Le hit più suonate dalle radio e dalle playlist sulle piattaforme streaming hanno spesso un denominatore comune, il nome del produttore Dario Faini in arte Durdust. Il pianista  che ha accompagnato eventi di richiamo internazionale dal Superbowl,all l’NBA All Star Game passando per i Giochi Olimpici, è riuscito negli anni ad inanellare una serie di successi collaborando con artisti come Madame, Jovanotti, Mahmood, Elisa, Emma Marrone, Marco Mengoni, Noemi, Fedez, Alessandra Amoroso e Giorgia solo per citarne alcuni vantando un palmarés di oltre 70 dischi di Platino.La  carriera di Dario oltre che come autore è volata anche come compositore spingendo i confini della musica oltre i limiti usuali sperimentando un’inedito incontro della struttura classica con l’electro-ambient per raggiungere un’emozionante esperienza multidimensionale che lo caratterizza. Figlio di questa sua attitudine è il nuovo progetto discografico “Duality” un doppio album di 20 tracce pubblicato sulle piattaforme digitali e in formato doppio CD e doppio vinile pubblicato sul mercato internazionale da Sony Music Masterworks e Artist First dove per la prima volta, i due imprinting della sua formazione musicale totalmente separati e approfonditi in maniera indipendente. Ognuno dei due dischi di “DUALITY” rappresenta infatti un emisfero diverso della mente. La parte in piano solo esprime la pura emozione e l’innocenza del pianismo contemporaneo attraverso l’osservazione della natura e il senso di improvvisazione più spontaneo a livello emozionale, come quello di un poeta spaziando tra riferimenti onirici di matrice orientale e racconti musicali intimi suonati al pianoforte. Il lato elettronico invece simboleggia la parte razionale del nostro cervello, “l’ingegnere” che vive all’interno dell’artista. Le tracce sono state plasmate con una geometria sonora nuova legata a pattern, beats, sintetizzatori e mondi musicali appartenenti a stili diversi che si uniscono per dare vita a un nuovo tipo di racconto artistico. Noi di Domanipress abbiamo avuto l’onore di ospitare Dario Faini Dardust nel nostro Salotto Digitale per parlare con lui di visioni non binarie nella musica e nella vita e del futuro della musica tra elettronica ed intelligenza artificiale.

Come nasce il progetto Duality, da dove sei partito per esplorare questa doppia identità artistica?

«Volevo indagare in maniera separata due parti della mio animo. C’è il pianoforte che esprime il mio lato emotivo e poi l’elettronica che rispecchia la parte più impetuosa. Questa volta ho voluto non mischiare le carte ma ho preferito intraprendere un viaggio portandomi agli estremi di questi due mondi per comprendere quali dinamiche si potevano sviluppare. Spesso è proprio esplorando i propri poli estremi si trovano delle risorse inaspettate».

Il brano d’apertura s’intitola Parallel 43, punto cardinale che coincide con le coordinate della tua città d’origine. Quale rapporto hai con Ascoli Piceno?

«Durante l’adolescenza la mia città la vivevo come un limite alle mie ambizioni. Oggi ringrazio di aver vissuto questa sensazione, è stata la base per costruire un sistema di immaginazione e di sogni che mi ha portato a maturare la voglia di esplorare il mondo per poi ritornare a casa. Ad oggi Ascoli Piceno è ancora la mia base di partenza per allestire gli show o per comporre musica. Molti dei mei collaboratori sono compaesani ritornare al punto di partenza mi consente di caricare le batterie e non è un caso che il brano “Parallelo43” è il punto di partenza di tutto il viaggio di Duality».

A proposito di luoghi, nell’album c’è un influenza importante mutuata dalla cultura giapponese…

«Vent’anni fa a seguito di una crisi personale ho scoperto il buddismo e la filosofia orientale come risposta alle mie domande esistenziali. Mi sono appassionato a tutto ciò che proveniva dall’oriente. Apprezzo molto la caratterizzazione di alcuni film di Hayao Miyazaki che reputo delle vere e proprie opere d’arte imprevedibili, i suoi personaggi sono spesso fuori dalle righe ed anche molto complessi da comprendere. Per capirli bisogna mettere da parte la propria parte razionale e farsi guidare dall’inconscio, in tutti quei film c’è sempre qualcosa di catartico che li ha resi speciali».

Quali sono le influenze che ti hanno colpito maggiormente?

«Ci sono molti temi della filosofia giapponese che mi piace prendere come modello e che credo possano servire a tutti primo fra tutti il kintsugi che consiste nel ricostruire qualcosa di rotto riempiendo le crepe di oro».

Le tue crepe personali da riempire quali sono?

«Sicuramente tutti gli abbandoni necessari o subiti, i passaggi difficili della vita, le insicurezze e gli adii… Tutti noi abbiamo delle cicatrici che nascondiamo, invece credo che sia terapeutico renderle visibili e riempirle di oro proprio come fanno i giapponesi».

Qual è il tuo “oro”?

