Niente drop, niente ritornello: Caparezza è davvero contro la dittatura della hit facile?

In un’epoca in cui le canzoni sembrano vivere e morire nella durata di un TikTok, Caparezza sceglie la strada opposta: rifiuta la formula del tormentone e con il suo nuovo singolo Io sono il viaggio propone un brano senza un ritornello esplosivo. Una scelta controcorrente, che spiazza al primo ascolto e che, proprio per questo, diventa la sua forza.

Non c’è la scarica di adrenalina che ci si aspetterebbe dopo la strofa, nessun drop costruito per i palinsesti radiofonici o per i reel. Al suo posto, un mantra ipnotico: “Io sono il viaggio, sono il bagaglio, sono il distacco, sono il traguardo”. Una formula che non esplode, ma ritorna in loop, scavando piano piano nella testa e trasformandosi in una sorta di dichiarazione filosofica.

Caparezza ha sempre evitato i percorsi più facili. Nel 2003 lanciava Fuori dal tunnel, che paradossalmente è diventata la canzone da discoteca che criticava. Da lì in poi ha scelto di allontanarsi da ogni rischio di auto-parodia, costruendo dischi densi, concettuali, pieni di riferimenti e visioni. Io sono il viaggio si inserisce in questa traiettoria: non vuole piacere subito, non nasce per fare da colonna sonora a un’estate, ma per essere ascoltata e riascoltata, metabolizzata, capita.

La mancanza di un ritornello esplosivo è quindi una dichiarazione di intenti: Caparezza non scrive per la playlist pop globale, scrive per chi è disposto a seguirlo in un percorso più lungo e stratificato. In un certo senso, il brano stesso diventa un test: sei disposto a lasciarti trasportare dal viaggio senza pretendere un’esplosione catartica?

E qui sta il punto: il pezzo non ti cattura al primo ascolto, ma se gli concedi tempo, diventa come quelle frasi che ti tornano in mente quando meno te l’aspetti. È un viaggio che non ha bisogno di fuochi d’artificio, perché la vera esplosione è dentro chi ascolta.

Caparezza continua così la sua battaglia personale contro l’omologazione musicale. E lo fa ricordandoci che non sempre serve un ritornello urlato per restare impressi. A volte basta un mantra sussurrato con ostinazione.

 

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