Che pasticcio il Met Gala di quest’anno. È passata poco più di una settimana da quelli che “dovrebbero” essere gli Oscar della moda e tutti i risvolti più dolorosi si stanno tratteggiando sempre più nitidamente davanti agli occhi di tutti, un po’ come succede con i traumi. Perché un po’ traumatico è stato, ma andiamo con ordine.
Sul web durante gli ultimi giorni è rimbalzato il commento severo (ma neanche troppo) che quello del 2021 sarà ricordato come uno dei peggiori Met Gala a memoria d’uomo e soprattutto di social, e dare la colpa al coronavirus è una scappatoia che uno spettatore attento questa volta non può concedere.
Per iniziare diciamo che, se il buongiorno si vede dal mattino, gli organizzatori del ballo di quest’anno avrebbero fatto meglio a starsene a letto. Specialmente lo staff dedicato alla selezione e gestione della teoricamente super esclusiva lista di celebrities invitate. Sì perché, già dai primissimi giri di inviti, i pezzi da 90 delle passate edizioni hanno dato forfait l’uno dopo l’altro. Prima fra tutti l’incarnazione della moda newyorkese, Sarah Jessica Parker, che doveva lavorare e proprio non ce l’ha fatta a liberarsi, come anche la superstar Zendaya, apparentemente troppo impegnata a filmare la nuova stagione dell’acclamatissimo “Euphoria” (sorvoleremo sul fatto che tutto il resto del cast della serie fosse invece presente sul red carpet, in molti casi per la primissima volta). Kylie Jenner non si sentiva bene, Harry Styles era in tour, Beyoncé era in vacanza, Lady Gaga aveva impegni a Los Angeles e Taylor Swift stava con il fidanzato in Irlanda.
Blake Lively invece, che è notoriamente una delle punte di diamante dell’evento, non ha nemmeno dichiarato perché non sarebbe venuta. Pare una di quelle pizzate da rimpatriata con gli ex compagni del liceo a cui nessuno vuole andare e quindi improvvisamente tutti devono dare l’acqua ai pesci rossi o si scatena un’epidemia di raffreddore. E dire che fino all’anno scorso avevamo potuto vedere come il fior fior del jet set internazionale smaniasse per presenziare, anche a costo di calcare la scalinata del Metropolitan all’ultimo giorno di gravidanza o con arti ingessati.
Ma nulla di grave, in fondo ogni invitato è sostituibile. Il tema è con chi si decide di sostituirlo. Già, perché se al posto di una Blake Livley viene rifilata una Dixie D’Amelio (piccola pausa per cercare il nome su Google) il pubblico si sente preso in giro come al gioco delle tre carte, e ha pure ragione. Naturalmente sarebbe ingenuo negare o minimizzare il peso digitale e talvolta anche commerciale di TikToker e colleghi, dato che ultimamente alcuni di loro sono stati addirittura scelti come testimonial da importanti brand di lusso, ma non al punto da invadere il Met Gala.
Perché? Perché c’è evento ed evento. Da un lato ci sono i vari MTV Music Awards e Teen Choice Awards (sacrosanti, per carità), dall’altro ci sono kermesse quali il Festival di Cannes, il Met Gala, il Festival di Venezia, che prima di essere eventi mondani sono manifestazioni culturali, nati per premiare i mostri sacri delle arti a livello internazionale. Contesti in cui ci si dovrebbe fermare a riflettere sul motivo ultimo per cui ci si è agghindati e messi in posa, che si tratti di una rassegna cinematografica, o di una mostra d’arte o di un’esposizione di abiti.
La calata degli infuencer è stata da alcuni giustificata come un tentativo di interessare la famigerata Gen Z all’evento (perché Beyoncé non bastava a quanto pare), rinfrescandolo e ringiovanendolo. Eppure, magari, basterebbe smettere di scegliere per la mostra del Metropolitan (e di conseguenza per il Gala, che tradizionalmente vi si allinea) temi triti, scontati e stravisti come “In America: a Lexicon of Fashion”.
L’ennesimo, stanco tentativo di dare lignaggio e retaggio alla moda americana e guarirne il complesso d’inferiorità nei confronti dell’Europa. Che poi già pensare allo stile Born in USA rimanda ad una serie di cliché tremendi, ma imporlo come tema per l’evento glamour notoriamente più stravagante della stagione è terrificante. E infatti. Senza stare a dilungarsi su tutto il sottobosco trash di personaggi minori che hanno dato il meglio di sé e dell’eleganza a stelle a strisce – perché sarebbe come sparare sulla croce rosse e farebbe il loro gioco, ovvero ottenere attenzione – basteranno due flop clamorosi per capire che forse questo Lexicon of Fashion americano non andava scomodato.