«Per me è la musica con cui racconto il mio vissuto attraverso le note e lo condivido con gli altri. Le composizioni sono dei piccoli frammenti capaci di resistere al tempo, costruiscono un’identità nuova e creano bellezza…Ho imparato a non avere paura di mostrarmi per quello che sono».

Anche Duality esprime questa complessità divisa tra due universi differenti in equilibrio tra classico e moderno, qual è stato il laboratorio creativo di questi due approcci così differenti?

«Sono due approcci differenti tra di loro, uno fortifica l’altro. Per natura sono portato al cambiamento continuo, non riesco a restare fermo sui miei passi. A livello creativo l’alternanza di due approcci differenti mi consente di ritornare lucido quando avverto una saturazione. Posso buttarmi a capofitto solo sul pianoforte per giorni per poi ritornare agli elementi elettronici totalmente geometrici pieni di beat e pulsazioni dell’elettronica per poi ritornare alla dimensione più meditativa e classica. Sono due aspetti fondamentali di me, si auto allineano e uno non potrebbe vivere senza l’altro, convivono bene ed è un processo naturale come il susseguirsi del giorno e della notte».

Tu sei considerato a ragione un Re Mida della musica italiana. Come produttore ed autore hai firmato i più grandi successi di artisti come Emma, Mahmood, Annalisa, Tommaso Paradiso, Madame e recentemente anche Giorgia solo per citarne alcuni…Come sei riuscito a far emergere il meglio da ognuno di loro?

«Non c’è un formula magica per la costruzione di una hit di successo. Quello che è avvenuto in questi anni è un processo naturale, ho cercato di ottenere il meglio da ogni progetto per farlo splendere di luce propria. Questo a volte riesce e anche molto bene e certe volte no. Non è matematico che un pezzo possa trovare un ampio favore da parte di radio, piattaforme e pubblico. Non è scontato che possa comporne delle altre in futuro… solo il tempo può rispondere a questa domanda quindi vediamo cosa accadrà».

A Sanremo hai stravinto con il brano “Soldi” e con la più recente “Brividi”. Com’è avvenuta la scrittura di questi successi?

«Per “Soldi” Mahmood aveva già un canovaccio del testo ed una parte di melodia. Il mio compito è stato quello di dare un corpo sonoro al pezzo e un’identità nell’arrangiamento anche con parti strutturali che poi hanno conquistato il pubblico. Posso dirti che è stato un lavoro a quattro mani ma che aveva sin da subito una scintilla inziale molto potente che era quella di Alessandro (Mahmood). Altri brani invece hanno una genesi diversa, partono da zero e nascono in tre ore, in studio e funzionano da subito. Altre volte invece ci sono brani che hanno bisogno di più giorni o addirittura di mesi per poter maturare ed essere a fuoco. Ognuno ha la sua storia».

Recentemente sei stato anche maestro concertatore per la “Notte della Taranta”…

«Quella della notte della taranta è stata un esperienza meravigliosa che mi  ha regalato tanto in termini artistici. Ho cercato di rispettare la tradizione con rigore e duro lavoro durato mesi. Sono entrato nel dettaglio di molti brani. Alcuni li ho trasformati ed attualizzati altri li ho voluti lasciare nella loro dimensione storica e tradizionale. Illuminante è stata la collaborazione con l’orchestra popolare guidata da Gianluca Longo  una guida imprescindibile».

Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

«Beh è stato un processo lungo e appagante, suonare davanti ad una platea di duecentomila persone è un’ emozione ed una energia che non dimenticherò mai. Ho avuto modo di confrontarmi con sonorità antiche mettendoci le mani pur rispettando la tradizione dove occorreva. Sicuramente è stato un momento, anche formativo, importante».

Oggi si parla molto dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la produzione musicale…In un futuro prossimo i computer potranno sostituirsi all’uomo per la produzione di hits?

«La tecnologia ha fatto passi da gigante e sicuramente anche nella musica questo ha avuto un peso rilevate. L’intelligenza artificiale potrà anche comporre un brano ma poi ci sono sempre qui ventuno grammi di umanità, spirito e anima che una macchina non ti potrà mai dare. Ci può essere una varietà di possibilità e non è da escludere che la IA possa produrre dei brani secondo dei parametri che possono essere categorizzati ed utilizzati da un algoritmo ma ciò che non potrà mai essere replicato è l’esperienza data dall’emozionalità, quel margine di errore umano che fa scattare qualcosa di emozionante e significativo. Questa dell’uomo verso le macchine è una guerra che vedo persa in partenza».

Ritornando a Duality se dovessi scegliere una traccia che in questo momento definisce il tuo stato d’animo quale sceglieresti e perché?

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Direttore editoriale del portale Domanipress.it Laureato in lettere, specializzato in filologia moderna con esperienza nel settore del giornalismo radiotelevisivo e web si occupa di eventi culturali e marketing. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2010 lavora nel campo della comunicazione e cura svariate produzioni reportistiche nazionali.