Era il 20 giugno 1975 quando il mondo del cinema fu scosso da un brivido che ancora oggi non ha smesso di correre lungo la schiena degli spettatori. A firmare quell’emozione fu un giovanissimo Steven Spielberg, appena 28 anni, con un film che avrebbe ridefinito il concetto stesso di paura, creato il primo vero blockbuster della storia e rivoluzionato il modo di produrre e distribuire film a Hollywood: “Lo Squalo”.
Mi – Fa: la colonna sonora della paura
Bastarono due note. Mi – fa. Due semplici accordi ripetuti con crescente intensità. Così il maestro John Williams diede forma a una delle più riconoscibili colonne sonore del cinema mondiale. Quelle note, oggi patrimonio collettivo dell’immaginario, accompagnavano la presenza del mostro senza mostrarlo. E bastavano a terrorizzare. A suggerire. A costruire suspense con l’eleganza di un maestro. Fu un capolavoro sonoro, che valse a Williams un Oscar e che insegnò a tutti che il terrore vero si nasconde spesso nell’attesa, non nella vista.
La nascita del mito
Tratto dall’omonimo romanzo di Peter Benchley, il film fu girato in condizioni estreme. Gli esterni vennero realizzati tra Martha’s Vineyard e, per la prima volta, in mare aperto. Gli squali meccanici, cuore della produzione, si rivelarono un disastro: malfunzionanti, instabili, poco credibili. Ma da quella crisi nacque una delle intuizioni più geniali della storia del cinema: suggerire anziché mostrare. Spielberg scelse di inquadrare l’attesa, il movimento sott’acqua, lo sguardo terrorizzato. Così nacque un’estetica alla Hitchcock, dove il non detto era più potente di qualsiasi effetto speciale.
Un cast indimenticabile
Nel ruolo dello sceriffo Brody, l’intenso Roy Scheider; accanto a lui Richard Dreyfuss nei panni dell’oceanografo Hooper e Robert Shaw in quelli del cacciatore di squali Quint. Una trinità maschile che ha scolpito personaggi nella pietra del mito. A loro si aggiunsero Lorraine Gary e Murray Hamilton, in un cast che nessuno pensava potesse lasciare il segno. E invece sì: lo lasciò. Eccome.
Un successo senza precedenti
Con un budget iniziale di circa 4 milioni di dollari, che salì a 9 milioni durante la produzione, il film incassò quasi 480 milioni di dollari in tutto il mondo. Fu il primo film a essere distribuito con strategia capillare su larga scala, con una campagna di marketing rivoluzionaria da oltre 2 milioni di dollari. Il pubblico accorse in massa. Le spiagge si svuotarono. Le piscine divennero rifugi. E il cinema non fu più lo stesso.
Oscar e riconoscimenti
Il film vinse 3 Premi Oscar: miglior montaggio, miglior sonoro e ovviamente miglior colonna sonora. Nel 1998, l’American Film Institute lo ha inserito tra i 100 migliori film americani di tutti i tempi, al 48º posto. Non solo: ha definito il concetto di film estivo, dando il via a una nuova stagione del cinema commerciale, capace di coniugare arte, tensione e grande pubblico.
I sequel (che non erano Spielberg)
Sull’onda del successo, seguirono tre sequel: “Lo Squalo 2” (1978), “Lo Squalo 3-D” (1983) e “Lo Squalo 4 – La vendetta” (1987). Nessuno all’altezza dell’originale. E nessuno con il coinvolgimento di Spielberg, che scelse di non toccare più il capolavoro. Come certi artisti che sanno quando smettere di dipingere, per non rovinare la perfezione.
Il ritorno per i 50 anni
Per il cinquantenario, arriva una versione restaurata del film in onda sulla NBC, con una nuova introduzione dello stesso Steven Spielberg. Un atto d’amore, un tributo, un ritorno alle origini. In contemporanea, la Magazzini Salani pubblica una nuova edizione del romanzo originale, con materiali inediti tratti dall’archivio personale dell’autore Peter Benchley.
Da libro a leggenda
Con oltre 20 milioni di copie vendute, il romanzo “Jaws” ha attraversato generazioni, paure, sogni. Ma è stato il cinema a renderlo eterno. A trasformare uno squalo in un simbolo. Un’idea. Un suono. Un modo di raccontare la paura.
“Lo Squalo” non è solo un film cult. È la nascita del cinema moderno. È l’archetipo del blockbuster. È una lezione di stile, ritmo e ingegno. Ed è, ancora oggi, l’incubo che ci accompagna quando l’acqua ci sfiora i piedi.