L’estate addosso. Quando la bella stagione porta con sé una stanchezza emotiva che nessuno aveva previsto

Di solito arriva così, con il frinire delle cicale, i vestiti leggeri appesi alle sedie e quella luce piena che inonda tutto, anche le intenzioni. L’estate. Quella parola magica che innesca visioni da spot pubblicitari: corpi abbronzati, sorrisi larghi, spritz ghiacciati al tramonto. Ma c’è un lato meno instagrammabile della stagione dei desideri, un sottofondo emotivo più ruvido che si insinua tra le pieghe del caldo e delle aspettative: la stanchezza emotiva estiva. Quella che non metti nei reel, ma che ti pesa sulle spalle come una camicia troppo bagnata.

Non è solo questione di afa. È quella fatica sottile che ti prende dentro, mentre tutti sembrano vivere in un eterno agosto da cartolina. Una malinconia dolceamara che scivola tra le giornate, che non ha un nome preciso, ma si fa sentire. La chiamano summertime sadness, ma non c’entra (solo) Lana Del Rey: è il contrasto stridente tra ciò che l’estate promette e ciò che tu, in fondo, non riesci a sentire.

Perché quando arriva giugno e le città si svuotano, restano i pensieri. Quelli non vanno in vacanza. Anzi, si fanno più chiari, più nitidi, come se il sole li illuminasse da dentro. Le rotture lasciate in sospeso, le domande esistenziali che si fanno più insistenti mentre guardi il soffitto col ventilatore acceso. Le aspettative di felicità che non riesci a raggiungere, nonostante tutto sia teoricamente “perfetto”.

C’è un’estate addosso che non ha nulla a che vedere con la colonna sonora di Jovanotti, ma molto con il bisogno di fermarsi, di respirare, di accettare che non tutti i momenti leggeri lo sono davvero. Che anche nella stagione dell’euforia collettiva si può essere fragili, stanchi, sfibrati. E va bene così.

Secondo la psicologa e psicoterapeuta Giulia Cassinelli, «l’estate amplifica tutto. Amplifica la solitudine, se ci sentiamo isolati; amplifica il confronto con gli altri, se ci sentiamo “indietro” rispetto a chi sembra vivere una vita perfetta; e amplifica anche il nostro senso di inadeguatezza, se le emozioni che proviamo non corrispondono a quelle che ci aspettiamo».
Insomma, se ti senti fuori sincrono, non sei solo. Succede più spesso di quanto si dica.

E allora che si fa?

«Concedersi il diritto di non essere felici a comando, anche in estate, è il primo passo», suggerisce Cassinelli. «Abbiamo il diritto di rallentare, di sentire quello che c’è — anche se è scomodo. L’estate può diventare un tempo utile per ascoltarsi, anziché riempire ogni spazio di rumore, feste e foto da postare».

Il consiglio della psicologa?

  • Normalizza le emozioni: non esiste un modo giusto di vivere l’estate. Se ti senti scarico o malinconico, va bene.
  • Crea momenti di connessione autentica, anche solo con te stesso. Una passeggiata all’alba, un diario, un libro che ti aiuta a ritrovarti.
  • Proteggiti dalle aspettative tossiche. Quelle che dicono che devi divertirti a tutti i costi. Quelle che ti fanno sentire “sbagliato” se non sei felice.
  • E infine: non isolarti. Parlane. Con un amico, un parente, o uno psicologo. Perché anche il caldo, a volte, si sopporta meglio insieme.

Forse allora il vero lusso non è la vacanza esotica o la festa sul rooftop. Forse il vero lusso è concedersi di stare dove si è, anche dentro una stanchezza che sa di zanzare, silenzi e tramonti che non risolvono, ma almeno ascoltano.

Perché l’estate, a volte, è anche questo: un’occasione per togliersi le maschere, svuotarsi un po’, e fare pace con la parte più vera di sé. Anche se suda. Anche se è stanca. Anche se, stavolta, non sorride nelle foto.

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Sofia Conti è una giornalista dedicata al benessere e alla bellezza. Ama condividere segreti e tendenze per aiutare gli altri a raggiungere il loro massimo potenziale.