«Sanremo non è solo una gara canora, è la colonna sonora delle nostre vite. Racconta l’Italia meglio di qualsiasi libro di storia, perché dentro ogni edizione ci sono i sogni, le delusioni e le rinascite di un intero Paese.»

Marino Bartoletti è la memoria storica del Festival di Sanremo, la sua scatola nera. Nessuno conosce il Festival come lui: ogni canzone, ogni artista, ogni colpo di scena è impresso nella sua mente con la lucidità di chi ha vissuto e raccontato questa kermesse per decenni. Giornalista, scrittore, conduttore e autentico custode della storia della musica italiana, Bartoletti ha trasformato la sua passione in un patrimonio condiviso.

Dalla sua carriera iniziata nel 1968 con “Il Resto del Carlino” alle collaborazioni con il “Guerin Sportivo”, fino alle esperienze televisive che lo hanno reso un volto amato dal pubblico, il suo nome è sinonimo di competenza e autorevolezza. Ma è con l’”Almanacco del Festival di Sanremo” che ha realizzato l’opera definitiva sulla storia della manifestazione, un archivio prezioso che ripercorre tutte le edizioni dal 1951 fino a oggi, tra curiosità, retroscena e indimenticabili momenti di spettacolo.

Oltre al suo lavoro giornalistico, Bartoletti ha intrapreso una prolifica carriera letteraria, dando vita a una serie di romanzi che intrecciano musica, sport e storie di vita. La sua trilogia, composta da “La cena degli dei” (2020), “Il ritorno degli dei” (2021) e “La discesa degli dei” (2022), edita da Gallucci Editore, ha riscosso grande successo tra i lettori. In queste opere, Bartoletti immagina un aldilà popolato da leggende dello sport e della musica, offrendo un affresco affascinante e nostalgico delle icone che hanno segnato la nostra cultura.

Nel suo ultimo romanzo, “Il Festival degli Dei”, pubblicato nel 2024, Bartoletti compie un viaggio straordinario: immagina un Sanremo ultraterreno in cui grandi artisti del passato, da Domenico Modugno a Mia Martini, da Enzo Jannacci a Lucio Dalla, tornano su un palco celestiale per un’ultima, iconica esibizione. Un romanzo che è un atto d’amore verso la musica italiana e i suoi protagonisti immortali.

Abbiamo incontrato Marino  Bartoletti nel Salotto Digitale di Domanipress per esplorare il porta dietro le quinte della sua esperienza, tra aneddoti, riflessioni sul Festival di Sanremo che continua a emozionare generazioni di italiani.

 Marino, come nasce la tua passione per il Festival di Sanremo?

«La mia passione per il Festival di Sanremo nasce da lontano, fin da quando ero bambino. Ricordo che ascoltavo le canzoni alla radio con la mia famiglia e rimanevo affascinato da quelle melodie e dalle storie che raccontavano. Crescendo, ho avuto l’opportunità di seguire il Festival da vicino come giornalista, approfondendo sempre di più la sua storia e le sue dinamiche.»

 Qual è stata l’edizione del Festival che ti ha colpito di più e perché?

«Ogni Festival ha la sua particolarità e il suo fascino. Tuttavia, l’edizione del 1984 mi è rimasta particolarmente nella mente Fu l’anno in cui Eros Ramazzotti vinse nella categoria Nuove Proposte con “Terra promessa”. Ricordo l’emozione di quel momento e la consapevolezza di assistere alla nascita di una stella della musica italiana e poi non posso dimenticare “Volare” di Domenico Modugno, un maestro ineguagliabile.Ha aperto le braccia e ci ha fatto sognare»

Hai pubblicato da pochi giorni “Il Festival degli Dei”, un romanzo che immagina un Sanremo ultraterreno con protagonisti artisti indimenticabili. Da dove nasce questa idea?

