Recensione: “Warcraft – L’inizio” un blockbuster che omaggia il famoso franchise videoludico

Chissà cosa avrebbero detto Leonard, Sheldon, Howard e Raj, i mega NERD di “The Big Bang Theory”, se avessero visto “Warcraft – L’inizio”, la pellicola diretta dal britannico Duncan Jones (figlio del “Duca Bianco”, l’appena scomparso David Bowie) ispirata al primo capitolo, ovvero “Warcraft: Orcs & Humans” (1994), dell’epopea videoludica di “Warcraft”, dove umani e creature fantasy come orchi, nani ed elfi si danno battaglia per la sopravvivenza del proprio popolo. Probabilmente Sheldon e compagni, essendo dei fan sfegatati dell’universo di “Warcraft”, in linea generale ne avrebbero apprezzato l’adattamento cinematografico, pur impantanandosi in una sconfinata serie di pedissequi appunti al vetriolo sulle differenze che intercorrono tra il gioco e la sua rivisitazione per il grande schermo.

Paragonarlo a “Il Signore degli Anelli” o a “Il Trono di Spade” si rivelerebbe alquanto inappropriato (sarebbe come sostenere erroneamente che tutti i polizieschi sono identici solo perché abbracciano lo stesso genere). Tuttavia, il principale limite di “Warcraft – L’inizio” sta in un prodotto pensato in origine per essere fruibile da chiunque, ma che a conti fatti finisce inaspettatamente per trasfigurarsi in un “blockbuster di nicchia” che omaggia i giocatori del franchise videoludico e che prende un po’ le distanze da quegli spettatori a digiuno di incantesimi, stregoni, Draenei, golem, orchi e di coraggiosi paladini postisi a difesa del proprio regno.

Si vede come la Blizzard (la famosa casa produttrice di videogames nota soprattutto per aver dato alla luce la serie di “Warcraft”), coadiuvata dall’Industrial Light & Magic (una delle più capaci aziende di effetti speciali digitali), dallo scenografo inglese Gavin Bocquel (“Guerre Stellari – Il ritorno dello Jedi”) e dalla costumista messicana Mayes C. Rubeo (“Avatar”), si sia impegnata affondo nella maniacale riproduzione dei luoghi, dei costumi (anche se fanno tanto gioco di ruolo dal vivo) e dei personaggi (Cristo! A quelli ricostruiti in CGI li si vedono addirittura contrarre le fibre muscolari e pulsare le vene con una verosimiglianza che ha davvero dell’incredibile). Però ciò non toglie che “Warcraft – L’inizio” convinca tanto nel design, nell’azione e nella messianica allegoria biblica quanto molto meno nello sviluppo dei personaggi, anche se non si può dire che non ci abbiano provato, e nello srotolamento delle trame (certi punti andavano spiegati meglio), riducendosi spesso ad una suggestiva battaglia di gruppo online (come negli episodi di “World of Warcraft”) emotivamente piatta.

Va altresì aggiunto quanto il film sembra che si sia girato praticamente da solo (senza errori di forma, però attraverso un’anonima gestione da mestierante della cinepresa), in quanto privo di quegli interessanti movimenti di macchina adottati da Duncan Jones negli alienanti “Moon” e “Source Code”. Una mancanza che suggerisce la violenza fagocitatoria del multimilionario ingranaggio hollywoodiano, che probabilmente ha ostacolato la volontà del regista inglese di poter esprimere la sua poetica cinematografica. Una poetica che, invece, avrebbe giovato alla pellicola in questione; basti pensare ai “Guardiani della Galassia” di James Gunn ed agli “Spider-Man” diretti da Sam Raimi, due casi in cui l’autorialità registica eleva il valore di un semplice blockbuster congegnato col l’unico scopo di intrattenere e rimpinguare le casse delle grandi major statunitensi.

I players di “Warcraft”, bene o male, si godranno lo spettacolo di “Warcraft – L’inizio” immedesimandosi con i protagonisti della pellicola speculari alla categoria dei loro avatar in “World of Worcraft”, mentre i profani del genere faticheranno ad entrare nel meccanismo, pur divertendosi durante le sequenze belliche. SENZA LODE E SENZA INFAMIA.

Gabriele Manca 

RASSEGNA PANORAMICA
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