Cinque videogiochi sparatutto non-tradizionali da recuperare ad ogni costo

Qualche tempo fa avevamo una classifica “top 5 boomer-shooter” e, successivamente, “top 5 modern-shooter”. Ora, da queste due liste in realtà abbiamo escluso tutta una serie ti titoli che, alla fin fine, non rientravano troppo né in una categoria né nell’altra.

Il punto è che, così facendo, ci siamo ritrovati ad aver diviso in due sole metà distinte un genere che, sopratutto negli ultimi anni, con il firorie di giochi indie e titoli che cercano di dare una ventata di novità, c’è una grande varietà.

Il titolo di questa lista sarà pure un po’ vago ma i videogiochi che seguono sono caratterizzati per avere gameplay, struttura e meccaniche di gioco che non rientrano propriamente nello stile brutale e classico degli sparatutto stile retrò come Doom ma neanche nello stile militare e pseudo-realistico di titoli come Call of Duty o Battlefield.

Questi titoli ci hanno catturato per via dell’essere sì degli sparatutto, ma che cercano di rimescolare la formula con il loro stile personale e meccaniche uniche o quasi, al punto che alcuni possono essere considerati “sparatutto” solo nominalmente. Ma ehi, il mondo dei videogiochi è in continua crescita e i titoli di questa lista sono stati influenzati sicuramente da più di una pubblicazione.

Severed Steel

In Severed Steel vestiamo i panni di “Steel” una ragazza-cyborg che si risveglia dentro un laboratorio di una corporazione malvagia chiamata EdenSys.

Svered Steel è un gioco di pura azione, il contesto ci viene presentato con dei “filmati” che sono dei piacevoli (ma semplici) intermezzi disegnati a fumetto che non ci forniscono precisazioni degne di nota.

Quindi, il contesto lascia a desiderare, ma le cose si fanno interessanti quando diamo un occhiata al gameplay e i livelli in sé. La prima cosa a cui veniamo introdotti sono i comandi e le opzioni di movimento. Steel è una assassina scatenata che non ha nessuna voglia di stare ferma. Possiamo correre lungo i muri, saltare in ogni direzione a varie altezze e varie velocità, tuffarci in avanti, scivolare, correre… e tutto l’occorrente per attraversare i livelli a suon di parkour.

Una volta padroneggiati i comandi non c’è area di un livello che non possiamo raggiungere in pochi secondi. Inoltre le mappe si gioco sono stracolmi di dettagli e strutture che incitano un gioco veloce e dinamico.

Poi ci sono le armi: c’è una buona varietà anche se non sono così tanto diversificate. Il trucco sta nel fatto che Steel ne può impugnarne solo una per volta e non esiste modo per ricaricare. Ciò vuol dire che una volta vuotato il caricatore dovremo (rapidamente) trovarci una nuova arma.

E poi c’è il cannone che Steel ha montato sul braccio sinistro. Perchè la protagonista monta un cannone al posto del braccio sinistro? Beh… perchè no? Questo è uno strumento essenziale per navigare le mappe, dal momento che può essere usato per distruggere parti del livello per creare scorciatoie, tendere trappole o semplicemente darci alla distruzione sfrenata. Le mappe sono interamente distruggibili e non ci sono limiti all’applicazzione di questa meccanica.

Ultimo, e più importante, è la capacità di rallentare il tempo e sfruttare questi momenti dilatati per piazzare colpi impossibili o anche semplicemente dare un rapido sguardo all’ambiente e decidere la nostra prossima, devastante, mossa. Questa abilità si ricarica rapidamente e il gioco ci incita ad abusarne per spazzare via intere squadre di nemici nella maniera più cinematografica possibile. Esiste addirittura un livello dove possiamo lanciarci su un lettino da ospedale (di quelli a rotelle), e usarlo per traversare un ampia stanza piena di nemici e piazzare colpi su colpi mentre schizziamo a rotta collo. Tamarro, fenomenale, assurdo, arrogante. Neo di Matrix? Mai sentito nominare.