«Tutto parte da una domanda che mi accompagna da sempre: ci sarà un luogo – con la “L” maiuscola – in cui i grandi campioni dello sport, della musica e dello spettacolo si ritrovano? Un Altrove – con la “A” maiuscola – dove il loro talento, la loro umanità e la loro follia continuano a esistere?Questa riflessione mi ha portato, quattro anni fa, a scrivere “La cena degli Dei”. All’epoca pensavo fosse un libro unico, ma poi sono arrivati altri quattro volumi: “Il ritorno degli Dei”, “La discesa degli Dei”, “La partita degli Dei” e ora “Il Festival degli Dei”. Un po’ come la saga di Harry Potter, ma con protagonisti reali, che fanno parte della nostra memoria collettiva.»

Questa volta però hai immaginato un Sanremo eccezionale…

«In questo libro, il paradiso diventa un palcoscenico straordinario. Pensate a Claudio Villa, Domenico Modugno, Mia Martini, Rino Gaetano, Lucio Dalla, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Mango, Alex Baroni, Milva e tanti altri che si ritrovano per partecipare a un festival unico nel suo genere. Ognuno con il suo carattere, il suo rapporto con Sanremo, le sue ferite e i suoi trionfi.

Nel tuo romanzo emerge come ogni artista abbia un rapporto personale e a volte complesso con il Festival di Sanremo. Alcuni lo abbracciano con entusiasmo, altri lo rifiutano. Come mai?

«Sanremo è sempre stato un evento totalizzante. C’è stato un periodo in cui non si poteva dirgli di no: era il campionato assoluto della musica italiana. E infatti ha visto esibirsi i più grandi nomi della nostra canzone.Ma non tutti l’hanno vissuto allo stesso modo. Alcuni, come Modugno o Mino Reitano, lo hanno sempre amato e atteso con gioia. Altri, invece, hanno subito ferite profonde: pensiamo a Umberto Bindi, discriminato per la sua omosessualità, o a Mia Martini, ingiustamente emarginata per superstizioni insensate. O ancora a Luigi Tenco, la cui tragica scomparsa ha segnato per sempre la storia del festival.»

Tutto diventa un punto di partenza per il racconto e la condivisione di storie umane oltre che artistiche…

«Nel mio libro, queste anime ritrovano Sanremo in una dimensione diversa, fatta di confronto, di riscatto e, in alcuni casi, di rivincita. Per esempio, Gaber e Jannacci, che in vita hanno sempre mantenuto una certa distanza dal festival, qui accettano di partecipare, ma solo con una condizione: poter cantare insieme. E, vi anticipo, arriveranno fino in semifinale!.»

Sanremo e la contemporaneità: cosa deve restare e cosa deve cambiare?

«Sanremo ha attraversato tante fasi, alcune più brillanti, altre meno. Ma negli ultimi cinque anni, sotto la guida di Amadeus, ha vissuto un incredibile rilancio. Ha saputo valorizzare le nuove generazioni, riportando al centro la musica contemporanea senza perdere il legame con la tradizione.»

Qual è il tuo giudizio sulla direzione di Carlo Conti?

«Carlo Conti è la persona giusta per continuare questo percorso. Ha esperienza, sensibilità e quel “fiuto radiofonico” che gli permette di intercettare le tendenze musicali. Sanremo deve restare una vetrina per i talenti emergenti, ma senza dimenticare il valore della melodia e della scrittura. La sfida è mantenere un equilibrio tra novità e classicità, tra giovani e veterani.»

Il Festival è ancora lo specchio dell’Italia?

«Si, e non dobbiamo dimenticare che Sanremo ha sempre anticipato i tempi. Nel 1958, Modugno con “Volare” ha rivoluzionato la musica italiana. Nel 2021, i Måneskin hanno riportato il rock italiano nel mondo. Il festival è un laboratorio di innovazione e il suo futuro dipenderà dalla capacità di interpretare il cambiamento senza snaturarsi.»

Come reputi l’evoluzione degli ultimi anni?

