“La mia è una passione per il mistero, per l’indagine, per le storie che raccontano le nostre paure reali e recondite attraverso l’utilizzo di parole.” Quando parla dell’indagine del lato oscuro dell’essere umano Carlo Lucarelli è a fuoco, come una lente che analizza con freddezza e puntualità la realtà contingente, facendoci apparire visibile ciò che solitamente resta nascosto. Non a caso il poliedrico conduttore dello storico format tv “Blu notte” è senza dubbio uno dei più noti e celebrati autori italiani contemporanei, un maestro capace di plasmare il brivido letterario e di incantare il pubblico con il suo innato talento narrativo. Nato a Parma il 26 ottobre 1960, Carlo ha intrapreso un viaggio straordinario nel mondo della scrittura, conquistando una posizione di spicco nel panorama letterario ed inanellando una serie di successi e riconoscimenti. La sua carriera letteraria è un trionfo di versatilità, spaziando tra una vasta gamma di generi, dal romanzo giallo alla narrativa storica, dal noir al thriller psicologico. L’autore ha fatto il suo debutto letterario con “Carta Bianca” nel 1990, presentando al mondo il Commissario De Luca, uno dei personaggi più affascinanti dell’intero panorama letterario italiano. Questo romanzo ha segnato l’inizio di una serie di opere che hanno incantato il pubblico, posizionando Carlo Lucarelli come uno dei maestri del romanzo storico in Italia. Ma la sua influenza non si limita solo alla pagina scritta. Carlo è anche noto per la sua presenza in tv, dove ha condotto programmi dedicati a misteri irrisolti e casi di cronaca nera, portando il suo innato senso dell’indagine direttamente nelle case degli spettatori. In questa Intervista Esclusiva nel Salotto Digitale di Domanipress, abbiamo avuto il privilegio di immergerci nell’universo creativo di Carlo Lucarelli, esplorando le sue opere più recenti, il suo approccio alla scrittura e la sua visione unica del mondo letterario alla scoperta dei segreti del lato oscuro che alberga in ognuno di noi.
La tua è una carriera è davvero molto brillante, ti sei distinto come scrittore, autore televisivo e curatore di diverse fiction senza dimenticare anche i podcast digitale. Ti sei dedicato da sempre sull’indagine delle nostre paure reali e recondite attraverso il racconto di storie. Com’ è nata questa passione?
«È nata leggendo, come succede a tutti i lettori che poi magari diventano narratori. Mia madre era una lettrice appassionata, leggeva molti libri e ogni tanto me ne passava qualcuno che le era piaciuto, senza dirmi se era un giallo, un romanzo d’amore o un classico. Mi diceva solo: “Guarda, secondo me, forse ti può piacere. Dimmi cosa ne pensi.” Mi sono accorto dopo un po’ che mi piacevano i romanzi che raccontavano storie, che raccontavano di un mistero e non lo svelavano subito. Questa è la tecnica del romanzo giallo, e mi sono appassionato subito al mistero. Mi è piaciuto provare a raccontarlo anch’io, a mio modo».
Ora sei in libreria con “In Compagnia del Lupo”, una raccolta di fiabe note rilette sotto un’altra luce che cerca di interfacciarsi con i punti salienti dei vari serial killer. Come si legano gli aspetti legati all’infanzia alle paure che portiamo dentro di noi?
«Le favole sono molto più complesse di quanto crediamo. Quando diciamo “favola,” pensiamo a una storia per bambini, ma in realtà sono opere letterarie molto belle che raccontano molte cose, soprattutto le nostre paure. C’è la metà oscura, il mistero, il misterioso al di là di quello che raccontano in forma fantastica con l’inizio “C’era una volta.” In realtà, molte volte sono storie vere, paure effettive che noi abbiamo. Le favole servono a capirle, a familiarizzare con esse in modo che diventino una favola e possiamo affrontarle meglio. Le favole raccontano sempre qualcosa, e le illustrazioni nel mio libro servono a raccontare quelle verità».
In questo senso la favola diventa una palestra per affrontare la realtà…
«Ci sono molte storie vere nelle favole. Penso alle ragazze murate, la principessa intrappolata nel castello, Cappuccetto Rosso. La sparizione di tanti bambini ha una doppia lettura. Le illustrazioni del libro sono state scelte attentamente per supportare il testo. Le favole raccontano cose vere, e molti avvenimenti che sembrano favole sono storie vere, come la storia di Rapunzel, in cui le donne venivano nascoste e murate in torri. Le favole sono più complesse di quanto sembri. Le illustrazioni ci portano in un mondo fantastico che è anche mentale, una suggestione visiva che va oltre la lettura di un romanzo.
