Secondo Jerry Calà, attore, regista e showman intramontabile “L’estate non è una stagione ma uno stato d’animo”. Lo si percepisce dai suoi show che ad ogni stagione ripropongono le atmosfere degli anni settanta e ottanta registrano incredibili soldout ed i suoi celebri film cult come Abbronzatissimi, Rimini Rimini, Yuppies, Vado a vivere da solo e la serie tv Professione Vacanze solo per citarne alcuni che ancora oggi spopolano sul web sotto forma di video su TikTok e meme superando le barriere anagrafiche e creando un pirotecnico dialogo tra passato e presente. Oggi le serate dell’attore veronese partito dal Derby Club con i Gatti di Vicolo Miracoli e arrivato a raggiungere lo Zenit del mondo dello spettacolo , sono diventate un progetto discografico edito da Azzurra Music intitolato “Professione Entertainer“, un’ora di musica rigorosamente live, colonna sonora perfetta per la stagione e estiva e per far tornare la voglia di ballare, cantare e condividere serate indimenticabili e spensierate oltre il retropensiero delle difficoltà del presente. Ma non è tutto Jerry dopo il successo dell’autobiografia pubblicata nel 2016 con Sperling & Kupfer/Mondadori, è tornato in libreria con un romanzo divertente e malinconico ambientato all’Havana e scritto a quattro mani con Gino Capone intitolato “La lavadora” dove si racconta la storia di due amici italiani che giungono a Cuba per trasformare in discoteca una fabbrica in dismissione, ritrovandosi invischiati in una situazione del tutto imprevista. Noi di Domanipress abbiamo avuto il piacere di ospitare nel nostro Salotto Digitale Zio Jerry Calà per parlare con lui di musica, cinema e ricordi intramontabili d’estate al Sapore di mare.

Hai pubblicato un album live intitolato “Professione entertainer” com’è nata l’esigenza di imprimere un’istantanea dei tuoi show?

«L’idea è stata della Azzurra Music, casa discografica veronese con cui collaboro da molti anni. Abbiamo registrato i brani live al Teatro Nuovo di Milano e sono orgoglioso del risultato raggiunto perchè tutto suona vivo e colorato come se fosse una grande festa! Dalle due ore di spettacolo è stato riassunto in un’ora il meglio del mio repertorio che riporta sul palco la storia della musica Italiana spaziando da Lucio Battisti, Equipe 84, i Ricchi e poveri, i Pooh, i Nomadi, Gino Paoli fino ad arrivare a Vasco Rossi e Ligabue…sono tutti artisti che ho da sempre ascoltato e che hanno composto delle hit indelebili che mi diverte riproporre».

I tuoi spettacoli sono trasversali perché riescono a riunire generazioni molto diverse tra di loro…come sei riuscito a trovare un linguaggio universale?

«Mi stupisco ogni volta per tutto l’affetto che ricevo dal pubblico. Mi capita spesso di portare il mio spettacolo in alcuni club dove il pubblico non raggiunge la soglia dei vent’anni eppure molti conoscono i testi delle canzoni e le battute dei miei film. Questo aspetto mi riempie di orgoglio, è percepisco di aver lasciato qualcosa di buono, che resiste al tempo e alle mode. Le reti digitali e canali come Cinema34 continuano a trasmettere i miei film registrando degli ottimi dati d’ascolto».

Quali sono gli elementi che rendono un film un vero e proprio cult?

«Quei film sono diventati delle pietre miliari; rispetto alle produzioni attuali erano più veraci, c’era tanta voglia di sperimentare e di diversi e questo il pubblico lo percepisce. Spesso erano anche più liberi in alcune espressioni che oggi non si possono utilizzare, in altre parole facevano veramente ridere e divertire…».

Uno dei settori più colpiti dal Covid è stato quello cinematografico…

«Diciamoci la verità, la sala era in crisi prima del covid ma la pandemia ha acuito le difficoltà. Spesso leggo i dati d’incasso per capire i trend che dominano il mercato; al momento Gli affezionati alla poltrona del cinema restano  solo i più i giovani che fruiscono di film americani e che apprezzano i grandi blockbuster o i titoli Marvel come Spiderman e gli Avangers. Resta poco spazio per i film italiani e soprattutto per la commedia che rispetto ai grossi nomi si trova in una differenza numerica abissale andando spesso in negativo».

Neanche la ripartenza è riuscita a colmare questa tendenza, è tempo di ripensare lo spazio del cinema?

