Giorgio Vanni, per tutti gli appassionati del mondo dei cartoon è dei nomi tra i più conosciuti ed uno dei punti di riferimento assoluto. Dall’incontro tra il cantautore milanese e il compositore Max Longhi (autore anche di Cristina D’Avena) sono nate, a partire della metà degli anni novanta, molte sigle televisive prodotte dal loro fortunato e prolifico sodalizio artistico, tra tutte: “Pokemon”,What’s My Destiny Dragon Ball“, “Detective Conan“, “Tutti All’arrembaggio“, “One Piece”, sono solo alcuni titoli di brani diventati dei veri e propri inni di intere generazioni cresciute a latte e cartoni. Il successo di queste opere sonore accattivanti e ritmate è caratterizzato da un genere coniato dallo stesso autore chiamato programmaticamente “Toontunz” che unisce in un sodalizio psichedelico, la dance e la melodia alle sigle tv, macinando un successo che non si è mai arrestato, fino ad arrivare alla nuova produzione discografica dell’album “The Gold Session”, protagonista dell’ultimo tour del “Capitano Vanni”, cosi come amano definirlo i suoi fans più fedeli, dove i brani iconici del suo repertorio sono rivisitati in chiave acustica assumendo una veste mistica e riflessiva. Noi di Domanipress abbiamo avuto il piacere di salpare sulla nave del Giorgio Vanni dirigendoci, in questa Video Intervista Esclusiva nel Salotto di Domanipress, verso un mare di ricordi e di riflessioni sul destino e il tempo che scorre inesorabile, oltre ogni onda energetica.

Partiamo dal rapporto con il tuo pubblico, i live in giro per l’Italia ripresi a seguito del periodo covid sono tutti sold out; Come riesci a trasmettere questa forte carica di energia che ti caratterizza?

«Ah questa è una bella domanda, vuol dire che hai seguito e mi hai ascoltato cantare. Non c’è un segreto in realtà, è come una magia, se ci pensi sono cresciuto sul palco insieme a voi ragazzi, che mi seguite ed apprezzate. Quello che abbiamo realizzato negli anni io e l’ammiraglio Max Longhi che ha prodotto e scritto insieme a me tutte le sigle che canto e più di 50 sigle per Cristina D’Avena ha qualcosa di unico ed inspiegabile. Salire sul palco ed esibirmi è la mia natura. Non riesco ad immaginare un habitat diverso. Mi sono sempre sentito a mio agio con il pubblico, mi viene naturale sorridere e muovermi come se fossi un supereroe».

Per tutti tu sei “Il Capitano” e Max Longhi “L’ammiraglio Max”…

«L’empatia che c’è tra me e il pubblico è veramente molto spontanea e questo rapporto speciale è maturato, cresce sempre di più ed io ne sono onorato. Mi chiamano “Capitano” e io non posso che restituire tutto l’amore, l’affetto e l’energia che mi regala il pubblico».

Come ci si prepara ad un live?

«In questi anni ci siamo migliorati. Max dirige un po’ tutto quello che è il lato tecnico e spettacolare. Pondera  le luci e le grafiche, che devono essere sempre al top, ed io cerco di allenare al meglio la voce ed il fisico per poter essere sempre informa».

Ovviamente protagonista assolute sono le sigle dei cartoni animati che hai rivisitato in chiave unplugged con il tuo ultimo album “The Gold Session”. Com’è nata l’esigenza di vestire questi brani iconici di una dimensione nuova? 

«Ci piaceva indagare un lato emozionale nascosto di questi brani. Tutti i ragazzi che ci seguono ci ripetevano che la nostra musica rappresentava i momenti più belli dalla loro vita e allora siamo andati ancora più al centro, colpendo il cuore dell’ascoltatore con un’interpretazione più profonda e spirituale».

Il mondo in questi anni è profondamente cambiato…

«Si, viviamo un momento storico difficile e la triste occasione della pandemia e del lockdown ci ha recluso a lungo, ci ha cambiato dentro e anche a distanza di due anni risentiamo ancora di quell’esperienza così forte. In quel periodo la mia reazione primaria è stata quella di chiudermi in camera per registrare i vocali dell’album mentre con Max lavoravamo in webcall».