« Il Festival di Sanremo ha saputo rinnovarsi nel corso degli anni, adattandosi ai cambiamenti della società e del panorama musicale. Negli ultimi anni ho notato una maggiore apertura verso generi musicali diversi e una valorizzazione dei giovani talenti. Questo ha permesso al Festival di rimanere rilevante e di continuare a essere un punto di riferimento per la musica italiana.

C’è un artista o una canzone del Festival che ritieni sia stato particolarmente sottovalutato?

«Sì, ce ne sono diversi. Ad esempio, nel 1983, Vasco Rossi partecipò con “Vita spericolata”, una canzone che all’epoca non ebbe un grande riscontro al Festival, classificandosi penultima. Tuttavia, quella canzone divenne poi un inno generazionale e Vasco Rossi uno dei più grandi artisti della musica italiana. È un esempio di come il successo immediato al Festival non sempre corrisponda al valore artistico di una canzone.»

Ogni anno ci si interroga sull’utilità delle giurie…

«Sanremo è così appassionante anche perchè è una gara. Anche nello sport la competizione accende l’interesse e anima i dibattiti. Credo sia uno degli aspetti più importanti.»

La passione per la musica e quello per lo sport per te sono sempre andati di pari passo…Cosa accomuna questi universi differenti?

«Lo sport e la musica sono due grandi passioni della mia vita. Ho sempre visto delle analogie tra questi due mondi: entrambi richiedono dedizione, talento e raccontano storie di sacrificio e successo. Nel mio romanzo precedente “La discesa degli dei” ho voluto esplorare queste connessioni, raccontando storie di personaggi che, pur provenendo da ambiti diversi, condividono emozioni e sfide simili. Si tratta di esempi di sacrificio, talento e determinazione.»

Nei tuoi libri c’è sempre un forte legame con l’aldilà, un ponte tra vita e memoria. Hai vissuto esperienze personali che ti hanno portato a riflettere su questo tema. Come immagini il tuo paradiso?

«Scrivere di paradiso mi ha fatto pensare che, in fondo, potrebbe davvero esistere. L’idea che le persone che abbiamo amato siano da qualche parte, nel massimo della loro espressione e vitalità, è un pensiero che mi accompagna e che mi dà conforto.»

Nel tuo trascorso hai subito una perdita importante…quella di tua moglie Carla Brunelli scomparsa a causa di un incidente domestico (azionò per errore un cancello automatico rimanendo schiacciata tra esso e il muro circostante NDR)

«Dopo la scomparsa di mia moglie, ho sentito ancora più forte questo legame con l’invisibile. Immagino un luogo dove si possano ritrovare gli affetti perduti, un posto in cui la musica non smette mai di suonare, in cui si può continuare a dialogare con chi ci ha lasciato. Forse è solo una suggestione, ma credo che valga la pena di tenerla viva.»

Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Marino Bartoletti quali sono le tue speranze e le tue paure?

«Tra qualche mese compirò 76 anni, uno in più del Festival di Sanremo. Ma ho capito che il miglior antidoto alla paura del tempo che passa è continuare a sognare e a progettare. Il mio Domani è fatto di nuove idee, di nuovi racconti, di libri ancora da scrivere. La mia speranza è che il futuro sia un luogo in cui la musica continui a emozionarci, in cui la cultura sia ancora un faro e in cui le nuove generazioni sappiano custodire e rinnovare il nostro patrimonio artistico.E poi, se esiste davvero un Paradiso, spero che abbia un buon impianto audio: perché là sopra ci sono delle voci straordinarie che meritano di essere ascoltate per sempre.»

Intervista esclusiva a cura di Simone Intermite

 

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Direttore editoriale del portale Domanipress.it Laureato in lettere, specializzato in filologia moderna con esperienza nel settore del giornalismo radiotelevisivo e web si occupa di eventi culturali e marketing. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2010 lavora nel campo della comunicazione e cura svariate produzioni reportistiche nazionali.