Oesais, Toti e Tata: all’Alcatraz di Milano si sono ripresi tutto ciò che è loro

Milano, giovedì sera. All’Alcatraz si respirava elettricità: fuori, una folla compatta attendeva di entrare, tra magliette d’epoca recuperate dagli armadi e look volutamente britpop, come se il tempo si fosse fermato a metà anni ’90. Dentro, l’atmosfera era quella dei grandi eventi: un miscuglio di generazioni diverse, dai fan storici che avevano visto nascere il fenomeno, ai ventenni incuriositi dalla leggenda degli Oesais, fino ai nostalgici che non avrebbero perso per nulla al mondo questo ritorno.

Quando le luci si sono spente e sul palco sono apparsi Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo, alias Toti e Tata, il boato è stato liberatorio: gli Oesais erano tornati. Non una semplice reunion, ma un atto di resistenza culturale e artistica. La loro parodia degli Oasis non è mai stata solo uno scherzo, ma una lente ironica e affettuosa con cui leggere un’epoca. Vederli di nuovo, dopo quasi tre decenni, significava ritrovare se stessi in un gioco di specchi tra passato e presente.

La serata è stata un crescendo: chitarre che graffiavano l’aria, risate che si intrecciavano alle note, cori che facevano vibrare ogni angolo dell’Alcatraz. «È come se ci fossimo ripresi un pezzo di noi stessi» hanno confessato i due dal palco, accolti da applausi che sembravano non avere fine. E in quel momento, non c’era spettatore che non sentisse di condividere quella stessa emozione.

Il pubblico era protagonista tanto quanto la band. In prima fila, gruppi di amici arrivati da Bari solo per l’occasione; tra la folla, volti noti dello spettacolo e della musica milanese che hanno voluto esserci senza telecamere né passerelle, per pura passione. Accanto a loro, ragazzi troppo giovani per ricordare gli anni ’90, ma pronti a lasciarsi trascinare da un’energia che non ha bisogno di spiegazioni.

A dare corpo a questo ritorno, una band impeccabile: Michele Marmo agli arrangiamenti, Daniele Napolitano e Nico Stufano alle chitarre, Paolo Romano al basso, Mimmo Campanale alla batteria, Pino Di Pietro alle tastiere, con i cori di Asia Marcassa, Serena Esposito ed Eddy Marmo. Una squadra che ha reso ogni pezzo un inno, ogni gag una festa condivisa.

E mentre a Londra i fratelli Gallagher celebravano la loro reunion, a Milano la versione molfettese non era meno intensa: più ironica, più mediterranea, più vicina al cuore di chi ha sempre visto negli Oesais non una copia, ma un simbolo.

La serata ha avuto il sapore del riscatto. Gli Oesais non sono tornati per nostalgia, ma per ricordare che la nostalgia stessa può essere un motore di futuro. All’Alcatraz non c’era malinconia, ma una forza travolgente che ha unito padri e figli, vecchi fan e nuove generazioni.

E così, ventisette anni dopo, tra coriandoli, applausi e abbracci, resta una certezza: gli Oesais si sono ripresi tutto ciò che è loro – il palco, il pubblico e un posto unico nell’immaginario popolare italiano.

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Stefano Germano, laureato presso l'IULM, è un appassionato di TV e cultura moderna e new media è sempre alla ricerca delle storie più intriganti e delle tendenze culturali del momento.