Dopo l’intenso romanzo d’esordio Prima che torni la pioggia, ispirato alla sua esperienza di soldato in Afghanistan e Iraq e paragonato dal New York Times ai romanzi di Hemingway per la sua forza lirica ed esistenziale, Elliot Ackerman torna con una storia che pone importanti interrogativi sulla guerra e i suoi mille volti. Una delicata ricerca sul significato della perdita e delle seconde possibilità, ma soprattutto un romanzo sulla fede e sul perché abbiamo un disperato bisogno di credere in qualcosa.
Protagonista de Il buio al crocevia è Haris Abadi. Per metà americano e per metà arabo, Haris è un uomo con un passato difficile alla ricerca di una causa da sposare. Giunto al confine tra Siria e Turchia con l’intenzione di unirsi alla guerra contro il regime di Bashar al-Assad, Haris viene rapito e tenuto sotto custodia da un carismatico rifugiato siriano che recluta e addestra combattenti rivoluzionari. La prigionia sarà l’occasione per conoscere Daphne, la bellissima e raffinata moglie di Amir, dilaniata dal dolore di non poter tornare a casa in Siria. Il loro legame crescerà insieme a una sempre più forte consapevolezza di Haris sulla sua vita e le sue decisioni – È davvero un combattente rivoluzionario o è solo un idealista? E questa vita di frustrazione e dolore che ha scelto ha realmente quel senso profondo che si ostina a dargli? – fino all’idea di attraversare il confine tramite l’ISIS stesso, qui conosciuto con il suo nome arabo Daesh.
Forte e quanto mai attuale, Il buio al crocevia è un romanzo che scava a fondo in una delle piaghe più dolorose degli ultimi anni, provando a raccontare la guerra civile siriana da una prospettiva nuova, quella di chi ha lasciato tutto per unirsi a una causa così disperata.