«Abbiamo ancora paura di chiuderci dentro un cinema, la situazione Covid non è ancora chiara e il racconto giornalistico dei dati e dei contagi è sempre molto confuso. Adesso abbiamo tolto tutti le mascherine ma ancora l’emergenza non è passata e anzi si assiste ad una risalita dei positivi al virus. Politicamente si sta cercando di mantenere un equilibrio ibrido tra l’urgenza della gente che non ne può più delle misure restrittive e l’attenzione costante verso quella che può essere una bomba ad orologeria soprattutto per i più fragili…Per un giovane è più facile pensare di andare al cinema a cuor leggero senza timore, diversamente il pubblico adulto manifesta ancora qualche dubbio…».

Cosa pensi delle piattaforme digitali, il futuro del cinema passa da Netflix?

« Netflix ha parcellizzato l’offerta mettendosi in concorrenza al cinema affiancandosi alla tv tradizionale ed offrendo un catalogo vastissimo, anche questo sicuramente ha contribuito a svuotare i cinema. C’è però da sottolineare che le piattaforme streaming hanno creato delle serie di alta qualità che sono state in grado di fidelizzare il pubblico. Io per primo me ne sono appassionato con mio figlio Johnny che mi fa scoprire tutte le novità…Qualcuno ritiene che quello sia il vero futuro del cinema, non a caso in questi ultimi anni si conferiscono gli Oscar anche a film che sono stati pubblicato in esclusiva via digitale».

A proposito di digitale, ancora prima di Tik Tok e dei meme su Twitter tu sei stato un antesignano dei tormentoni comici da Capitooo fino alla famosa doppia libidine coi fiocchi…Come sei arrivato a queste divertenti quanto virali intuizioni?

«Si, ancor prima delle mode dei tormentoni, con i Gatti di Vicolo Miracoli quando lavoravamo alla tv dei ragazzi ci divertivamo ad inventare delle formule che potevano essere immediate e ripetute nel tempo. Ricordo un quiz satirico dove io ero il concorrente ed il mio amico fraterno Umberto Smaila il conduttore, studiammo una risposta divertente alle sue domande, ripetevo: “Io ho studiato”. Il giorno dopo vidi davanti alle scuole i ragazzini che imitavano il mio personaggio. In quel momento la rivelazione, ho compreso subito che questo modo di storpiare le parole di uso comune e di renderle divertenti poteva essere un modo per comunicare dei messaggi, per arrivare al pubblico in maniera diretta. Così sono nate tutte le mie libidini con i fiocchi».

Uno dei tuoi tormentoni recita: “é tanto che aspettavo un’occasione cosi”. Qual è stata l’occasione della vita di Jerry Calà?

«Nel ’94 ho subito un brutto incidente, poteva essere mortale, ma fortunatamente mi sono salvato. Quell’episodio che mi ha costretto a letto per mesi mi ha cambiato interiormente, mi ha fatto riflettere e resettare tutti i valori che avevo della vita. Fino ad allora ero troppo concentrato sul successo, sulle classifiche dei miei film, non ero mai soddisfatto e desideravo sempre ottenere di più, anche da me stesso…Poi ho capito che la vita è una grande festa da vivere senza rimpianti e la cosa più importante è esserci tutto  il resto è un regalo, la possibilità di vivere e di guardare la realtà con occhi nuovi, quella è stata la mia vera grande occasione».

Dopo l’incidente hai anche abbondonato la commedia mainstream per perseguire strade più tortuose ma non per questo meno gradite.

«Dopo questa esperienza tutta la mia vita è cambiata, ho messo da parte le paure, io che mi esibivo solo in compagnia dei Gatti, dei miei tre fratelli, ho iniziato a capire che dovevo correre anche da solo, ritagliarmi il mio spazio di libertà con il pubblico…Ho lanciato il cuore oltre l’ostacolo e sono arrivato a realizzare uno spettacolo di oltre due ore con i miei fedeli musicisti che ancora oggi aggiorno e propongo registrando date sold out. Ho compreso che la mia missione nella vita è questa: far divertire il pubblico con la musica e lo spettacolo, è il mio modo di restituire tutto l’affetto ricevuto negli anni».

Coraggio a parte, ad aiutarti porti sempre con te un amuleto speciale, l’inseparabile camicia bianca…Mai senza?

