Oltre Jeff Bezos: Venezia è diventata davvero un parco giochi per turisti?

Non serviva Jeff Bezos per ricordarcelo, ma il suo matrimonio da favola sul Canal Grande – con yacht ormeggiati come se fossero barchette di carta, Oprah Winfrey tra i gondolieri e Ivanka Trump che brinda sull’isola di San Giorgio – ha riacceso la domanda più spinosa di tutte: Venezia è ancora una città, o è ormai un parco giochi per turisti milionari?

Negli ultimi anni, tra boom di crociere, feste esclusive e residenze trasformate in hotel diffusi, la Serenissima è passata da patrimonio dell’umanità a destinazione di lusso e svago globale, con sempre meno spazio per chi, a Venezia, ci vive davvero.


Venezia affittata (di nuovo)

Jeff Bezos ha solo fatto ciò che in molti fanno da tempo, ma su scala titanica. Tre giorni di celebrazioni, security ovunque, location blindate, taxi d’acqua prenotati con settimane di anticipo, e una lista di ospiti più scintillante della Mostra del Cinema. Il tutto mentre i residenti cercavano di farsi spazio tra paparazzi, steward e gommoni.

«Un uomo ha affittato la città per tre giorni? È osceno» — recitava un cartello appeso su un ponte.

Non è la prima volta che Venezia si presta a simili spettacoli. Solo che stavolta, l’evento ha avuto l’effetto di uno specchio: ha mostrato al mondo un volto di Venezia che i suoi abitanti conoscono da anni.


Turismo sì, ma per chi?

Ogni anno, circa 30 milioni di persone visitano Venezia. In una città con meno di 50 mila residenti nel centro storico, il dato è impressionante. La folla è tale da spingere l’amministrazione a misure drastiche: tassa d’ingresso di 5 euro nei giorni più affollati, limiti ai gruppi turistici, steward nelle calli per gestire il flusso umano come fosse una maratona.
Eppure, non basta. I turisti continuano ad arrivare. Ma soprattutto, continuano a consumare la città senza viverla. Le botteghe chiudono, i supermercati diventano boutique, le case si trasformano in B&B. Venezia smette di essere un luogo abitato e diventa un grande set fotografico.


La protesta: “Kisses Yes, Bezos No”

Il matrimonio di Bezos ha catalizzato la frustrazione di chi in laguna ci abita tutto l’anno. Gli attivisti hanno organizzato sit-in, performance e cortei acquatici con slogan ironici ma densi di rabbia:

“Eat the cake or eat the rich”, “Venice is not for sale”, “No Space for Bezos”.

Le proteste non sono solo contro Bezos, ovviamente. Ma contro tutto ciò che rappresenta: l’idea che Venezia sia una location da noleggiare, non una città da rispettare.
Le parole più forti sono arrivate da chi qui ci lavora: guide turistiche, studenti, ristoratori, perfino gondolieri. Tutti uniti dalla sensazione di vivere in una città che non gli appartiene più.


Il grande equivoco

C’è chi difende eventi come quello di Bezos, sostenendo che portano visibilità, lavoro e introiti. E in parte è vero. Il sindaco ha parlato di milioni di euro entrati nelle casse cittadine. Ma a quale costo?

“I soldi sono solo un palliativo”, ha dichiarato un attivista. “Non si compra la dignità di una città con due donazioni green”.

Il rischio è che Venezia si trasformi in un parco a tema di lusso, in cui i residenti sono comparse e gli ospiti i protagonisti. Con la differenza che, a fine spettacolo, gli attori se ne vanno. I veneziani no.


Venezia può ancora salvarsi?

La bellezza di Venezia è innegabile. Ma è anche fragile. Troppo fragile per essere trattata come una vetrina o una passerella per eventi esclusivi. Il grido che arriva dai suoi abitanti è chiaro: Venezia non è Disneyland. È una città viva. E vuole restarlo.
Le soluzioni ci sono: regolamentare il turismo, incentivare la residenza, difendere i negozi storici, favorire chi lavora qui tutto l’anno. Ma serve coraggio politico. E serve adesso.


Perché Venezia, se continua così, non sarà più la città dell’amore. Ma solo la città dei souvenir.
E l’unico amore che resterà sarà quello per la cartolina.

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Slovena d'origine ma Milanese d'adozione, ama tutto ciò che è letteratura e gioca con le parole e le emozioni. Laureata in lingue e culture internazionali i libri ed un bicchiere di vino rosso sono la sua migliore compagnia.