Recensione: Annalisa, “Ma io sono fuoco”: il pop che arde, ma con misura

Con il nuovo album Ma io sono fuoco Annalisa prosegue la sua scalata come popstar di riferimento in Italia, forte di una maturità artistica che oggi la rende più consapevole e determinata che mai. È un album che unisce forza e leggerezza, capace di alternare hit uptempo a momenti più intimi e riflessivi, senza prendersi il rischio di rompere davvero gli schemi ma rientrando in uno stile proprio dove essere pienamente a fuoco.

Una mappa di emozioni

Il disco si configura come una geografia emotiva, più che un concept lineare: ogni brano incarna una sfumatura diversa del fuoco – rabbia, malinconia, ironia, desiderio di rinascita. In questo Annalisa convince, perché racconta se stessa senza filtri e con una voce limpida, mai sopra le righe. Tuttavia, la costruzione è talvolta troppo calibrata: si sente il desiderio di colpire al primo ascolto, a scapito di quella fragilità che avrebbe potuto renderlo più sorprendente.

Produzione: solidità senza sbavature

La mano di Davide Simonetta e Paolo Antonacci si sente forte: synth anni ’80, beat elettronici levigati, arrangiamenti curatissimi. È una produzione che rende l’album competitivo sul piano internazionale, ma che a volte rischia l’eccesso di perfezione. La spontaneità si sacrifica sull’altare della precisione, e il fuoco diventa più scenografia che incendio reale.

I vertici

  • “Dipende” è un’apertura travolgente, passionale e magnetica, perfetta come manifesto dell’album.
  • “Piazza San Marco” (feat. Marco Mengoni) regala uno dei momenti più sinceri e intensi, malinconico ma potente. Marco Mengoni è la garanzia assoluta.
  • “Esibizionista” è il lato ironico e pungente di Annalisa, pop che diverte e resta in testa. Una sicura hit radiofonica che farà ballare i palazzetti.
  • “Io sono” vibra di identità e autoaffermazione: il brano che più di tutti restituisce la cifra della sua nuova fase artistica.
  • “Amica” e l’Outro “Una tigre sul letto continua a parlarmi” chiudono con profondità, lasciando un segno emotivo forte.

I passi meno convincenti

“Emanuela” gioca con un immaginario già noto, risultando derivativa, mentre “Maschio”, pur fortissimo come singolo, appare ormai logorato dall’overplay e toglie un po’ di freschezza al contesto. Anche “Avvelenata” convince solo a metà: buone idee testuali, ma meno incisiva nella resa finale.

L’estetica come cornice

Non solo musica: Annalisa cura con attenzione l’intero immaginario visivo del progetto, dai video alla cover. Un’estetica coerente e precisa, che amplia l’ascolto trasformandolo in esperienza immersiva. È un punto di forza che consolida il suo status di artista completa, capace di fondere immagine e suono in un unico linguaggio.

Verdetto

Ma io sono fuoco è un album solido, coerente e ricco di spunti, che conferma Annalisa come la popstar italiana più credibile del momento, sicuramente anche superiore ad alcune produzioni blasonate d’altroceano. Non è un lavoro rivoluzionario, e proprio nella sua ricerca di perfezione rischia a tratti di essere troppo controllato. Ma resta un disco che brucia al punto giusto, regalando canzoni, e molte bombe da hit, destinate a brillare che restano appiccicate già dal primo ascolto. Non un fuoco di paglia ma un falò luminoso e sensuale.

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Stefano Germano, laureato presso l'IULM, è un appassionato di TV e cultura moderna e new media è sempre alla ricerca delle storie più intriganti e delle tendenze culturali del momento.