Il tutto và a mischiarsi con una magnifica colonna sonora stile elettronico e un apparato sonoro di gran rispetto. Severed Steel è un titolo divertente, scatenato, che punta sullo spettacolo che le sue meccaniche regalano. E’ un gioco di nicchia uscito da poco dall’Accesso anticipato ed è quello che vi serve se volete un pacco di azione sfrenata da spararsi direttamente nel cervello con una siringa ipodermica. Attraverso l’occhio.

REAVER

Reaver è… un gioco particolare. Davvero particolare. Allora: per quanto riguarda la storia è tutto narrato in maniera vaga e metaforica. Il gioco non si scomoda a spiegarci più di tanto il “come” e il “cosa”, ma punta tutto sullo stile e l’impatto visivo.

Lo stile della grafica di Reaver è davvero difficile da descrivere. E’ come se qualcuno avesse deciso di usare le luci stroboscopiche al neon di un casinò di Las Vegas come base e, partendo unicamente da questo, usarle per costruire un mondo intero. Tutto, ogni cosa, in Reaver, sono luci in movimento, è un miracolo che gli sviluppatori siano riusciti a costruire dei livelli visivamente comprensibili ma vi garantisco che non avete mai visto niente di così psichedelico da nessuna altra parte (forse in Cruelty Squad, se sapete di cosa parlo, ma sono due bestie differenti).

Fin da subito, quando inizierete un livello, la sensazione sarà quella di essere sulla pista da ballo di una discoteca e questo non risparmia nemmeno le sembianze del nostro personaggio o la forma delle armi. Tutto è movimentato, schizzato, colorato, carico di stile e carisma. La musica è uno strano mix che potrei definire… rock-elettronico… sperimentale? Non saprei ben dire in realtà (non me ne intendo così bene di musica. Ehi, questa è la rubrica di videogiochi), ma voglio il vinile.

E poi c’è il gameplay. Come Severed Steel, Reaver punta tutto sul movimento ma non solo. Le armi che abbiamo a disposizione hanno tutte due modalità di fuoco e il gioco ci incita fortemente a combinare mosse, movimenti e tipi di attacco per realizzare combo spettacolari e a provocare giochi di luce e colori tali da mettere in ridicolo un concerto pop.

Reaver è originale, psichedelico, visionario e lo raccomando caldamente per chi cerca un esperienza videoludica “diversa”. Non giocateci se soffrite di attacchi epilettici: non durerete due secondi.

Mullet Mad Jack

Voglio essere spudoratamente sincero: adoro questo gioco. Questo gioco spacca di brutto. Mi dichiaro orgogliosamente fan di Mullet Mad Jack. Perchè? Se siete cresciuti con i cartoni animati giapponesi anni 80-90, o giù di lì, come Lupin, City Hunter, Ghot in the Shell, Akira e compagnia bella, vi strapperete le mutande non appena vedrete questo gioco, che si definire un “Old-School-Anime-Action-Shooter”.

Storia: Siamo Jack, un cacciatore di taglie (con una capigliatura folta e cotonata) incaricato di… uh… salvare la Principessa Influencer (la chiamano proprio così: “influencer princess”) dalla Feccia Robotica (Robot Scum). E… perchè? Ma cosa volete che ne sappia…

Per farlo dobbiamo superare livello dopo livello, schiantare una miriade di nemici in maniera violenta e farlo velocemente e nel modo più stiloso possibile.

Primo dettaglio particolare: tutte le missioni sono a tempo. Ma non nel senso mezz’ora o dieci minuti, ma nel senso di dieci secondi secchi. Per una qualche ragione Jack, durante le missioni, può sopravvivere solo grazie a una pesante dose continua di adrenalina nel cervello. Niente gioco tattico o combo raffinate in questo gioco. Jack è un treno di violenza sparato alla massima velocità. E i freni sono rotti.

Secondo dettaglio particolare: l’intera interfaccia di gioco, come noterete, è strutturata come se fosse una diretta in live-streaming (tipo twitch). Questo perché Jack non si guadagna da vivere riscuotendo taglie o firmando contratti per i suoi servigi. Jack è come Pwediepie o Markpiller o qualsiasi altro streamer-influencer… solo che fa la diretta dei massacri che compie durante le sue imprese.

