La casa può essere senza rumore, ma non è mai veramente “silenziosa” perché i mobili, le lampade, le sedie, raccontano quello che siamo: linee, colori, materiali ed oggetti possono essere in grado di mettere a nudo abitudini, peculiarità caratteriali, passioni, ideali ed il modus vivendi della propria quotidianità. Se potesse “suonare” lo showroom milanese dell’antiquaria Robertaebasta, al secolo Roberta Tagliavini, che da oltre cinquant’anni, a Brera nel cuore di Milano riunisce tutta la passione per le arti decorative del XX secolo e del design, sarebbe un’enorme orchestra, ricca di strumenti di diverse epoche, che sintetizzano la storia del design italiano internazionale in un ambiente che sembra essere una breccia spazio temporale tra passato e presente. Oggi è possibile accedere a questo macro universo e scoprire L’affascinante lavoro filologico di antiquaria e di finissima riconoscitrice di piccoli e grandi tesori di Roberta con il docureality tv  “La mercante di Brera” prodotto da Discovery presente anche gratuitamente su TIM Vision dove tra acquisti e trattative in cui a vincere è sempre lei, si entra in una vera e propria mecca di stile e di tendenza amata dai divi di Hollywood e collezionisti di tutto il mondo che ricercano negli showroom pezzi di valori e beni artistici introvabili. Affiancata dal figlio Mattia – esperto d’arte e asso negli affari con una passione per le corse in Riva – e da Tommy – interior designer dall’aplomb British ma animo ribelle – Roberta Tagliavini apre ogni giorno le porte dei suoi negozi, dove i primi ad arrivare sono i fornitori con i loro camion pieni di tesori (veri o presunti) da proporre alla boss che, come da rituale, esamina i pezzi, dà il suo parere e sceglie quelli che le piacciono di più e per cui vale la pena aprire una contrattazione. Noi di Domanipress sempre attenti alle tendenze di stile abbiamo avuto il piacere di ospitare nel nostro Salotto Digitale Roberta Tagliavini per parlare con lei dell’evoluzione di design, della Milano di una volta e dei segreti che ci celano dietro il successo planetario dello showroom.

Nel docureality la Mercante di Brera prodotta da Discovery Italia si entra nel magico mondo di Robertaebasta e si possono notare le tue competenze nell’ambito dell’arte e del living. Quando hai iniziato a seguire questa passione?

«Sin da ragazzina ho sempre amato l’arredamento, era il dopoguerra e non tutti potevano permettersi di possedere dei beni di lusso ma dopo il boom degli anni ’60 si è iniziato ad immaginare lo spazio del living con maggior coraggio e consapevolezza. A casa mia in realtà non c’era molto oltre la cucina e la camera da letto ma ho sempre avuto l’interesse di sbirciare negli appartamenti degli altri, quelli ben arredati, e di lasciarmi affascinare dai complementi d’arredo».

Nel tuo showroom di Brera si possono trovare oggetti provenienti da artisti di epoche e stili diversi…Quali sono stati i primi oggetti che hai collezionato e commercializato?

«I primi oggetti che ho commercializzato sono stati quelli disegnati da me. Ho iniziato a produrre sedie, attaccapanni e piccoli complementi d’arredo che il mio primo marito,  sposato nel ’58, produceva in cantina, in maniera artigianale. Ho iniziato a muovere i  primi passi da autodidatta, poi con il tempo e l’esperienza mi sono specializzata intercettando le tendenze del gusto e delle mode e le esigenze dei committenti».

Dopo la pandemia il digitale è diventato preponderante anche per l’acquisto di beni di lusso…Com’è cambiato il tuo rapporto con la clientela?

«L’approccio del cliente è radicalmente cambiato. Oggi disponiamo di un e-commerce dove è possibile visionare gli oggetti corredati dalle schede informative. A seguito del primo contatto via web spesso però i privati hanno la necessità, a differenza dei mercanti, di vedere e di “toccare” con mano per questo le porte dei nostri showroom sono sempre aperte per incontrare i clienti e dare loro assistenza ed informazioni corrette».

Personalmente preferisci l’e-commerce o il mercato d’antiquariato nelle piazze o alle aste?

«Anch’io spesso preferisco comparare di persona determinati oggetti. Per esempio un quadro necessità di essere vissuto dal vivo, la palette cromatica dei colori difficilmente può essere riprodotta su uno schermo. Indipendentemente dalla firma è necessario guardare la qualità della tela».

