L’era dei videogiochi live-server è davvero giunta al termine?

Le cose cambiano, è inevitabile, vale per le tendenze e le mode come per qualsiasi altra cosa. Come disse Woody Allen “Il giornale di oggi è la carta igenica di domani”, e le regole non cambiano per il mondo dei videogiochi.

Abbiamo assistito all’ascesa e la caduta del grande colosso World of Warcraft, videogioco online fantasy, un titolo storico sviluppato dalla Blizzard. Poco tempo fa era l’era degli Sparatutto stile Call of Duty e Battlefield, nessuno poteva definirsi un videogiocatore se non aveva partecipato alla grande mattanza di soldati russi, americani e medio-orientali che questi giochi offrivano. E prima, quando il tema era la seconda guerra mondiale, le vittime principali della smania videoludica erano i soldati del Terzo Riech.

Oggi, proprio in questo periodo, stiamo assistendo al tramonto dei giochi Live-server. Abbiamo assistito al successo di Destiny, Fortnite, Overwatch e molti altri titoli che si sono buttati a testa bassa sul mercato cercando di scalare la vetta e diventare i preferiti di milioni di videogiocatori in giro per il mondo.

E adesso è tutto finito. Cioè… non tutto. Come tutte le altre tendenze del passato, alcuni titoli sopravviveranno, mantenuti in piedi da uno zoccolo duro di appassionati del genere (Fortnite per dirne uno).

Ma l’era dei giochi Live-server, e cioè giochi online costantemente aggiornati con l’idea di catturare i giocatori in un loop continuo (con profitto costante e sicuro grazie a deplorevoli micro-transazioni) è giunta al termine.

Il che non dovrebbe stupire, per ogni trend che vediamo nascere, promettendo un grasso e grosso guadagno alle grandi compagnie, ci sarà sempre qualcuno interessato a massimizzare i profitti e ridurre al minimo i costi di produzione. E quando questo meccanismo giungie al limite, dal momento che stiamo parlando del mercato in questione solo dal punto di vista economico, succede una crisi, un crollo di mercato.

Okay, ora, domanda numero uno: perché questo schema è collassato? La risposta è semplice: nonostante i giochi live-server possano, IN TEORIA, fornire ore infinite di costante divertimento, essendo sempre lo stesso gioco ma costantemente aggiornato, e di conseguenza costante profitto, questo funziona solo… in teoria.

Da un lato nessun gioco è infinito. Un videogiocatore medio può buttare sempre e solo un determinato numero di ore in un determinato titolo.

Ci sono dei limiti umani: noi, in quanto persone, abbiamo solo un determinato numero di ore di tempo libero. Non si può lanciare troppi titoli del genere sul mercato e aspettarsi che ogni giocatore dedichi ad ognuno 4-8 ore al giorno. La maggior parte, per forza di cose, finiranno per morire di morte naturale e solo i veri capisaldi resisteranno in piedi in virtù di una quantità molto ridotta di giocatori hardcore.

In secondo luogo è evidente come questi giochi abbiano fallito nel rinnovarsi. La formula è la stessa, anzi, solo due per essere precisi: o ammazzi i nemici con una visuale in prima persona o ammazzi i nemici con una visuale in terza persona.

Lo so che sembra una semplificazione becera ma guardiamo in faccia alla realtà: per caso uno qualsiasi di questi titoli ha mai provato a sperimentare nuove meccaniche o esplorare nuovi generi? Avete mai sentito di un gioco live-server di strategia in tempo reale? O di un City-builder? O di qualunque altro genere? No? Nemmeno io.

Okay, uno, effettivamente c’era: Starcraft 2. E solo perché era un titolo di fama mondiale, non certo per virtù di esplorare nuovi orizzonti. I giochi live-server sono stati creati unicamente con la prospettiva del profitto continuo, non c’è mai stata nessuna volontà di innovazzione.

Il che và bene, ma prima o poi il pubblico si stufa di consumare sempre lo stesso prodotto, è nell’ordine naturale delle cose.

Ma la vera dimostrazione della fine dei live-server la possiamo trovare nelle ultime uscite che le grandi case hanno schierato nell’ultimo anno: Medroid Prime Remastered, Resident Evil Remastered, Dead Spade… Remastered.

Tutti titoli già conosciuti, ripuliti e lanciati sul mercato sicuri della loro reputazione e del loro pubblico. Un chiaro segno che nessuna compagnia, per ora, ha intenzione di rischiare su un titolo nuovo, per paura di un flop. Tutti in attesa del prossimo nuovo trend da sfruttare fino alla morte per un profitto sicuro.

E poi c’è High-Fi Rush. Un gioco della Sony che, miracolo miracolo: è un gioco offline in single player. Un gioco dal titolo originale a Giocatore singolo? Cosa? Siamo impazziti? In che anno siamo?!

High-Fi Rush è un gioco “classico”: promette un numero di ore di divertimento ragionevolmente limitato e fine. Come ai vecchi tempi. Segno che nemmeno il colosso Sony ha molta voglia di investire in qualche nuova formula.

E per la cronaca: High-Fi Rush è un gioco di gran successo, divertente e originale. Ma il problema di questi giochi è che la loro presa sul pubblico è determinata unicamente da quanto sono originali, divertenti, la storia e i personaggi interessanti, eccetera…

La ragione per cui non se ne vedono tanti, prodotti dalle grandi compagnie è che sono un rischio.

Il successo di questi giochi è legato alla creatività degli autori, alla scioltezza del gameplay e dal carisma dei personaggi. Insomma: non garantiscono un guadagno sicuro.

E quindi? E quindi niente. Ci troviamo in un era di transizione per quanto riguarda le mode videoludiche, presto o tardi verremo travolti dal nuovo MegaTrend, che ci risucchierà come un fiume in piena. Fino ad allora… staremo a vedere.

Francesco Viglione

Articolo precedenteI Boomdabash incontrano Paola & Chiara sulle note del reggaeton di “Lambada”
Articolo successivoDario Argento: “Profondo rosso” una delle vette del thriller mondiale rivive al cinema in una nuova versione restaurata
Appassionato di cinema, teatro, serie televisive e videogiochi fin da quando ha memoria diplomato alla Scuola Holden di Torino, il suo percorso di studi spazia dalla drammaturgia teatrale alla sceneggiatura, passando per la narrativa tradizionale.