E ovviamente non possono mancare tocchi di classe come spaccare distributori automatici, schiacciare lattine di soda con una mano, parare i proiettili con una katana e tutto quello che serve per farci sentire dei figoni assurdi.

Colonna sonora, stile, suoni in generale… perfetti. Croccanti. E, fedele al genere da cui prende ispirazione, tutto: dai livelli, ai personaggi, alle animazioni, all’azione, sembra uscito direttamente da uno schermo tv di quattro decadi fa (mamma mia se ne è passato di tempo). Ma vintage non fa rima con obsoleto e nemmeno con datato. Mullet Mad Jack è un gioco fresco, appena uscito dalla palestra, matido di sudore, imbottito di energy drink, ha appena finito di farsi la permanente ai capelli e la sua rombante quattro ruote è diretta a tutta velocità per un orgia di stilosa distruzione da trasmettere in diretta.

Ora… dove potete giocare a Mullet Mad Jack… eeeeehmmmm… da nessuna parte. Gli sviluppatori hanno annunciato l’uscita di una Demo a breve. Ma cercate qualcosa su Youtube, guardate il trailer e il gameplay dimostrativo e provate a dire che non merita la vostra attenzione. Vi sfido.

Out of Action

Out of Action è un gioco che potrebbe risuonare ad appassionati di sparatutto competitivi online come Counter Strike o Rainbow Six Siege. Ma si emancipa molto in fretta per rifarsi un identità tutta sua. Out of Action funziona, sostanzialmente, come un arena-shooter moderno: c’è una mappa definita con stanza, corridoie e tutto il resto dove noi e i nemici ci daremo la caccia a vicenda.

Out of Action si può giocare da soli, in co-op o contro altri giocatori. Ciò che è interessante è che nonostante si presenti come uno sparatutto moderno “classico” quello che aggiungie è una svariata quatità di meccaniche solitamente estranee a questi giochi.

Dal momento che è ambientato in un universo Cyberpunk e che i personaggi in questione sono androidi da combattimento, abbiamo a disposizione una vasta gamma di opzioni rispetto a dei comuni esseri umani: invisibilità, super-agilità, vista attraverso i muri, possiamo rallentare il tempo, combinare insieme molte di queste cose insieme e molto altro…

Qualcuno dirà che, in realtà, meccaniche di questo genere sono già state viste altrove. Ma Out of Action riesce a mescolarle tutte insieme dando vita a un esperienza di gioco professionale, impegnativa, serrata, competitiva e tattica ma anche divertente, spettacolare, che incita sperimentazione e sprona il giocatore a osare. E tutto questo è stato realizzato da un singolo sviluppatore.

Anche qui, purtroppo, la data di uscita è un enigma, ma ben presto dovrebbe uscire una demo o forse un Accesso Anticipato.

Silica

Silica è un gioco interessante che compie l’audace scelta (non nuova, ma pur sempre audace) di mischiare il genere sparatutto con la strategia in tempo reale.

Il gioco è a tema sci-fi e si svolge su Baltarus, un pianeta desertico lontano anni luce dalla terra ricco di un minerale rarissimo chiamato Balterium. E ovviamente la cosa più logica da fare è mettere su una spedizione per colonizzare il pianeta prima che lo faccia qualcun altro. Solo che il pianeta è già occupato da una razza aliena di tipo insettoide e quindi è tempo di passare alle maniere forti, non essendo, questi alieni sconosciuti, troppo contenti di essere diventati il nuovo El Dorado spaziale.

Ci sono tre fazioni nel gioco (due fazioni umane e gli alieni sovracitati) che si contendono il controllo di Baltarus. Noi, in quanto giocatori, dobbiamo sceglierne una e unirci alla battaglia.