Nelle tue storie c’è sempre un serial killer, e spesso c’è una descrizione minuziosa dei personaggi e un dietro le quinte che ci fa scoprire il motivo per cui il killer è diventato tale. Questo percorso spesso affonda le radici nell’infanzia. Puoi spiegarci come vedi questo processo di creazione del “mostro”?
«Il “mostro” non è mai lo stesso, non appartiene a una categoria specifica come i lupi mannari, gli orchi o i vampiri. Il “mostro” è una persona che facciamo diventare tale perché fa cose che ci spaventano e che sono al di fuori della norma. Queste persone hanno problemi, diventano soggetti dei nostri libri e diventano assassini. È come diceva Patricia Highsmith, sono persone normalissime che a un certo punto si ritrovano a fare cose terribili, spinte da qualcosa dentro di loro. Non è innato, ma è una violenza dell’uomo che esiste da sempre. Siamo in grado di scegliere, di essere persone di cultura e di sentimento, quindi possiamo diventare cattivi perché lo vogliamo o resistere alla nostra natura violenta. Non esiste una risposta definitiva su cosa fa diventare una persona un “mostro.”».
Qual è l’antidoto per evitare di diventare inumani o barbari? Come possiamo affrontare questa natura umana cosi feroce?
«L’antidoto è l’informazione. Dobbiamo essere informati, conoscere ciò che sta accadendo e riflettere su di esso. La paura è positiva, è una forma di conoscenza. Se sappiamo come reagire alla paura, possiamo capirla e affrontarla meglio. Le favole servono proprio a questo, a farci familiarizzare con le paure per poterle affrontare. La paura ci spinge a cercare, a capire. Per affrontare le paure, dobbiamo guardare in faccia la realtà, essere informati, e riflettere su ciò che vediamo».
Parlando dei tuoi personaggi, hai creato figure indimenticabili come De Luca, Coliandro e Grazia Negro. Qual è il personaggio con cui ti senti più vicino nelle tue indagini della realtà?
«Non vorrei indagare come Coliandro, perché come dice lui, sta fermo a prendere cazzotti finché il mistero si risolve, e di solito non è nemmeno merito suo. Ma è attaccato a questa cosa. Mi interessa molto il commissario De Luca perché rappresenta un certo modo di essere italiani, la sua indagine non riguarda solo il delitto ma come reagisce a ciò che sta accadendo nel mondo. Mi incuriosisce Grazia perché va dentro alle cose, anche se c’è una cosa che me la rende antipatica: non le interessa capire, vuole solo prendere i “mostri.” Ma è giusto, è il suo mestiere, e lo fa bene. Mi piace come investigatrice. Chiunque io scriva, cerco di capirlo, di entrare nella sua pelle, quindi ognuno ha il suo fascino».
Nel tuo ultimo romanzo, “Bell abissina. Un indagine del commissario Marino” hai condotto un’indagine molto attenta sul contesto storico. Come valuti il ruolo dell’indagine storica nella tua scrittura e quanto è importante per te esplorare la memoria storica?
«La precisione storica è essenziale quando si scrivono romanzi storici. Devi conoscere i dettagli storici giusti e avere una visione accurata dell’epoca. Una delle sfide più difficili nella scrittura di romanzi storici è che tu sai cosa è successo dopo, ma il tuo personaggio no. Il mio commissario De Luca vive in un mondo di guerra, fascismo e dopoguerra, e mi interessa come reagisce a ciò che sta accadendo. Ci sono molte contraddizioni nel passato, soprattutto in periodi storici come il fascismo o la colonizzazione, che possono essere ricchi di spunti per la narrazione».
Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Carlo Lucarelli, quali sono le tue speranze e le tue paure
«Io vedo un Domani luminoso e positivo. Sono ottimista, ma non perché credo che sarò bravo a fare le cose che devo fare, ma perché credo che le future generazioni saranno brave a fare ciò che serve. Il futuro sarà migliore grazie alle mie figlie e alle nuove generazioni. Spero che il futuro sia un luogo migliore per tutti».
Intervista Esclusiva a cura di Simone Intermite