Come riesci a riconoscere l’esatto valore e la storia che si nasconde dietro ogni oggetto?

«Sono cinquant’anni che mi occupo di arredamento di oggetti d’arte…se non sapessi scegliere bene avrei sbagliato lavoro (ride). Quando i fornitori con i loro camion mi portano i loro “tesori” al primo sguardo capisco il valore degli oggetti sul mercato, e poi valuto l’usura e se c’è necessità di rimetterli a nuovo. Su alcune cifre bisogna sapersi fermare per non andare oltre, ma può anche accadere che me ne innamori, in questo caso non bado al prezzo… ».

Quali sono i pezzi d’antiquariato a cui non sai dire di no?

«Esistono degli oggetti a cui non riesco a dire di no e anche se i miei concorrenti li rivendono a prezzi più alti li compro lo stesso; in questo caso è più forte la passione di averli ed il desiderio che siano i miei, anche se per poco tempo. Avere uno showroom completo e soddisfare le esigenze più particolari della mia clientela per me è una priorità assoluta. Inoltre il momento dell’acquisto è una scarica di adrenalina per me, è un piacere quasi fisico».

Pero questi oggetti poi li rivendi alla tua clientela…

«Quando un cliente compra un oggetto non ne sono mai gelosa perché vuol dire che qualcuno ha apprezzato la mia scelta ed il mio investimento».

Qual è l’aspetto che ti colpisce maggiormente nella trattazione d’acquisto di un pezzo di antiquariato?

«Non c’è una caratteristica precisa e come quando tu guardando una bella donna senti dentro un moto interiore, ti scoppia dentro qualcosa che deve essere soddisfatto. Allo stesso modo io vivo il brivido dell’acquisto con questo trasporto. La mia più grande soddisfazione è riuscire ad anticipare i tempi delle aste che spesso seguono le mode. Un oggetto acquistato nel giusto momento può moltiplicare in maniera esponenziale il suo valore. Riesco spesso ad anticipare i trend e di intercettarli, non mi chiedere come faccia a farlo, per me è un dono».

Il tuo showroom si trova nell’incantevole cornice di Brera, quartiere milanese crocevia di arte e cultura. Com’è il tuo rapporto con questo luogo?

«In realtà il mio primo showroom era in Piazza San Babila nella galleria Strasburgo tra Corso Europa e Via Durini, ci sono stata per dieci anni e poi nel ’83 mi sono trasferita a Brera che in realtà era definita ancora periferia. Quando sono arrivata a Brera mi sono subito innamorata di questo luogo, per il suo valore artistico e anche per la capacità di rinascere. Era molto diversa da come puoi viverla oggi, spesso malfrequentata, i negozi avevano le punte di ferro per evitare che venisse deturpato il decoro urbano. C’era chi si drogava, chi rubava autoradio e non è stato subito semplice imporsi. Nonostante questo, complice anche il famoso mercatino del sabato, a me è piaciuta subito l’atmosfera della zona e appena ho trovato un negozio libero l’ho acquistato».

Oltre Brera c’è anche Londra…

«Lo showroom di Brera è il mio primo amore. Ne ho diversi dislocati a Milano e all’estero ma il primo amore non si scorda mai! ».

Cosa rappresenta per te Milano?

«Io sono di Bologna, una città che adoro ma che, soprattutto qualche anno fa, era ancora provinciale. Milano mi ha fatto sentire libera e finalmente me stessa, è come se fosse un vestito firmato che indosso con fierezza. Milano è per me come un vestito di Chanel».

Nel docureality presenti la tua clientela che appartiene al mondo dell’arte, della cultura, della moda e del jetset. Quali sono state le richieste più particolari che hai ricevuto?

«Ci sono stati diversi clienti con idee particolari da soddisfare penso a Patrizia Gucci che con Maurizio amava le statue crisoelefantine di avorio e bronzo che non conoscevo. Per trovarle ed accontentarla ho girato il mondo. Lei era una donna sofisticata che pretendeva qualità e raffinatezza, aveva un gusto internazionale che io provenendo da Bologna non avevo. Mi ha insegnato a guardare oltre. Lo stesso potrei dire di Versace che amava i miei pezzi nello showroom e che spesso proponeva delle richieste anche per la sua maison. Ricordo che all’apertura di un suo store a Parigi mi chiese di portare degli arredi per le sue vetrine. Per me è stato un grande onore poter lavorare con i più grandi».

Qual è la tua tipologia di cliente preferito?

