In un conclave che ha sorpreso e commosso, il 7 maggio 2025 il Collegio dei Cardinali ha eletto come nuovo pontefice Robert Francis Prevost, l’uomo che da missionario in Perù è arrivato a sedere sul trono di Pietro. Un’elezione che non è solo una scelta spirituale, ma un messaggio fortissimo al mondo intero: la Chiesa è pronta a parlare nuove lingue, a farsi ponte tra Nord e Sud, tra tradizione e riforma, tra autorità e ascolto.
Classe 1955, nato a Chicago, doppia cittadinanza statunitense e peruviana, Prevost non è il Papa della diplomazia, ma della vicinanza. È il volto di una Chiesa che abbandona l’oro per il fango, che si inginocchia tra i poveri e alza lo sguardo solo per cercare Dio negli occhi degli ultimi.
La sua storia ha il ritmo dolce e ostinato delle grandi vocazioni. Entra nell’Ordine di Sant’Agostino nel 1977, emette i voti solenni nel 1981 e viene ordinato sacerdote nel 1982. Poi parte. Va in Perù, dove passa anni tra le periferie, le baraccopoli e i seminari. Lì si fa conoscere per ciò che è davvero: un uomo mite, intelligente, spirituale, ma anche pragmatico, capace di ascoltare e decidere con fermezza.
Dopo essere stato vescovo di Chiclayo, nel 2023 viene chiamato a Roma da Papa Francesco per diventare Prefetto del Dicastero per i Vescovi. Tradotto: è lui che consiglia, nomina, guida i pastori della Chiesa mondiale. Un ruolo delicatissimo, che ha saputo interpretare con equilibrio, autorevolezza e sobrietà.
Il suo stile? Silenzioso, ma profondo. Pochi discorsi pubblici, molti incontri privati. Nessuna ricerca di visibilità, ma una presenza discreta che conquista chiunque abbia avuto modo di lavorare con lui.
Con la sua elezione, la Chiesa volta una pagina ma non dimentica la precedente. Si respira ancora l’aria di Francesco, ma Robert Francis Prevost porta con sé un accento più latinoamericano, una teologia che sa di terra, giustizia, misericordia.
Il suo papato si annuncia come un tempo di ponte e riforma, tra le esigenze della modernità e il cuore profondo della spiritualità cristiana. In un mondo lacerato da guerre, disuguaglianze e crisi climatiche, il nuovo Papa è chiamato a ricucire, includere, orientare.
E c’è già chi lo definisce “il Papa della frontiera”: perché sa stare nel mezzo, tra i mondi, tra i linguaggi, tra le ferite. Perché viene da due Chiese, quella americana e quella latinoamericana. E perché, forse, proprio per questo, potrà parlare a tutte.
Il nome papale non è stato ancora reso noto, ma una cosa è certa: Robert Francis Prevost è qui per scrivere un nuovo capitolo, non per ricalcare i precedenti. E se lo ascolteremo, potremmo anche imparare a guardare il mondo con occhi più umani. E, forse, più divini.