Una volta bastava un treno regionale e un panino con la cotoletta per sentirsi in vacanza. Oggi, per “vivere” il Lago di Como serve una carta di credito nera, il numero di un concierge e una disponibilità economica che pochi possono davvero permettersi. Quello che un tempo era un rifugio bucolico, familiare e romantico, è diventato il palcoscenico scintillante del turismo di lusso. E se la bellezza non si tocca, è l’accesso a quella bellezza che si è fatto elitario, selettivo, quasi offensivo.
Il Lago non è cambiato, sono cambiate le chiavi d’ingresso. Chi non ha un superattico a Brienno, una villa storica a Laglio, o almeno una barca privata a Torno, resta fuori dal perimetro dorato di un mondo che ha sostituito la semplicità con l’ostentazione. È il nuovo Rinascimento lacustre, firmato Balmain, Dior, Brunello Cucinelli. A Bellagio non si passeggia più, si sfila. A Cernobbio non si mangia un gelato, si sorseggia champagne.
George Clooney ha aperto la porta. Gli oligarchi russi l’hanno spalancata. Gli influencer ci si sono fiondati dentro. E oggi il Lago è un resort a cielo aperto, dove le acque riflettono più i flash dei fotografi che la luce dei tramonti. Il problema? Non è la bellezza, ma chi può ancora permettersela.
Un tempo ci si innamorava su una panchina al tramonto, oggi si prenota l’amore via app, con vista su Villa del Balbianello e cena degustazione da 350 euro a persona. Il risultato? I residenti scappano. I giovani non possono restare. Gli affitti? Impossibili. Le case? Ristrutturate e affittate a settimane. Il pane? A prezzo da boutique. Il Lago di Como è diventato una meta di lusso per pochi, lasciando ai molti solo il ruolo di spettatori.
E poi ci sono i comaschi. Quelli veri. Quelli che non compaiono nelle cartoline. Che si svegliano alle sei per aprire il bar sotto casa, che fanno la fila per l’ecografia, che cercano parcheggio per ore, che non possono più permettersi neanche una cena in centro. “Il lago è nostro solo nei ricordi”, scrive una signora su Facebook. “Oggi è un parco giochi per ricchi, a cui possiamo solo guardare da lontano.”
La verità è che il Lago di Como è sempre più Instagram e sempre meno Italia. Sempre più resort e sempre meno rifugio. Sempre più business e sempre meno casa. Si celebra, si vende, si monetizza. Ma a chi appartiene davvero?
Forse la domanda da fare è questa: vogliamo ancora che il Lago resti nostro? O ci accontentiamo di guardarlo solo nei reel da 15 secondi, con sottofondo musicale e zero anima?
Perché la bellezza, quando diventa esclusiva, è solo un’altra forma di distanza. E il Lago, oggi, sembra bellissimo. Ma lontanissimo.
E voi, che Lago di Como preferite? Quello con le panchine o quello con i jet privati?