«Hai avuto modo di conoscere Pino? Mi racconti qualcosa di lui?». Laura Valente, la cantante ex leader dei Mattia Bazar, nota anche per essere stata la moglie di Mango, uno dei cantautori più famosi e apprezzati del panorama musicale italiano, quando inizia a parlare durante il nostro incontro, ci accoglie con una domanda che ricerca nei piccoli frammenti l’umanità di un uomo e di un artista che ci ha lasciato troppo presto e che ha inciso un segno indelebile del suo talento e della sua inconfondibile voce nella memoria collettiva. L’ occasione per parlare di Mango è un cofanetto intitolato “Tutto l’amore che conta davvero” che celebra uno dei dei talenti più originali e poliedrici mai espressi dal nostro Paese. In quasi 40 anni di carriera, attraverso 22 album (6 milioni di copie vendute nel mondo) e un’infinità di concerti, l’artista lucano ha inanellato una serie di successi, da “Oro” a “Lei verrà”, da “Bella d’estate” a “Come Monna Lisa”, da “Mediterraneo” a “La rondine” – tanto per citare i più celebri che sono entrati di diritto nella nostra cultura. Un cammino, il suo ricco di incontri speciali, da Mogol a Mara Maionchi e Alberto Salerno, passando per Maurizio Fabrizio, Pasquale Panella, Lucio Dalla, Franco Battiato, Claudio Baglioni e tanti altri che, per brevi o lunghi tratti, lo hanno affiancato nel suo cammino d’autore, regalando stimoli e declinazioni nuovi alla sua creatività sempre curiosa e divisa fra slanci sperimentali e amore per la melodia. Noi di Domanipress abbiamo avuto il piacere di ospitare nel nostro salotto virtuale Laura Valente e di parlare con lei del ricordo di Mango tra aneddoti e diari ritrovati da leggere e custodire.

Intervista pubblicata il 9 dicembre 2019

Quando si parla di Mango e si ripercorre tutta la sua produzione artistica spesso ci si ricorda anche della sua grande disponibilità.

«Lui viveva per la musica, ma prima di tutto amava i suoi fan, alla fine di ogni concerto, nonostante i ritmi particolarmente serrati delle tournèe, aveva sempre piacere di fermarsi a parlare con il suo pubblico, per una foto, un autografo o semplicemente un abbraccio, senza risparmiarsi mai. Anche il titolo del cofanetto “Tutto l’amore che conta davvero” oltre ad essere la title track di un brano presente nell’album “Ti porto in Africa” era anche il suo modo di salutare i fan quando firmava gli autografi. Aveva una grande empatia verso gli altri e spesso mi ritrovo ad ascoltare e raccogliere aneddoti di chi ha avuto modo di conoscerlo anche solo per qualche minuto…mi piace poter recuperare questi piccoli frammenti della sua quotidianità. Tu hai avuto modo di incontrarlo?».

Molti anni fa ebbi l’occasione di conoscerlo a Castellana Grotte, il concerto non si riuscì a realizzare a causa di un forte temporale eppure Mango non esitò di salutare tutti prima di andar via…

«Ricordo bene quell’occasione, Pino mi raccontò di esserci rifugiato in un antico castello era dispiaciuto di non aver potuto concludere quel concerto…l’amore per la musica era tale da fargli superare ogni ostacolo che gli si ponesse davanti e quando, per difficoltà oggettive, non ci riusciva ne soffriva molto…».

Oltre alla musica un’altra sua grande passione era quella della scrittura. Nel cofanetto “Tutto l’amore che conta davvero” avete deciso di pubblicare i suoi diari autografi facendo un’operazione filologica…

«La passione per la scrittura è nata dal 2001 in poi, quando per una serie di circostanze Pino, mentre stava registrando l’album “Disincanto“, si è ritrovato a non avere autori per le sue canzoni. Quando componeva le musiche per un nuovo progetto musicale era un creativo pieno di energia e passione, si alzava molto presto alle prime luci dell’alba per comporre e ricordo che una mattina alle otto, mentre ero di corsa per accompagnare i figli a scuola, mi fece leggere il testo del primo brano scritto interamente di suo pugno parole e musica. Era “Non è amore da ridere“; quando ho letto le parole le ho subito attribuite a qualche autore importante invece poi mi rivelò che erano le sue…Io, incredula, sono scoppiata a ridere e lui ha capito che quel brano aveva avuto su di me un impatto molto forte. Da quel momento in poi ha acquisito consapevolezza delle sue doti di scrittore».