«La camicia bianca è un must! Ricordo di aver fatto riaprire una boutique nel cuore nella notte perchè mi ero dimenticato di indossarla prima di uno spettacolo alla Capannina di Franceschi di Forte dei Marmi, che reputo la mia casa. Furono molto gentili ad assecondare questo mio bisogno…

Come mai il colore doveva essere proprio il bianco?

«La prima volta che mi sono esibito da solo ed è andata bene indossavo una camicia bianca, da quel giorno è diventata un po’ come una coperta di Linus…».

Recentemente hai anche manifestato la volontà di voler ritornare al cinema mettendo alla prova anche con generi distanti dalla commedia…

«In realtà mi sono già cimentato con il genere drammatico, ho lavorato con il regista Marco Ferreri che ha diretto tra gli altri Gerard Depardieu e Pietro Castellitto ed ho vinto un premio a Berlino, l’esperienza poi si è anche ripetuta con Pupi Avati e Marco Risi. In realtà se ci pensi anche la scena finale di “Sapore di mare” con un solo sguardo comunica qualcosa di più rispetto al momento comico…Mi piace spaziare in generi diversi ma ritengo che poi sia il pubblico a decidere, se mi offriranno una commedia particolarmente creativa sicuramente non mi tiro indietro».

La commedia ed il dramma sono due facce di una stessa medaglia?

«Nei film di Mario Monicelli o di Ettore Scola c’era tutto, erano una sintesi della vita. La commedia è questo secondo me, la rappresentazioni delle dinamiche che viviamo tutti i giorni, in Italia tendiamo a sminuirlo come genere, invece oltreoceano ha una valenza più forte. Bisognerebbe dargli l’importanza che merita…».

Si dice che la mela non cade molto distante dall’albero tuo figlio Johnny Calà ha recentemente intrapreso un percorso di studio nell’ambito cinematografico; in futuro ti piacerebbe essere diretto da lui?

«Certo, ha iniziato a studiare cinematografia, mi ha già da supportato qualche anno fa in un film e credo che sia una giovane leva con delle ottime capacità perchè Johnny è un ragazzo colto e preparato. Oggi ci sono molti giovani che vogliono raggiungere il successo evitando la gavetta, pensando che lo studio sia un inutile spreco di tempo invece è la chiave essenziale per produrre valore. A mio figlio ho insegnato il recupero dell’arte del cinema del passato, è un vero appassionato e spero che il futuro gli riservi le soddisfazioni che merita».

Oltre il cinema la letteratura, quest’anno hai scritto un romanzo che parla di rinascita partendo da Cuba…

«Si,con “La lavadora” ho voluto uscire dal seminato ed ho firmato un romanzo a quattro mani con il mio amico Gino Capone. Tutto è partito da una telefonata durante la pandemia, sapevamo di voler scrivere questa storia ma non abbiamo mai avuto occasione di metterla nero su bianco».

Cosa rappresenta per te il viaggio?

«Il momento del viaggio è fondamentale, è la vera metafora della vita. Spesso ci poniamo obiettivi che sono disattesi e quella via incognita percorsa durante il cammino può diventare una strada maestra».

I luoghi sono come persone, ognuno conserva una sua diversa personalità e spesso può scoccare un rapporto di avversione oppure di amore reciproco e incondizionato. Qual è la tua meta preferita?

«La mia meta del cuore è stata l’Havana la capitale dell’amore e della musica ma anche della contraddizione che con i suoi contrasti ti fa riflettere su te stesso, anche in maniera inconscia. Credo che ci siano pochi posti al mondo con questa capacità di cambiarti dentro…Il popolo Cubano ha subito diverse ingiustizie sociali eppure ha una dignità esemplare, ho dedicato a loro il libro, ci sono molto legato».

Ci ritorni spesso?

Dopo la pandemia non ci sono più tornato ma appena possibile volerò verso quei luoghi per riconnettermi con me stesso».

Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Jerry Calà quali sono le tue speranze e le tue paure?

«In questo momento storico è difficile pensare al Domani, il futuro spesso appare opaco ed offuscato da tutto ciò che accade, ma da inguaribile ottimista il mio futuro lo ritrovo nella voglia di seguire le mie passioni, continuare a lavorare ed incontrare il pubblico, è il mio modo di ricambiare tutto l’affetto ricevuto in questi anni».

Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite

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Direttore editoriale del portale Domanipress.it Laureato in lettere, specializzato in filologia moderna con esperienza nel settore del giornalismo radiotelevisivo e web si occupa di eventi culturali e marketing. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2010 lavora nel campo della comunicazione e cura svariate produzioni reportistiche nazionali.