Poliedrica, trasformista e dall’intelletto sagace e tagliente, Sabina Guzzanti nella sua carriera di attrice, comica, regista e scrittrice ha saputo affrontare temi delicati e spesso controversi con una voce forte e coraggiosa senza timore delle conseguenze. Le sue performance hanno scosso le coscienze e hanno suscitato dibattiti accesi nella società italiana scuotendo il mondo della politica creando in programmi iconici come “Pippo Kennedy Show” e “Avanzi” momenti di una satira intelligente e provocatoria, che ha messo in luce le contraddizioni e le ipocrisie della politica e della società contemporanea passando alla storia oltre che dai forconi della censura. Ma l’impegno artistico di Sabina non si limita al mondo dello spettacolo. Recentemente, l’attrice romana ha arricchito il suo percorso con l’esperienza letteraria, pubblicando il suo secondo libro edito da HarperCollins dal titolo “ANonniMus – Vecchi rivoluzionari contro giovani robot“. In questa colrata commedia, Sabina Guzzanti ci regala uno sguardo sul futuro prossimo, affrontando temi come l’Intelligenza Artificiale e il divario digitale. Con la sua genialità narrativa, l’autrice ci invita a riflettere sulle grandi sfide che il presente e il futuro ci pongono, coinvolgendoci in una storia imprevista e irresistibile. In questo nuovo appuntamento nel Salotto Digitale di Domanipress abbiamo incontrato Sabina Guzzanti in una Video Intervista Esclusiva diventata un invito a ridere, riflettere e agire.
Hai pubblicato da poco il tuo suo secondo libro, intitolato “Anonymus: Vecchi Rivoluzionari Contro Vecchi Giovani Robot”, che affronta il tema dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie abilitanti sempre più presenti nelle nostre vite. Come è nata l’idea di affrontare questo tema così insolito per un romanzo?
«Il tema della tecnologia come strumento che cambia il nostro quotidiano mi ha interessato e affascinato da poco tempo. Nel mio libro precedente avevo iniziato a guardare al cambiamento climatico, ma avevo anche toccato il tema degli algoritmi. Mi sono iniziata a fare domande su come funziona l’intelligenza artificiale. È un aspetto molto interessante per molti motivi, specialmente dal punto di vista politico».
Il Parlamento europeo ha recentemente dato il via libera all’Artificial Intelligence Act, che regolerà l’Intelligenza Artificiale nel rispetto dei diritti e dei valori umani…
«Il problema è che attualmente, l’intelligenza artificiale è gestita da pochi privati senza un controllo democratico. Ad esempio, ho scoperto che esiste una sezione della Cgil che si occupa di difendere i lavoratori dagli algoritmi perché questi meccanismi non sono trasparenti e possono discriminare o prendere decisioni che non rispettano i diritti dei lavoratori. Nel romanzo, la protagonista si ribella a questa situazione».
Personalmente, hai avuto delle esperienze particolarmente negative con la tecnologia? Ti sei mai pentita di un uso eccessivo?
Beh, dal 2018 non uso più i social media, tranne che per scopi promozionali. Recentemente, la mia pagina Facebook è stata hackerata, ma non tramite virus o altro, bensì attraverso tecniche di “fishing”, sfruttando la distrazione umana. Quindi sono stata vittima di un attacco che mi ha fatto capire che quei social network mi stavano solo rubando tempo e mettendomi di cattivo umore. Ora ho solo Instagram con pochi follower e Twitter che non uso più a causa dell’ambiente tossico che si è creato. Mi sono convinta a non utilizzarlo, perché un conto è utilizzarlo per diffondere e permettere uno scambio di opinioni mentre un altro è farlo per creare solo un’illusione di connessione. Insomma, non è uno spazio per esprimersi liberamente, ma piuttosto uno strumento di diffusione».
Cosa è accaduto dopo il digital detox?
«È stata una grande liberazione non dipendere più da questi strumenti che mi facevano sentire pluricensurata. Riguardo al romanzo, ci sono molti riferimenti all’uso dell’intelligenza artificiale e ci sono anche alcune invenzioni tecnologiche non esistenti nella realtà. Nel romanzo ci sono molti riferimenti all’uso dell’intelligenza artificiale che si fa strada ovunque, inclusi invenzioni tecnologiche non esistenti nella realtà. Potrei dire che sono stata un po’ anticipatrice dei tempi».
Chissà, magari fra 5 anni potremmo incontrarci e dire: “Ricordi quel dettaglio che hai scritto? Guarda, si è realmente realizzato!
«Potrebbe accadere e tra tutti credo che la “super corazza” sia quella che mi tornerebbe più utile».
A proposito di corazza nel tuo lavoro, sei sempre stata una voce critica nei confronti dei sistemi. Come vedi la situazione italiana attuale tra nuove nomine in Rai e cambiamenti di narrazione?
«Ho parlato molte volte di questo argomento. Sono stata cacciata dalla Rai vent’anni fa e ho vissuto un’operazione di censura scandalosa. La Rai non è più un servizio pubblico, ma qualcosa di diverso. Non so cosa questo governo possa fare per peggiorare ulteriormente la situazione. Un mio programma che aveva ottenuto buoni ascolti è stato chiuso dopo il primo episodio, dimostrando che i dati di share contano poco quando si tratta di dire cose scomode. La RAI è piena di persone talentuose che potrebbero generare grande interesse e ascolto, ma non hanno la possibilità di fare televisione. Per il resto sono solo bugie. Ho vissuto la RAI in un momento sicuramente glorioso, ma anche in passato la reta era interessante e aveva una funzione pedagogica.Tempo fa c’erano talenti come Rossellini e negli anni ’90 c’erano programmi meravigliosi che attivavano le coscienze e portavano la gente in piazza».