Dalle tue session chitarra e voce sono nati brani che anno assunto delle sonorità inaspettate…

«Le sigle si sono trasformate. Son diventate non soltanto acustiche ma anche alternative come “yu-gi-oh” rivisitato in bossa nova oppure “Conan” che è diventato Smooth Jazz. L’unica sigla non scritta da noi in “The Gold Session” è  “Tigerman” rivista in reggae con gli accordi in minore».

Cosa hanno in comune tutti questi nuovi arrangiamenti?

«Le nuove versioni sono più emozionanti, acustiche. Sono più riflessive ed emotive e forse… anche un po’ mistiche.Ho voluto inserire in maniera visibile anche il nome di Max Longhi.Il merito del successo di questi anni è anche il suo».

Durante i raduni e le fiere di settore dove sei spesso ospite spesso emerge un rapporto con i tuoi fan molto sincero… Cosa significa per te essere “Il Capitano”?

«Per la community sono un po’ come un padre o uno zio a cui chiedere consigli e questo mi onora molto. Quando mi dicono sono cresciuto insieme a te, rispondo che anch’io ho fatto questo percorso insieme a loro».

A proposito di figure paterne, qualche tempo fa hai scritto una dedica ad un personaggio misterioso, un guerriero egiziano di nome Radames….

«Radames era mio padre, la mia bisnonna era appassionata di musica lirica la musica lirica e per questo scelsero per lui il nome del Capitano delle guardie della dell’imperatrice, il comandante degli eserciti. A distanza di anni il pubblico mi ha nominato capitano per puro destino…».

Cosa ricordi di lui?

«Ero molto legato a mio padre, anche se l’ho preso abbastanza presto. Devo a lui la passione per i fumetti e i cartoni animati, i suoi preferiti erano Diabolik, Tex e Topolino».

Dopo molti anni tu hai anche registrato la sigla ufficiale di Diabolik.

«Si, per me è stata una grande responsabilità. Pensa che Diabolik è la sigla preferita di Max ed una che mi emoziona di più cantare in pubblico».

Tu invece, capitano Vanni. che padre sei?

«Sono un padre moderno e spero un punto di riferimento. Mia figlia è messicana e vive in Messico, abbiamo trascorso insieme il periodo natalizio ed ama essere presente durante i miei concerti e poi c’è Lorenzo il più piccolo, ha 18 anni e ha preso un po’ la sua strada musicale e questo mi rende orgoglioso. Ricordo ancora con affetto quando da piccolo durante una vacanza in Salento si mise a cantare in macchina la sigla di yu-gi-oh…Mia figlia invece pur essendo molto appassionata di musica si dedica al cinema e sta ultimando un corso relativo alla fotografia».

Non tutti conoscono i tuoi trascorsi giovanili al Festival di Sanremo…Ti piacerebbe ritornare sul palco dell’Ariston?

«Certo, ho calcato il palco dell’Ariston come frontman del gruppo “Tomato” con il brano “Quello che sento”. Se mi piacerebbe ritornare? assolutamente si, ma non è un’impresa facile. Ci vuole un etichetta che scommette veramente sul progetto e non è facile purtroppo. Pur avendo una forte popolarità e i concerti in sold out trovo il mercato discografico attuale molto complesso, ma mai dire mai».

A te va il merito di essere stato uno dei primi cantanti in Italia ad utilizzare l’autotune e a coniare il famoso genere del “Toon tunz”…

«Max ed io abbiamo realizzato diversi pezzi dance prima di approdare alle sigle dei cartoni animati, ci piaceva la cassa in  quattro e nessuna sigla dei cartoon aveva mai osato proporla. C’era la sigla di Goldrake ma aveva un accennato rolling dance. Noi abbiamo unito la melodia con la dance creando dei ritornelli memorabili così come ci richiedeva la direttrice editoriale di Bim Bum Bam Alessandra Valeri Manera, la nostra produttrice, grandissima direttore capo struttura della fascia ragazzi che faceva che ha composto e che ha scritto la maggior parte dei testi delle sigle… ».

Abbiamo parlato recentemente con il doppiatore Pietro Ubaldi di Alessandra Valeri Manera e della sua mente particolarmente illuminata. Oggi è difficile investire sulla fascia dei ragazzi che è totalmente sparita dai palinsesti delle generaliste. Anche le sigle non si producono più. Come hai reagito a questo cambiamento?

