L’Europa? Un miracolo della storia, un’utopia realizzata, un tesoro inestimabile che, tra rivoluzioni e capolavori, ha acceso il fuoco della civiltà. Parola di Roberto Benigni, che nel suo spettacolo Il Sogno, in diretta su Rai1, ha regalato un’ode appassionata al Vecchio Continente, rivendicando con orgoglio il patrimonio comune che ha fatto del più piccolo dei continenti il centro pulsante del pensiero umano.
“Ne abbiamo fatte di cose belle noi europei, c’è da esserne fieri!”, ha esclamato con la sua consueta enfasi. “Abbiamo inventato la logica, la ragione, il dubbio. Abbiamo dato al mondo la libertà, la democrazia, il teatro, lo sport, la chimica moderna, la coscienza di classe. Abbiamo spaccato l’atomo e dipinto la Sistina. L’Europa è la più grande rivoluzione della storia!”
E se oggi possiamo parlare di Unione Europea, lo dobbiamo a tre uomini visionari che, nel 1941, mentre tutto intorno crollava sotto il peso della guerra, immaginarono un futuro diverso. Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, i padri del Manifesto di Ventotene, sono per Benigni “eroi della nostra storia”, pionieri di un’idea straordinaria: l’Europa unita.
“Sono un europeista estremista!” ha dichiarato con convinzione. “L’Unione Europea è la più grande istituzione degli ultimi 5000 anni, un evento senza precedenti: è la prima volta che Stati sovrani scelgono di unirsi pacificamente. Un colpo di scena della storia, una rivoluzione silenziosa che può cambiare il mondo.”
Nel suo monologo, il premio Oscar ha evocato anche Alcide De Gasperi, definendolo “il più grande Presidente del Consiglio che abbiamo avuto” e ricordando che l’Europa “non è una cosa fredda, burocratica, distante, ma qualcosa di caldo, vicino, pieno di passione e amore”. Non a caso, il suo inno è l’Inno alla gioia di Beethoven.
Ma Benigni non sarebbe Benigni senza una spruzzata di ironia. Ha aperto la serata con il suo proverbiale entusiasmo: “Siamo dappertutto! Rai1, Radio2, Raiplay, Eurovisione… anche nel forno a microonde, se lo accendete!”, mandando poi un affettuoso saluto al Presidente della Repubblica e a Papa Francesco, con l’augurio di pronta guarigione: “Che Papa meraviglioso che abbiamo!”
E poi il colpo da maestro: una stoccata tutta da ridere sul gossip del momento. “Mi ha chiamato Meloni per smentire: non è vero, tra me e Musk non c’è niente. Lo giuro sulla mia Tesla!”. Un riferimento esilarante alle voci di un presunto feeling tra la premier e il patron di Tesla, rilanciate dallo stesso Benigni durante il Festival di Sanremo.
Ma il messaggio più forte arriva nel finale: attenzione al nazionalismo. “Basta che spuntino problemi perché torni a risorgere, e nella storia ha causato milioni di morti. È un’integralismo, una malattia che si maschera da patriottismo. Ma non confondiamolo mai. Io amo l’Italia come mia madre, ma il nazionalismo odia il mondo.” E quando questo accade, avverte il regista de La vita è bella, “la pace è in pericolo”.
Uno show che è molto più di un monologo: è una dichiarazione d’amore all’Europa e alla sua promessa di futuro. Perché, come dice Benigni, “l’Europa unita è l’unica utopia ragionevole”.