C’è sempre un momento, nella storia della musica popolare, in cui qualcuno scardina l’ordine estetico senza alzare la voce. Non urla, non forza, non conquista con le strategie del mainstream. Semplicemente esiste, con una grazia strana, con un’idea di mondo che va controcorrente ma non per posa. Lucio Corsi è così. E se è lui a rappresentare l’Italia al prossimo Eurovision Song Contest, forse è il segno che qualcosa – finalmente – sta cambiando.
Capelli lunghi, cappello da western allucinato, stivali da glam rock rurale e lo sguardo visionario di chi è cresciuto tra i boschi della Maremma a immaginare che le volpi possano parlare. Lucio è un cantautore, sì, ma anche un artista visivo, un narratore fiabesco, un outsider vestito da eroe romantico. Non canta per piacere: canta per incantare. Nel mondo iper-prodotto dell’Eurovision, dove dominano l’eccesso, il volume e l’effetto speciale, la sua presenza sarà un gesto di rottura, elegante e sovversivo.
Non che Corsi sia uno sprovveduto. Dietro il suo immaginario sospeso tra Marc Bolan e Dylan Dog, tra David Bowie e Dino Buzzati, c’è una costruzione precisa, artigianale, fatta di attenzione maniacale ai dettagli e di una poetica coerente. Le sue canzoni parlano di animali, alieni, pianeti, ragazze eteree e apocalissi dolcissime, ma sono tutte ancorate a una verità umana profonda, che commuove più di mille gorgheggi.
E forse proprio per questo la sua candidatura all’Eurovision ha spiazzato: perché non cerca il consenso facile, ma propone una bellezza fragile e potente, un’Italia che non strizza l’occhio ma ti guarda negli occhi. Un’Italia che non urla “guardami”, ma ti invita a entrare in un’altra dimensione – dove la dolcezza è forza, l’originalità è radicata e la gentilezza è rivoluzionaria.
Corsi non è il classico artista da palco eurovisivo, ma è il simbolo perfetto di ciò che l’Italia può offrire quando smette di inseguire le mode e comincia a proporre visioni. E chissà, magari in mezzo a laser, lustrini e coreografie iperboliche, quella sua voce lieve, che sembra arrivare da un sogno lucido tra Saturno e Scansano, conquisterà cuori proprio perché è diversa. O forse no. Ma non è questo il punto.
Il punto è che l’Italia, scegliendo Lucio, ha scelto di non imitare, ma di essere. Ed è già una piccola, grandissima rivoluzione.