«Beh, sigle praticamente non se ne fanno quasi più , la nostra ultima sigla importante è stata “My Hero accademia”, ma quel settore è stato completamente tagliato per ragioni di costi. Allora abbiamo deciso di realizzarle comunque e di caricarle su YouTube e Spotify con grandi soddisfazioni. Penso a “Dragon Ball super” che ha totalizzato più di 10 milioni di ascolti».

Nella serie animata trasmessa da Mediaset la sigla di “Dragon Ball Super” non è stata trasmessa ed i fan sono insorti…

«Sì, con tutto il gradimento che ci poteva essere per la sigla per la sigla giapponese moltissimi fan si aspettavano la nostra sigla, ma noi l’abbiamo fatta ascoltare lo stesso su Spotify ed è andata benissimo».

Noto una vena polemica…

«No questo non è assolutamente non è un dissing nei confronti della sigla giapponese che tra l’altro non è neanche male, ma la nostra la canzone nostra dedicata a Dragon Ball super ha doppiato di tantissimo le visualizzazioni e gli ascolti rispetto alla sigla originale».

Diciamolo in Italia quando si pensa alla sigla di Dragon Ball non si può non pensare alla tua voce…

«Riprendere un cartoon con una sigla iconica non è facile. Noi ci abbiamo provato con Lupin a partire da quella super criticata con il rapper Moreno passando per il duetto con Alessandra Bordiga ma non posso non amare la versione di Enzo draghi un nostro caro amico che è interprete de “Lupin l’ incorreggibile”».

Il tuo indimenticabile ritornello “What’s my destiny Dragon Ball” invece come è nato?

«In un pomeriggio, mi girava per la testa questo refrain e siamo andati avanti a svilupparlo, è stato diretto ed essenziale, come una scossa di onda energetica».

Sei stato uno dei primi in Italia ad utilizzare l’autotune…direi che ascoltando la musica di oggi hai fatto proseliti…

«La questione è che l’autotune è un effetto molto interessante, dopo Cher è stato sdoganato, anche se qualcuno ha detto che è nato per chi non sa cantare… Non credo che sia questo il suo utilizzo. Semplicemente si tratta di una aggiunta che rende un brano moderno ed attuale. Anche Cristina ha deciso di svecchiare il suo repertorio con questa tecnica e se rapper come Sfera Ebbasta vendono oggi milioni di dischi con l’autotune…un motivo ci sarà. Ne sono assolutamente favorevole».

Oltre alla carriera i cartoon fanno parte della tua vita, lo si scorge dall’arredamento di casa fino ai tatuaggi sul tuo corpo…

«Ho la casa invasa dalle action figures, mentre la passione per i fumetti Anime è nata dopo, iniziando a realizzare le le sigle dei cartoni animati. Non ho mai considerato le sigle come delle canzoni di serie B e sono grato al mio mestiere che mi ha permesso di non invecchiare. Se ci pensi il repertorio dei cartoon tende ad essere più longevo rispetto ad una classica canzonetta pop che spopola per una stagione e poi scompare».

A proposito di tempo che passa tu in quale stagione della vita ti senti di essere?

«In una stagione bella, risolta e finalmente più cauta e consapevole».

Pistola di Lupin alla tempia: qual è il tuo cartoon o fumetto preferito?

«Non riesco ad inviduare un solo personaggio, adoro topolino, Capitan Harlock e Balck Panther se penso all’universo Marvel e poi ovviamente Diabolik che leggeva mio padre».

Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Giorgio Vanni quali sono le tue speranze e le tue paure?

«Sono un perenne ottimista, sogno un Domani sereno dove si comprenda l’importanza di sognare e di inseguire i propri sogni e le proprie ambizioni costruendole nel tempo. Per il futuro ci vuole coraggio, energia e voglia di costruire insieme un mondo migliore».

Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite

 

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Direttore editoriale del portale Domanipress.it Laureato in lettere, specializzato in filologia moderna con esperienza nel settore del giornalismo radiotelevisivo e web si occupa di eventi culturali e marketing. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2010 lavora nel campo della comunicazione e cura svariate produzioni reportistiche nazionali.