malgrado, in affari loschi e con persone senza scrupoli e disposte a tutto.

Ma se lo scenario potrebbe essere rapportato alla normale routine di una delle tante metropoli orientali, quale Taipei, capitale di Taiwan,  offre in qualche incerto riconoscimento, ciò che invece cattura immediatamente lo spettatore, è la stessa sorte di Lucy e la progressiva trasformazione dei suoi poteri cerebrali.

Giocando sul filo del tempo, il potenziamento della sua mente arriva a vedere ed interagire con tutto l’intero sistema terreste, scardinandolo dal tempo e dallo spazio, dalla forza di gravità e da tutti i comuni parametri, faticosamente riconosciuti e conquistati  per certi ed affidabili, dalla più evoluta ricerca scientifica.

Dalla sua onniscienza identifica ed assorbe ogni opera pubblicata da Morgan Freeman, nel ruolo del Prof. Norman,  appunto scienziato  di neurologia, da sempre studioso delle capacità della mente, negli accessi e nei limiti umani, per confrontare con lui gli effetti dell’inarrestabile mutazione che la sta ormai pervadendo.

Un film di action, scienza, fantasy in cui Luc Besson,  oltre la storia narrata, si fa foriero di una singolare  filosofia sulla vita, di un fondamentale messaggio che focalizza nel tempo, l’elemento inscindibile dall’esistenza, in una diversa e mirabolante accezione del tempo stesso.

 

Cinzia Maini

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