Ed oggi come reputi la tv moderna?
«Purtroppo, la televisione è stata devastata. Non so cosa il governo possa fare per renderla ancora peggiore di quanto già sia diventata, ma sono sicura che ci sorprenderanno. Da molto tempo, la RAI non è né un servizio pubblico né altro. Ovviamente, ci sono ancora alcune eccezioni di programmi di nicchia, ma anche la satira e il semplice intrattenimento hanno subito un calo. Non è che non esista del tutto, ma è diventato più raro. Nel senso che non è più sufficiente o presente come un tempo. Trova ancora spazio, ma limitato».
Quindi nel contesto attuale è più difficile fare satira rispetto al passato?
«Quando si tratta di queste domande, rispondo sempre che il problema non riguarda solo la satira come corpo professionale, che sembra quasi scomparso. Il vero problema è la mancanza di spirito critico. Ora si possono fare solo polemiche demenziali che non portano a nulla e vengono riconosciute nel mainstream, oppure qualsiasi pensiero critico viene brutalmente attaccato, tacciato di essere folle o intollerabile. Questo è ciò che manca: la possibilità di avere un pensiero critico vero, anche costruttivo, che potrebbe esserci utile».
L’intelligenza artificiale può sostituire o influenzare il nostro pensiero critico?
«Ogni volta che ci affidiamo esclusivamente alla tecnologia e all’intelligenza artificiale, rischiamo di perdere la nostra capacità critica di pensare e di trovare le risposte da soli. Diventiamo dipendenti da qualcun altro che pensa per noi, e questo è estremamente frustrante. La tematica intorno a questi strumenti, ad esempio, dovrebbe essere regolamentata, come avviene per altre scoperte scientifiche come l’atomo, che possono essere usate per il bene o per il male. Gli esseri umani tendono naturalmente verso la comodità, il che non è sbagliato, ma dobbiamo trovare un modo per vivere la giornata senza essere completamente schiavi di ciò che utilizza i nostri dati a fini di sfruttamento. Altrimenti, diventiamo sempre più infelici mentre la società diventa più sicura, più ricca, ma anche più povera in senso umano».
Esiste una soluzione per arginare il problema?
«Questo non è un destino inevitabile. Potremmo utilizzare la tecnologia per liberarci dal lavoro, se fosse distribuita in modo equo, in modo che i guadagni non finiscano solo in poche mani. Sarebbe una scoperta meravigliosa poter vivere senza dover lavorare, una vera liberazione anziché una condanna alla disoccupazione e alla miseria».
Un giorno leggeremo un pezzo di satira scritto e recitato interamente da una macchina? Nessun lavoro è “al sicuro”?
«Per quanto riguarda il lato creativo l’intelligenza artificiale sta avendo un impatto significativo. Mi chiedo cosa si possa fare in questa situazione, perché potrebbe esserci il timore che un giorno la satira possa essere scritta da una macchina. Non auguriamocelo, ma se per satira intendiamo la mediocrità che spesso vediamo oggi, allora una macchina potrebbe farlo tranquillamente. Ma quello che manca è il taglio, la verità. Se scrivi un film con l’unico obiettivo commerciale di compiacere il pubblico, allora una macchina lo farebbe meglio di te. La macchina identificherebbe il target e scriverebbe una storia che accontenta tutti, anziché essere un’espressione di un punto di vista che si confronta con altre prospettive. Ma già la produzione culturale commerciale è di per sé una forma di sfruttamento, e se l’intelligenza artificiale amplifica questo sfruttamento, dobbiamo mettere in discussione il fatto che le persone possano essere sfruttate, sottomesse. La scienza e la cultura non dovrebbero servire a questo scopo. Una volta che ammettiamo che servano a questo, le macchine sicuramente faranno meglio. E questo vale anche per i giornalisti e il mondo dell’informazione».
Qual è allora la soluzione per non farci sostituire?
«Se chi scrive non può esprimere liberamente ciò che pensa, né indagare o criticare, una macchina lo farebbe sicuramente meglio. Il problema per tutti i lavori non è la macchina, ma le limitazioni che ci sono e che spesso ci siamo auto imposti».
Forse un giorno riusciremo a recuperare la nostra natura umana troppo umana, come diceva Nietzsche?
«Dobbiamo ricostruire la nostra capacità critica, assolutamente, è una priorità e speriamo di farlo.
Recentemente nei tuoi pezzi satirici per Propaganda Live in onda su La 7 hai avuto modo di farti delle belle chiacchierate virtuali con il premier Giorgia Meloni. Per l’ultima puntata però hai annunciato di non volerla contattare più…Cosa è accaduto?
«Sono indignata per la mancanza di partecipazione (ride). Avevo lanciato un appello perché era un lavoro davvero importante. Credo nel confronto e nel dialogo, ma giustamente non può gravare tutto sulle spalle di una sola persona, come al solito. La linea telefonica è stata interrotta e il confronto sincero è terminato. È importante come hai raccontato. Ho fatto queste tre puntate e spero di tornarci l’anno prossimo a Propaganda. Al momento sono impegnata a presentare il mio libro, ma se mi vengono idee adatte, mi piacerebbe realizzare altri interventi. È un programma che mi piace molto, sono a mio agio con l’autore e il regista. Mi sento a casa. Ammiro molto anche quello che fa Diego Bianchi e tutto il suo team, perché si muovono con molta cautela».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Sabina Guzzanti, quali sono le tue speranze e le tue paure?
«Se penso al Domani non ho paura di niente, anche se dovessimo estinguerci. Secondo me, non è detto che sia un male, potrebbe essere un’idea. L’importante è essere presenti e consapevoli rispetto alla realtà degli eventi. Continuare a non far addormentare la capacità critica è per me l’ imperativo categorico per affrontare il futuro».
Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite