Il nuovo album dei Måneskin è il grido di protesta della Generazione Z cresciuta a pane e social network

Un disco che parla di noi, in maniera molto sincera, a 360 gradi, sia a livello di testo che musicale. Abbiamo deciso di registrarlo in presa diretta per portare la dimensione live all’interno del disco, è la dimensione che meglio ci rappresenta“, così Damiano il leader dei Maneskin racconta durate la press conference il nuovo album di inediti.

Con “Il ballo della vita”, doppio disco di platino, il gruppo italiano più irriverente della scena musicale presenta “Teatro d’ira – Vol. I”, il primo volume di un nuovo progetto più ampio che si svilupperà nel corso dell’anno e che racconterà in tempo quasi reale gli sviluppi creativi della band insieme alle prossime importanti esperienze. Un percorso ambizioso e in continuo divenire, partito dai singoli “Vent’anni” (disco di platino) e dall’inedito “Zitti e buoni”, brano con cui hanno vinto il Festival di Sanremo, che in pochi giorni ha raggiunto 18 milioni di streaming.

Scritto interamente dai Måneskin, il nuovo album è stato registrato tutto in presa diretta al Mulino Recording Studio di Acquapendente (VT) – luogo da cui hanno presentato l’album con un minilive – rimandando alle atmosfere analogiche dei bootleg anni ’70, con l’idea e la voglia di ricreare la dimensione live vissuta dal gruppo nel loro primo lungo tour di 70 date fra Italia e Europa. Un disco tutto suonato, crudo, contemporaneo, capace di rappresentare lo stile e il sound della band.

TEATRO D’IRA – VOL I

Il teatro, metafora in contrasto con l’ira del titolo, diventa lo scenario in cui questa prende forma. Non si tratta di una collera contro un bersaglio, ma di un’energia creativa che si ribella contro opprimenti stereotipi. Una catarsi che genera, grazie all’arte, una rinascita e un cambiamento in senso positivo.

“La nostra non è una rabbia nei confronti di qualcuno, ma un’ira che smuove, che crea le rivoluzioni – raccontano i Måneskin – un’ira catartica rivolta alle oppressioni e agli oppressori, che porta a sfogarsi e a ribellarsi verso tutto ciò che ti fa sentire sbagliato e che, come risultato, porta a una rinascita e a un cambiamento. Abbiamo voluto collocare questa forza molto potente in un contesto, quello del teatro, che nell’immaginario comune viene percepito come elegante e pacato. Ci piace questa antitesi: un contrasto che vive nel momento in cui il sipario si apre e, al posto di uno spettacolo o di un balletto, ci si ritrova catapultati in questa esplosione di energia. Il teatro è una metafora a rappresentare l’arte, il luogo dove questo impulso potente genera qualcosa di artistico e positivo”.

In “Teatro d’ira – Vol.I” i Måneskin trovano una nuova connotazione sonora per esprimere il loro messaggio. Al centro della scala dei valori della band campeggia la libertà dalle sovrastrutture e dai filtri inutili, unita al desiderio di essere autentici. Un appello che si rivolge fin dal primo singolo “Vent’anni” (certificato platino) alla Generazione Z, ma che si allarga a tutto il pubblico: un invito a scrollarsi di dosso etichette preconfezionate per vivere appieno ed essere se stessi, senza paura del giudizio.

L’album Track by Track

ZITTI E BUONI
L’inedito vincitore della 71esima edizione del Festival di Sanremo si presenta con delle sonorità crude e distorte, e con un graffio rock che caratterizza l’attitudine della band. Un brano carico che ha la dimensione live nel suo DNA, quella di cui gli artisti si sono nutriti attraversando l’Italia e l’Europa nel loro primo lungo tour. È un pezzo che parla principalmente di redenzione e voglia di spaccare il mondo con la musica, una sfida contro i pregiudizi, tema centrale nelle produzioni del gruppo.

