Lo ammetto per me scrivere una recensione del nuovo album di Carmen Consoli è un “lavoro” quanto mai gradito,essendo un ammiratore della cantantessa dal 97, anno in cui rimasi stupito e ammaliato da quella famosa esibizione a Sanremo con il brano confusa e felice. Uscendo da scuola mentre gli altri chiedevano ai propri papà di comprare le figurine panini…io chiesi al mio di comprare una cassetta,perché allora era tutto analogico,di Carmen Consoli…e da quel giorno la poesia in musica della cantantessa mi ha accompagnato con tutte le sue sfumature da quelle più rock e grintose degli anni 90 a quelle pop del 2000 sino ad arrivare a quelle mediterranee degli ultimi due album.
Scrivere una recensione in maniera oggettiva dopo tanto “intenso trasporto” è un compito arduo, ma devo dirlo, facilitato dal fatto che il nuovo album di Carmen Consoli “L’abitudine di tornare” è un album “gioiello” di quelli che sicuramente rimarrà indelebile nella storia della musica italiana.
Tante sono le tematiche che la cantantessa ha volto raccontare e i personaggi di questo teatro consoliano che si muovono sulle corde della sua chitarra sembrano quasi balzare fuori dai versi, con la loro dirompente carica di umanità, inquietudine, disperazione. Si spazia dai migranti in fuga sulle coste italiane che trovano aiuto dai pescatori strumentalizzati dal “circo degli orrori” mediatico,alla storia di una famiglia che vive di stenti ed è costretta a vivere in auto alla lotta contro la mafia di “Esercito Silente”.
A spezzare per un attimo la tensione provvede il racconto tragicomico del brano “La signora del quinto piano” che alla stregua di un film di Stanley Kubrick racconta la storia di una donna murata viva nel bagno da uno stalker; il brano è caratterizzato da chitarre “mediamente isteriche” e da un finale parlato con la voce della stessa Carmen che irrompe raccontando l’accaduto con un riferimento a Matilde altro personaggio macabro raccontato nel disco del 2002 “l’eccezione”.
Dopo questo brano però l’avvolgente suono degli “Oceani deserti” ripristina subito un clima di intimità, che si stempera lentamente con un testo che parla di un amore funestato dalla routine e dal ricordo che diviene motivo di nostalgico rimpianto.
Con questo brano si giunge al centro ideale dell’architettura del disco che presenta altre due canzoni d’amore la romantica San valentino e la pungente “Sintonia Imperfetta” dove non si può non scorgere nei versi l’ennesima metafora consoliana della crisi di coppia. Un capitolo a parte merita il primo singolo del album che dà il nome all’intero lavoro e che racconta una storia d’amore minata dal tarlo della viltà, dove l’incedere della batteria e le chitarre maliziosamente radiofoniche riportano Carmen alle atmosfere degli esordi. L’album si chiude con il brano dedicato al figlio Carlo Giuseppe intitolato “Questa piccola magia”. Interessante è notare come il testo esuli da ogni tipo di cliché sul tema diventando un’esortazione alla gioia e alla speranza,quasi a ricordare a chi non fosse ancora chiaro che la bellezza delle cose ama nascondersi.
L’abitudine di tornare si configura quindi come un album completo dal punto di vista musicale e tematico; la stessa copertina dell’album rappresenta una tavola riccamente imbandita e una Carmen che volge lo sguardo lontano ad osservare la realtà pronta a raccontarcela come una poetessa che ricorre alla forza della musica per denunciare le incongruenze della nostra società. Ancora una volta l’eccellenza della cantantessa si realizza proprio nell’intertestualità tra testo letterario e testo musicale unendo queste due forze espressive con la carica emotiva che solo i grandi artisti riescono a trasmettere.
Simone Intermite