Come riconoscere un vero gelato artigianale (senza farsi ingannare dal colore del pistacchio)

In estate è un dovere morale. In primavera, un piacere che si anticipa. In autunno e inverno, una coccola fuori stagione. Il gelato artigianale è un rito tutto italiano, ma come ogni mito nazionale, nasconde qualche insidia. Perché se è vero che l’Italia è la patria del gelato, è altrettanto vero che tra una vaschetta di crema alla nonna e una colata di finto pistacchio fluorescente il passo è breve. E spesso, ahinoi, deludente.

Allora, come si riconosce un gelato artigianale vero, fatto bene, che sa di ingredienti reali e non di marketing?

1. colori che parlano (senza urlare)

Partiamo dall’occhio, che vuole la sua parte ma senza eccessi. Se il pistacchio è verde acceso come la livrea di una rana tropicale, scappa. Il pistacchio vero è beige, verde spento, con sfumature naturali. Lo stesso vale per la nocciola (che NON è marrone scuro come il cioccolato) o per la banana (che non è gialla, ma quasi grigiastra). Un buon gelato non deve impressionare lo sguardo. Deve sussurrare verità agli intenditori.

2. profumo discreto, sapore deciso

Un gelato artigianale non profuma a un metro di distanza. Non deve inebriare l’aria come un deodorante per ambienti. Ma quando lo assaggi, deve avere un gusto pieno, autentico, riconoscibile. Il fiordilatte sa di latte. La fragola sa di fragola. Il caffè ti risveglia come un espresso doppio in tazzina bollente.

3. meno è meglio

Diffida dei menu infiniti: 72 gusti spesso significano più chimica che arte. I maestri gelatieri seri ne propongono pochi, studiati, stagionali. Non troverai fragola a dicembre o marron glacé a Ferragosto. E se chiedi un gusto e ti rispondono: “Non lo abbiamo perché la materia prima non è buona in questo periodo”, inchinati. Hai trovato un luogo sacro.

4. la consistenza è tutto

Il gelato artigianale non è gommoso, non fila, non resta compatto come un mattone nel cono. È cremoso, si scioglie in bocca, non inonda il palmo di mano dopo due minuti. Ha una texture setosa, mai grumosa né troppo ariosa. Se sembra panna montata, c’è troppo azoto dentro. Se sembra cemento, c’è troppo zucchero o troppi conservanti.

5. dove lo fanno? e come?

Chiedi. Guarda. Indaga. I migliori laboratori non hanno paura di mostrare come lavorano. Se dietro al bancone vedi le macchine, se il personale parla con passione di “infusione di cannella” o “tostatura delle nocciole del Piemonte”, sei nel posto giusto. Se invece ti dicono che “il prodotto arriva già pronto”, saluta educatamente e cambia gelateria.

6. il prezzo della qualità

Diffida del cono da 1 euro. Un buon gelato ha un costo, come tutte le cose fatte con cura. Non serve spendere una fortuna, ma neanche pretendere l’eccellenza al prezzo di un pacchetto di chewing gum. Se una gelateria usa latte fresco, panna vera, uova bio e frutta di stagione, quei 50 centesimi in più valgono tutto.

7. le scritte da leggere bene

“Gelato artigianale” non è una dicitura protetta. Può scriverlo chiunque, anche chi scongela basi industriali pronte. Leggi gli ingredienti, se sono esposti. Guarda se ci sono certificazioni, se il gelataio ha studiato, se racconta da dove provengono pistacchi, nocciole, limoni.

Perché un buon gelato artigianale non si riconosce solo con il palato, ma con una dose di curiosità, consapevolezza e amore per i dettagli. E come tutte le cose fatte bene, ha bisogno di tempo, rispetto e onestà.

Il resto? È solo ghiaccio colorato.


e ora, la domanda delle domande: pistacchio o nocciola? Ma solo se il colore è giusto.

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