Dopo le canzoni è stato il turno dell’incursione nel mondo letterario con la poesia…

«Si, dopo quell’esperimento è stato catturato dalla passione per la scrittura e si è avventurato nel mondo letterario pubblicando raccolte di poesie come “Nel malamente mondo non ti trovo”e “Di quanto stupore“, oltre ad una raccolta che univa le sue produzioni. Recentemente ho ritrovato i suoi diari pieni di testi ed appunti che costituiscono un laboratorio ricco di suggestioni ed idee inedite. Pino scriveva tutto a mano, non era particolarmente influenzato dal uso del pc, quindi si può tracciare nelle carte il suo modo di comporre musica e di fare ricerche ed approfondimenti di ogni genere. Nel cofanetto abbiamo voluto rendere visibile tutto questo materiale anche ai fan perché diventino patrimonio di tutti. Ad aprire questa raccolta c’è una lettera scritta da nostra figlia Angelina e i miei ringraziamenti posti alla fine per spiegare l’esigenza che ha fatto nascere questo progetto a cui tengo molto».

Per lanciare questo progetto avete scelto “Forse che si forse che no” come singolo…un duetto d’eccezione con il grande Lucio Dalla che stranamente era passato, ai tempi della sua pubblicazione, quasi inosservato…

«”Forse che si forse che no” è una vera e propria perla nascosta dell’album “Ti porto in Africa” ed una collaborazione magica, particolarmente evocativa che parla della condizione degli artisti e della loro fragilità. Spesso si pensa agli artisti come a dei super eroi quando invece sono esseri fragili, come tutti. Pino era molto soddisfatto di questa collaborazione, era stato anche invitato a Lipari, dove Lucio Dalla era solito organizzare festival musicali in compagnia dei suoi amici e colleghi».

Spesso quando si pubblica un cofanetto postumo di un’artista si cerca l’inedito anche a costo di cannibalizzare le demo o gli esperimenti non pubblicati, è accaduto a Michael Jackson e a Prince…

«Sai che sia io che Pino abbiamo sempre biasimato questo tipo di operazione meramente commerciale? Frugare nei cassetti per recuperare materiale che un artista non ha volto pubblicare, per una qualche ragione personale, mi sembra un’azione irrispettosa e speculativa che non ho mai approvato».

Anche il ricercare il duetto a favore di gossip è un’azione che avete sempre evitato. Tu sei un’interprete di successo, l’ ex voce dei mitici Mattia Bazar, eppure i duetti con Mango si contano sulle dita di una mano…

«Noi ci siamo conosciuti lavorando insieme, nel ’83 Pino era l’autore del mio primo ed unico lavoro da solista. Ci siamo subito accorti che le nostre voci vibravano all’unisono e che condividevamo lo stesso modo di vivere la musica che è stata il filo conduttore di tutta la nostra vita. Abbiamo fatto una scelta, quella di separare le nostre due carriere e di non lasciare mai che il lavoro invadesse troppo la nostra vita privata. Qualche volta però abbiamo sentito il bisogno di collaborare, ma sempre in maniera spontanea e strumentale alla musica. Ricordo quando nel 2004 Pino mi chiese di cantare con lui nella serata dei duetti al Festival di Sanremo; fu un esperienza molto emozionate, condividere l’emozione di esibirsi su un palco così importante insieme. Poi abbiamo ripetuto l’esperienza del duetto nel brano “Il dicembre degli aranci” contenuto nell’album “Ti amo così“».

Ricordi com’ è nata l’esigenza di incidere un brano insieme?

