Internet of Things ovvero la nuova rivoluzione industriale chiamata Industria 4.0 è uno dei temi più caldi di questo periodo, si tratta di un cambiamento epocale del sistema produttivo mondiale e delle nostre abitudini che consiste nella connessione tra oggetti ed internet: robot, droni e automobili intelligenti e le smart cities sono solo la punta dell’iceberg di questo cambiamento. Eppure la connessione tra internet ed oggetti è tutt’altro che un’invenzione moderna, il primo microprocessore di IoT fu creato in realtà oltre cinquant’anni fa dal progettista americano Ray Holt che con il suo team creò nel 1969 L’MP944, il primo chip della storia dedicato al controllo dei sensori e all’analisi dei dati di volo sul caccia americano F14 che ha permesso la trasformazione digitale del controllo di volo, che passò dal comando meccanico a un controllo digitale e a una elaborazione dati in tempo reale ben più avanzata. In pratica faceva già quello che oggi chiamiamo Internet delle cose: interrogava i sensori, ne elaborava i dati in hardware dando in tempo reale risposte. Ray Holt ed il suo team però dovettero tenere questo segreto militare per trent’anni fino ad oggi. Ma cosa sarebbe accaduto se questo segreto fosse stato reso noto? A questo ed ad altri interrogativi riguardati IoT risponde la biografia di Ray Holt “The Accidental Engineer“, scritta insieme al giornalista Leo Sorge. Noi di Domanipress abbiamo incontrato l’ingeniere elettronico americano Ray Holt e abbiamo parlato con lui di Industria 4.0 ed innovazione tra previsioni future e nuovi modi di intendere la rivoluzione del secolo.
Ray Holt, lei è stato un pioniere della così detta rivoluzione Internet of things realizzando nel 1969 l’Mp944, un chip militare che permetteva un efficace controllo dei dati elaborando in tempo reale le risposte… eppure solo oggi si parla di una possibile fusione tra le “cose” ed internet. Perchè il chip fu tenuto segreto per trent’anni dai militari americani?
Nei lontani anni ‘70 Internet non era disponibile alle masse e non c’erano oggetti da connettere. Il chipset basato sull’MP944, sviluppato per comandare digitalmente un aereo da combattimento (caccia), aveva funzioni molto simili a quelle dell’IoT di oggi. La segretezza del progetto e del dispositivo era un fatto normale per applicazioni militari, la cui elevata tecnologia dava un vantaggio che doveva essere mantenuto segreto.
Nella sua biografia “The Accidental Engineer“, lei afferma che se quel chip fosse stato rilasciato prima probabilmente la storia di internet così come la conosciamo sarebbe cambiata: perché?
Gli eventi si influenzano in cascata. Il primo microprocessore (esecutore di software) commerciale era stato pensato per una calcolatrice da tavolo (elaborava numeri) e nessuno voleva usarlo. Ma l’idea era valida e via via il suo successo richiese che la tecnologia di elaborazione e trasmissione seguisse quel percorso. Se il primo microprocessore commerciale fosse stato l’MP944, che raccoglieva dati da sensori e li elaborava in tempo reale, l’industria si sarebbe chiesta se questo tipo di telecomando digitale potesse essere un affare. In caso di successo, avrebbe chiesto alla tecnologia, internet compresa (che esiste dal 1969), di seguire le sue necessità.
Oggi le rivoluzioni di IoT passano da tanti settori diversi, dalla produzione aziendale a oggetti di uso comune che sono integrati con un sistema che dialoga con l’utente attraverso internet. Quale sarà il futuro di IoT? Ci sono dei settori che beneficeranno maggiormente del cambiamento?
L’ IoT porta la tecnologia sulla superficie e dentro il corpo di oggetti e persone. Il futuro è di avere questi sensori sempre più piccoli e sempre in dialogo autonomo tra loro, non solo nelle città, nelle fabbriche o nelle auto, ma anche nel corpo umano. L’attuale tecnologia a semiconduttore non è però adatta a raggiungere l’obiettivo per quanto riguarda l’uomo, per cui altro dovrà succedere per un’integrazione dentro al corpo umano. Ma certamente il controllo della salute modificherà sostanzialmente qualità e durata della vita.
Internet of Things è anche denominata quarta rivoluzione industriale, ogni cambiamento porta con sé anche radicali cambiamenti a livello occupazionale, in questo senso IoT è più una risorsa o un pericolo?
L’industria 4.0 comprende alcuni aspetti di IoT, che però è più vasta. Ogni strumento ha due facce: un cacciavite è più una risorsa o più un pericolo? Dipende dall’uso che se ne fa, ma di norma i vantaggi sono molto maggiori degli svantaggi. L’occupazione scende costantemente nel tempo e con essa si modifica la produzione del reddito. Se l’industria 4.0 ci porterà prodotti personalizzati, duraturi ed economici, risolverà la sua parte dell’equazione occupazionale e reddituale.
Attualmente in Italia ci sono diversi sgravi fiscali rispetto alla tematica di IoT, il ministro Carlo Calenda ha dimostrato di tenere molto a questo tema: come vede la situazione italiana rispetto a quella Americana?
(Risponde Leo Sorge) La situazione Usa è completamente diversa da quella italiana e nessuna delle due può essere vista come un paradigma mondiale. Il programma italiano prevede sgravi fiscali per un ammodernamento generale della tecnologia in aziende piccole e grandi, ma un sotto-obiettivo sembra essere la riduzione dell’enorme numero di piccole e piccolissime aziende italiche attraverso la formazione e l’agglomerazione.
I piani 4.0 da seguire per capire dove va il mondo sono quello tedesco, dal quale è nata la definizione di industria 4.0 (con molte medie e grandi industrie) e soprattutto China 2025 (con clienti ed ingegneri in quantità enormi rispetto a quelli europei).
Uno degli scogli maggiori di IoT riguarderà la cyber security: quali possono essere i mezzi per difendere i big data prodotti dalla tecnologia IoT?
I device hanno una loro sicurezza, fisica ed informatica; poi producono dati, che hanno una loro sicurezza. La sicurezza assoluta non esiste, mentre quello che cambia è il livello di sensibilità dei singoli e dei gruppi ai problemi di privacy e security. D’altronde gli emblemi della nostra era sono lo smartphone e Facebook, che impongono la disruption di privacy e security.
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Ray Holt: quali sono le sue speranze e le sue paure?
La mia paura principale è l’eccessiva diminuzione di comunicazioni e relazioni dirette causate da un uso fuorviante della tecnologia. La mia speranza è che la tecnologia continui a migliorare le nostre condizioni di vita.
Simone Intermite