Nella cornice eterna del Teatro Romano di Benevento, mentre il cielo si tingeva d’oro e i riflettori accarezzavano pietre millenarie, il Premio Strega 2025 ha svelato la sua cinquina finalista. Poche sorprese, molti ritorni, una sola – sorprendente – deviazione dal copione: Michele Ruol, l’outsider che non t’aspetti.
A guidare la classifica, come da pronostico, è Andrea Bajani, che con L’anniversario (Feltrinelli) ha conquistato ben 280 voti. Uno stile limpido, una voce ormai solida nel panorama letterario, un romanzo che parla d’amore e di memoria, di legami invisibili e anniversari che sanno di resa dei conti. Bajani è il grande favorito, e Feltrinelli – che non vince dallo storico trionfo di Maurizio Maggiani nel 2005 – fiuta finalmente l’aria di rivincita.
Alle sue spalle, Nadia Terranova, con Quello che so di te (Guanda) – 226 voti – ritorna nella cinquina dopo il successo del 2019. La scrittrice messinese conferma la sua abilità nel muoversi tra le pieghe della psiche e quelle della famiglia, raccontando il dolore con una voce che non grida, ma resta.
Terza, con 205 voti, Elisabetta Rasy: il suo Perduto è questo mare (Rizzoli) è un diario intimo e struggente, un’ode al femminile che attraversa la storia. La sua presenza è una sorta di rivincita letteraria: era finalista nel 1995, ma stavolta, a 30 anni esatti di distanza, sembra avere tutta l’intenzione di prendersi ciò che le è mancato allora.
A seguire, con 180 voti a testa, ci sono due nomi diversissimi: Paolo Nori, con Chiudo la porta e urlo (Mondadori), che prosegue la sua personale narrazione ironica e disarmata del vivere, e Michele Ruol, medico anestesista di professione, scrittore di racconti e testi per il teatro, alla sua prima prova con un romanzo: Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa).
Ed è qui che il cuore si ferma. Perché Ruol è la sorpresa autentica di questa edizione. Ha 39 anni, nessun passato accademico nell’editoria, e arriva da una piccola casa editrice che ha creduto nel suo talento prima di chiunque altro. Il suo romanzo, che racconta la resilienza dopo il disastro, è una riflessione struggente e quasi poetica sulla perdita, sulla natura, sull’impossibilità di tornare indietro.
I grandi editori – Mondadori, Rizzoli e Feltrinelli – fanno la parte del leone, con Guanda a tenere alta la bandiera del medio formato e TerraRossa a dimostrare che la vera letteratura può sbocciare anche lontano dai riflettori. Il grande escluso è Einaudi, che resta fuori dalla cinquina e vede sfumare la possibilità di un bis dopo la vittoria 2024 con Donatella Di Pietrantonio e L’età fragile.
La serata della proclamazione, trasmessa in diretta su RaiPlay, è cominciata con mezz’ora di ritardo e si è poi persa in un loop di ringraziamenti infiniti e presentazioni dal sapore vagamente marzulliano. Ma alla fine, nonostante tutto, il cuore della letteratura ha battuto forte.
Ora lo sguardo si sposta a Villa Giulia, dove il 3 luglio si terrà la finalissima. Cinque voci, cinque visioni del mondo, cinque modi di raccontare il presente. Solo una vincerà, ma ognuna di loro – a modo suo – ha già lasciato il segno.
luglio.