La prima è lei, l’unica e sola Jlo, che prima ci ha fatto sognare con il ritorno di fiamma con Ben Affleck e poi ci ha dato gli incubi con un costume di carnevale da sexy cowgirl pronto per un party in confraternita. L’unica cosa da concederle è che effettivamente risulta molto USA. Ralph Lauren ha creato per la diva un ensemble marrone fango con spacco d’ordinanza tenuto insieme da un cinturone di pelle intrecciata in stile far west, un pellicciotto di cani della prateria nero, coordinata bestia morta a mo’ di borsetta e non una ma due maxi collane metalliche al collo. Il tutto completato da cappellaccio alla John Wayne calato sugli occhi perché dai, vuoi non metterlo?
L’altra grande vittima del Met Gala 2021, seppur caduta su un sentiero completamente diverso, non è da meno per caratura: Rihanna. Avrà forse voluto celebrare la passione degli americani per il campeggio, perché la cantante (in pendant con il boyfriend Asap Rocky) si è presentata avvolta in un maxi sacco a pelo nero firmato Balenciaga Couture con tanto di beanie in lana coordinato. Per dare un po’ di luce e prestigio gli stylist ci hanno buttato in mezzo un collier di diamanti, ma il risultato non cambia poi molto. Questo è l’esempio da manuale che conferma l’assioma “non è tanto cosa s’indossa ma chi lo indossa” perché se un outfit del genere l’avesse indossato la subrettina emergente di turno sarebbe stata bandita a vita dal regno di Anna Wintour, mentre RiRi è stata acclamata come pioniera di una moda avanguardista. Triste ma vero.
E a proposito di episodi tristi ma veri, c’è da specificare – questa volta con un reale amaro in bocca – che alcuni look del Met Gala 2021 sono stati oggetto di critiche aspre non solo per la mancanza di stile, ma soprattutto per la mancanza di gusto. Che è molto peggio. In primis, Kim Kardashian. La social mogul si è presentata (o non presentata, ad essere precisi) completamente ricoperta da una aderentissima tuta nera che le copriva ogni centimetro di pelle, compresi testa e viso, e con sopra una maxi t-shirt sempre nera con strascichi. Se il tentativo era quello di cavalcare l’onda del marketing del nuovo album “Donda” appena pubblicato dall’ex (o forse no) marito Kanye West, è fallito miseramente.
L’ensemble non ha solo catalizzato l’ilarità dei social, ma è stato tacciato di insensibilità e stupidità in quanto sfoggiato all’indomani della conquista talebana di Kabul e della strenua lotta delle donne afghane costrette nuovamente a coprirsi con burqa e niqab integrali. Non solo, ma è stato fatto notare da più parti come un look del genere sia considerato come fashion avant-garde se lo indossa una Kardashian, mentre in molti paesi occidentali l’hijab o il burqa sono ancora additati come fuori luogo se non addirittura fuorilegge quando indossati volontariamente da donne musulmane. A proposito di polemiche, anche un’altra celebrità è stata bocciata alla grande, ma questa volta si tratta di un’insospettabile cioè Alexandria Ocasio Cortez – per gli amici e per i suoi sostenitori AOC.
La deputata ha calcato il red carpet del mondanissimo evento newyorkese indossando un abito bianco in seta e tulle creato per l’occasione dalla stilista americana Aurora James, impreziosito sul retro da una fragorosa scritta in vernice rossa che recitava “TAX THE RICH”. Al Met Gala. Tra il gotha di Hollywood. Non è chiaro che reazione si aspettasse AOC, sicuramente non si immaginava che quella dei colleghi democratici sarebbe stata molto più dura e tranchant di quella dei repubblicani. La Ocasio, che si batte da sempre e giustamente per una patrimoniale che colpisca i paperoni e che ha sempre rivendicato con orgoglio le proprie umili origini del Bronx, si è giustificata dicendo che l’intento era quello di sbattere il messaggio direttamente in faccia all’élite che vorrebbe tassare. Fa acqua persino a scriverlo. Di certo non l’ha aiutata il fatto che una delle società fondate dalla sopraccitata Aurora James sia stata accusata pochi giorni fa dal New York Post di aver evaso il fisco per alcune decine di migliaia di dollari. Ahia.
Insomma, il Met Gala 2021 è stato un patchwork di scivoloni più o meno prevedibili e più o meno gravi, potenzialmente sintomatico dell’imminente tramonto di quello che, polemiche a parte, rimane l’evento di moda più ammirato in assoluto. Sarebbe un vero peccato vederlo soccombere a causa del nuovo Lexicon della “celebrità” americana.
Fiorenza Sparatore