CORALINE
È la nostra fiaba, il racconto metaforico di una bambina prodigio che non trova il suo spazio nel mondo perché troppo pura e fragile. Ripercorre tramite una dolce melodia un percorso che man mano diventa sempre più angosciante che sembra essere senza speranza, ma che invece vuole dare un barlume.
In questo pezzo, in cui la musica insieme alla voce e al messaggio crescono all’unisono, molto spazio è dato ai singoli strumenti. La canzone parte con un arpeggio di chitarra delicato che accompagna la voce, seguito da un cambio netto quando entrano batteria e basso dove abbiamo creato momenti diversi, legati fra loro per seguire il senso del racconto.
“Ogni tua piccola lacrima è oceano sopra al mio viso”

LIVIDI SUI GOMITI
È una storia di rivincita, uno schiaffo in faccia a chi ha dubitato di noi e delle nostre abilità, un inno di rivalsa.
È un brano molto crudo e scarno, con riff di chitarra e basso, semplice ma molto potente.
“Però mi resta la mia strada, gli sguardi, tre amici non codardi”

I WANNA BE YOUR SLAVE
La canzone nasce dalla linea vocale e si sviluppa con un loop ripetuto, con delle caratteristiche dance, ma con un sound crudo e rock, strutturato con un riff che si ripete in modo ossessivo.
Scritto a Londra, in questo pezzo abbiamo voluto inserire l’anima da club inglese che si ritrova anche nel testo, dove le varie figure in antitesi vogliono raccontare la sessualità in tutte le sue sfaccettature.
L’antinomia che vive in tutti noi e ci rende umani, imperfetti, peccatori e bisognosi di redenzione.
“I know you are scared of me you say that I’m too eccentric”

IN NOME DEL PADRE
È il brano con le sonorità più dure dell’album dove abbiamo sfruttato molto la presenza dei riff sia di chitarra che di basso. Il testo è una dichiarazione di intenti, potente. Spaccare le barriere e liberarsi da ciò che ci opprime. Il racconto di come il successo abbia influito sulla nostra vita e di come a volte la pressione sia schiacciante, ma tutto in nome della musica, per noi sacra.
“Chiedi perché lo faccio, è in nome del Padre, Figlio, Spirito Santo”

FOR YOUR LOVE
È la prima canzone scritta a Londra che ci siamo immaginati fortemente per la dimensione live. Qui abbiamo lasciato molto spazio alla parte strumentale, in cui vengono alternati momenti diversi. Ci siamo ispirati a quello che sentivamo e vedevamo intorno a noi nella variegata scena londinese di cui ci siamo nutriti andando a moltissimi concerti, dal pub sotto casa a vari locali per la città. Un’esperienza che ci ha dato molto e che si ritrova nel disco.
La donna descritta nel testo, come accade nella nostra produzione, è una metafora a rappresentare la musica. Le ore piccole, l’amore a prima vista, il possesso e l’ossessione. Una relazione tossica fra il protagonista e la sua musa. Per il tuo amore, farò tutto ciò che vuoi.
“So tell me what you want, and I’ll give you what you want”

LA PAURA DEL BUIO
È il racconto del rapporto conflittuale tra l’artista e la musica, che è allo stesso tempo malattia e cura. Una presenza imponente che a volte toglie il fiato ed altre lo dona.
Il testo rispecchia molto l’esperienza personale di Damiano, un flashback nella sua vita, con una descrizione del suo percorso.
La presenza di un arpeggio sulle strofe crea un sound da carillon ridondante per tutto il brano con un’esplosione nel ritornello. Tra lo sviluppo del pezzo e il finale c’è una grande differenza con un cambio strumentale importante. Nel disco ci sono molti momenti per i singoli strumenti, mentre in questo caso lo spazio maggiore è lasciato alla voce che dà forza anche al messaggio:
“Tornerai da me con le mani giunte”

VENT’ANNI
È una rock ballad cruda e contemporanea scritta in forma di lettera aperta in cui si intrecciano i pensieri di Damiano con quelli del suo alter ego più maturo, dando vita a un dialogo che vuole incoraggiare i ventenni spesso già disillusi sotto il peso dei giudizi e delle incertezze sul futuro. “Ho scritto quello che io stesso avrei voluto sentirmi dire da qualcuno più adulto ora che ho vent’anni” racconta il cantante. Parole rivolte ai coetanei, ma che fanno ricordare anche a chi ventenne non lo è più quanto “farà male il dubbio di non essere nessuno”, quanto a quell’età faccia paura, ma allo stesso tempo sia naturale sbagliare, spinti dal desiderio di fare qualcosa di grande perché “sarai qualcuno se resterai diverso dagli altri”. Un appello che vuole arrivare dritto al pubblico, in particolare alla Generazione Z cresciuta a pane e social dove l’apparenza, l’essere quello che non si è e l’hating sono spesso fonte di grande ansia. Dove si sente l’impossibilità di vivere un amore liberamente seguendo le proprie inclinazioni per colpa di stereotipi e pregiudizi

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