Ora, dal punto di vista sparatutto Silica non differisce molto dal genere “Battlefield”. Ogni squadra ha a disposizione risorse condivise (veicoli, basi, equipaggiamenti e strutture fisse) e deve gestirle e mantenerle sul campo di battaglia. C’è un ampia scelta, ma la chiave, oltre alle abilità individuali, è la capacità di cooperazione tra i giocatori.

Ma non è tutto. In ogni squadra uno dei giocatori non ha alcuna presenza “sul campo” ma svolge il ruolo di Comandante della fazione. Vuol dire che, mentre dozzine di giocatori si scambiano colpi sul campo di battaglia, un singolo giocatore (per fazione) vedrà il campo di battaglia dall’alto, come un gioco di strategia classico e dovrà selezionare i vari giocatori, assegnare compiti, ordinare avanzate, ricognizioni, ritirate e assalti proprio se stessimo giocando a Command & Conquer o a Age of Empiers.

Ovviamente seguire gli ordini del Comandante è essenziale per conseguire la vittoria.

Ognuna delle tre fazioni ha uno stile e uno stile strategico differenti, anche se, per motivi di bilanciamento, lo scontro non è mai così asimmetrico come sembra. Ma l’illusione regge, rendendo bene l’impressione di star partecipando a una “guerra galattica”.

Lo stile del gioco in generale è sci-fi, ma (a parte gli alieni) comunque si tiene con i piedi per terra. E’ fantascienza ma non vedremo cose così assurde, segue quel filone fantascientifico filo-realistico sulle note di Halo o Titanfall. Abbiamo un estetica industriale, funzionale e comprensibile, guadando qualcosa si intuisce facilmente cosa sia e anche quando passiamo agli alieni non ci vuole molto per capire cosa e come funziona il tutto.

Ma l’attività dei giocatori in Silica non si limita alle battaglie. Baltarus è un ostile, remoto e sconosciuto pianeta desertico dove l’ambiente in sè presenta già un ostacolo da non sottovalutare, così come la differenza nel combattere di giorno o di notte. Silica fa un buon lavoro a livello di mappe e complessità di esse. E tenete conto che sono arene di gioco enormi, fatte per essere attraversate a bordo di rapidi veicoli snelli e capaci di ospitare battaglie tra numerosi mezzi corazzati.

Inoltre il comandante e i suoi sottoposti dovranno anche raccogliere e gestire le risorse da spendere per costruire la nostra base, scegliere e costruire veicoli, armamenti e difese proprio come uno strategico classico.

Un altra cosa che Silica rende bene è la scala su cui opera. Le basi non sono dei semplici blocchi o un paio di tende con una bandiera al centro: si presentano come imponenti ed enormi complessi militari e industriali, tutto perfettamente esplorabile e dove, prima o poi, vi ritroverete a combattere. E questo si estende anche ai veicoli: certo abbiamo il nostro carro armato classico e dei veicoli piccoli e veloci, ma ci sono cose molto più esose. Per esempio: l’Haverster è il veicolo incaricato di raccogliere minerali da convertire in risorse, ma non è un semplice furgone, è una macchina gigantesca, con boccaporti, parapetti, scale interne ed esterne, C’è perfino un ascensore che porta fin su nella plancia di comando! E’ un bestione che possiamo guidare, distruggere o assaltare in stile commando (se per caso riusciamo a infiltrarci dentro, all’insaputa del nemico).

Silica è un titolo in Accesso anticipato che fa un sacco di cose nel modo giusto e su Steam ci sono già un mucchio di giocatori attivi, quindi, per il momento, non c’è rischio di restare da soli. C’è anche una modalità “classica”, dove non c’è altro che un piccola arena dove spararsi allegramente in un caro vecchio deathmatch e una modalità in giocatore singolo (anche se il succo del gioco è chiaramente l’online). E il tutto è stato realizzato da una singola persona.

Molto consigliato per gli appassionati dell’online.

Francesco Viglione

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Appassionato di cinema, teatro, serie televisive e videogiochi fin da quando ha memoria diplomato alla Scuola Holden di Torino, il suo percorso di studi spazia dalla drammaturgia teatrale alla sceneggiatura, passando per la narrativa tradizionale.