Il Festival dello Spettacolo si è chiuso con un’icona assoluta della musica italiana: Renato Zero, accolto dal pubblico con un coro sulle note de I migliori anni della nostra vita. A introdurlo sul palco è stato Aldo Vitali, direttore di Tv Sorrisi e Canzoni, che gli ha consegnato il Telegatto in segno di celebrazione.
Nel suo talk, Zero ha intrecciato riflessioni intime e impegno civile, alternando ironia e profondità: «Ho sperato che si capisse che esprimersi con libertà è un modo autentico per distinguersi. Non siamo bestie, ma esseri umani, ciascuno con un proprio mandato e un obiettivo. Arrivare a questa età e comprendere quante emozioni ci siamo procurati lungo il percorso, è un regalo enorme».
Non sono mancati i riferimenti alle difficoltà affrontate: «Ho conosciuto le invidie, come quando chiusero il tendone di Zerolandia, che era un luogo di condivisione. Ma dobbiamo continuare a parlare di libertà. Io continuerò a cantare per le realtà delle minoranze».
Poi, un passaggio ancora più intimo e commosso: «Questo è uno dei momenti più belli e più riusciti della mia carriera, ma lo dico nonostante la mia confusione interiore, quella difficoltà a non voler cedere in un momento così grave. Dovevo esserci. Per voi, per me, per i nostri figli, per i nipoti, per le generazioni che verranno. Ed è proprio per questo che ho scritto un disco che vuole essere un messaggio di pace, che sprona a resistere e a non arrendersi».
Il suo sguardo si è fatto poi simbolico, attraverso l’immagine dello specchio: «Non usiamolo solo per ridere, truccarci o scoprire una ruga. Lo specchio a volte sogghigna e ci chiede: ma dove vai? Quando siamo di fronte a chi pensa che con un altro naso troverà l’amore… No, siamo tutti nati belli. La vera bellezza è quella interiore. Quando sei vecchio dentro, gli amici ti lasciano».
E non sono mancate riflessioni sugli errori: «Nella mia vita ho fatto dei piccoli errori, ma ciò che conta è salvarsi, non ripeterli e capire la loro natura, il perché li abbiamo permessi nelle nostre scelte. Gli errori non devono diventare un marchio, ma possono trasformarsi in un gancio di condivisione con chi ne ha commessi di simili. Per questo ci si sposa: per condividere anche gli errori».
Il messaggio si è fatto ancora più diretto: «Torniamo in piazza a manifestare, anche contro chi porta avanti proteste violente. Torniamo a rivendicare la nostra libertà». E con la sua consueta ironia, Zero ha alleggerito i toni: «Non posso piangere perché sono truccato: si vedrebbe il nero che cola. Giocate coi generi, non abbiate paura. Conoscete voi stessi, non serve andare dall’analista».
Infine, uno sguardo alla musica e al suo nuovo album: «Devo ringraziare tanti colleghi stranieri che mi hanno ispirato, da Bob Marley a Elton John. Avevo pensato a un disco di cover, ma le guerre mi hanno spinto a scrivere brani che potessero esorcizzare una paura».
Con la sua presenza magnetica, Renato Zero ha chiuso il Festival dello Spettacolo con un messaggio potente: la musica come rito collettivo, come cura e come libertà.