Li adoro tutti i miei clienti, non c’è una tipologia che preferisco perché l’acquisto è spesso occasione di dialogo e di scambio reciproco».

Il tuo showroom è come un’immenso libro d’arte moderna dove trovano posto architetti ed artisti prestigiosi come De Pero, Lucio Fontana e Giò Ponti…L’arte del novecento meriterebbe uno studio più approfondito, ultimamente specialmente le nuove generazioni sembrano interessarsi al nostro made in italy…

«Io amo il ‘900 perché è il secolo della creatività. Ogni decennio è portatore di uno stile nuovo e e a differenza dell’800 che tendeva a ripetere sempre il solito archetipo rivisitato, si tendeva a ricercare l’innovazione scompaginando le regole e costruendo delle visioni artistiche avanguardistiche. Penso agli anni ’40 e ’50 sono stati anni in cui si “inventavano” cose e non si copiava per me è stato un secolo di extraterrestri capaci di inventare. Oggi invece è tutto una trasposizione di idee già sfruttate e rielaborate. Negli anni passati gli architetti inventavano e si distinguevano più che per la firma per il disegno. Ognuno di loro disegnava in modo diverso dall’altro e questo è fondamentale, ha caratterizzato la loro arte ed il loro stile. Oggi se andiamo ad un salone del mobile possiamo notare come la forma, ad esempio di un divano, lo si può rivedere duplicato per tante firme diverse. Questo secondo me è un appiattimento culturale, e che ci sia una necessità urgente di recuperare la creatività del tempo passato. Anche guardando un quadro non puoi non accorgerti che sia del ‘900 e questo è fondamentale».

I materiali di questi oggetti ci parlano di una qualità che non esiste più…

«I materiali non avendo l’influenza della delocalizzazione in Cina erano di assoluto pregio. Per questo è facile trovare complementi di arredo realizzati con legni esotici, in avorio o in pelle di razza. Anche in questo caso nel ‘900 c’era una ricerca accurata che mirava alla qualità più che alla quantità».

Nel docureality grande attenzione è posta anche sul “recupero”. In questo il tuo lavoro di antiquaria può ascriversi a una tipologia di economia circolare ante litteram…

«Si questa è anche una nostra missione, mi entusiasma dare una nuova vita ad oggetti che senza il nostro intervento non potrebbero più essere utilizzati. Tengo però a mantenerne intatta l’originalità che soprattutto per alcuni pezzi è essenziale».

C’è un oggetto che non sei mai riuscita a vendere perché ne sei rimasta troppo legata?

«L’ho detto cento volte e puntualmente poi mi sono fatta corrompere…non c’è ancora un oggetto da cui non riesco a staccarmi».

Quindi tutto a un prezzo?

«No, non è una questione di prezzo ma semplicemente l’innamoramento anche per gli oggetti scade e spesso si ha necessita di cambiare, noi come persone siamo in evoluzione ogni giorno».

Cedere un oggetto a chi si è innamorato a sua volta è anche un atto di generosità…

«Certo è proprio quello che sento quando qualcuno acquista un cimelio nel mio showroom».

Eppure l’amore non è eterno per te.

«Guarda, anni fa ho acquistato una statua alta un metro e mezzo di marmo e bronzo che con una gru ho portato a casa, al quinto piano, e mio marito ne era innamorato. Un giorno una mia cliente mi chiese un oggetto rappresentativo e decisi di venderlo. Quando arrivò mio marito non se ne accorse subito ma dopo sei mesi mi chiese a gran voce dove fosse la statua. Per lui l’amore per gli oggetti era eterno, io invece sono sempre stata proiettata verso il futuro.  Quando ti abitui a qualcosa non lo guardi nemmeno più, per questo non mi pongo ipoteche, mi piace sperimentare e cambiare. I colori, le influenze cambiano e mi piace viverle tutte».

Come ultima domanda parafrasiamo sempre il titolo del nostro magazine e chiediamo come vede il “Domani” Robertaebasta quali sono le sue speranze e le sue paure?

«Amo la vita, merita sempre di essere vissuta. La mia età anagrafica mi impone di vedere il Domani da una prospettiva che mi richiede di vivere il qui ed ora con intensità e spero che duri il più a lungo possibile».

 

 

 

 

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Direttore editoriale del portale Domanipress.it Laureato in lettere, specializzato in filologia moderna con esperienza nel settore del giornalismo radiotelevisivo e web si occupa di eventi culturali e marketing. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2010 lavora nel campo della comunicazione e cura svariate produzioni reportistiche nazionali.