«Eravamo a casa a Lagonegro dove abbiamo uno studio di registrazione. Mentre preparavo la cena Pino mi chiamò per farmi ascoltare il brano e mi chiese di cantare la seconda parte della canzone ed è stata buona la prima. Solitamente si tende a reincidere le voci di un pezzo, invece come un’alchimia magica abbiamo riascoltato le nostre voci e ci siamo accorti che erano perfette così come le avevamo registrate».

C’è un brano della discografia di Mango che preferisci maggiormente?

«Ti rispondo come ti risponderebbe Mango; l’ultima canzone è sempre la più bella. In realtà ogni canzone è simbolo di un momento preciso della nostra vita, quindi è davvero difficile poter scegliere perchè mi ricordano tappe fondamentali come la nascita dei nostri figli, i nostri ricordi…Indubbiamente però una canzone che è stata sempre presente è “Oro”, io ho conosciuto Pino nello studio di registrazione mentre la stava incidendo ed è stato il brano con cui lui ha salutato tutti noi l’8 dicembre quando si è esibito per l’ultima volta. Se ne è andato così sul palco a stretto contatto il suo pubblico…».

Mango aveva un grande attaccamento alla sua terra leggendo la title track dei suoi successi ci sono brani come “Mediterraneo“, “Nella mia città” e “Come l’acqua” che ricordano l’essenza di Lagonegro, un piccolo paradiso lontano dai riflettori…

«Io sono milanese e nonostante il mondo della musica si divideva e si sviluppa ancora tra Milano e Roma, non sono riuscita a dare a Pino un’ alternativa valida a Lagonegro che lui amava profondamente, anch’io mi sono trasferita in Basilicata per ventitré anni nella nostra casa immersa nella natura. La passione che aveva Mango per la sua terra era spirituale e contagiosa, tra lui e la sua città c’era un legame ed un senso d’apparenza che rivendicava con orgoglio e questo si riflette anche nelle sue canzoni. Attualmente per motivi di salute mi sono trasferita a Milano ma conservo ancora gelosamente la residenza potentina…è un ricordo che mi lega indissolubilmente a lui».

Recentemente nel salotto di Domanipress abbiamo ospitato il maestro Giulio Mogol che ha sottolineato di non essere solo l’autore di Lucio Battisti ma anche quello di Mango (LEGGI L’INTERVISTA)

«Giulio ha creduto in Mango sin da subito e ne parla sempre in maniera straordinaria; tra di loro c’era un rapporto speciale, le parole di Mogol riuscivano ad essere lo specchio perfetto di ciò che pensava Pino, insieme hanno scritto dei capolavori. Recentemente Mogol ha tenuto con me una lezione all’Università Statale di Milano per parlare di questa collaborazione, è stato emozionante».

I vostri figli Filippo ed Angelina sono impegnati nel mondo artistico e musicale, cosa ne pensi degli artisti della nuova generazione?

«Dopo anni di classifiche in cui c’era una dominazione quasi totale della musica straniera finalmente vedo che la musica italiana è riuscita a trovare in patria il suo giusto riscatto. I testi sono ritornati ad essere importanti, così come accadeva negli anni ’70. Questo è un momento in cui assistiamo a tante nuove produzioni che utilizzano linguaggi alternativi e questo è molto stimolante. Filippo ed Angelina sono due musicisti, la musica non l’hanno scelta ma l’hanno assimilata sin da bambini e spero che li porti lontano…essere “Figli di” non è sempre un vantaggio».

Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Laura Valente, quali sono le tue speranze e le tue paure?

«Questa è una domanda importante, il Domani lo vedo sempre meraviglioso perché è un giorno in più da vivere…è bello poter alzarsi la mattina e capire che ne vale sempre la pena nonostante tutto».

Intervista esclusiva a cura di Simone Intermite

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Direttore editoriale del portale Domanipress.it Laureato in lettere, specializzato in filologia moderna con esperienza nel settore del giornalismo radiotelevisivo e web si occupa di eventi culturali e marketing. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2010 lavora nel campo della comunicazione e cura svariate produzioni reportistiche nazionali.