C’è chi colleziona chitarre vintage. Chi conserva biglietti del primo concerto. E poi c’è Cesare Cremonini, che custodisce un oggetto a metà tra la reliquia sacra e il feticcio rock: la canottiera bianca indossata da Freddie Mercury durante il Live Aid del 1985, probabilmente il più iconico concerto della storia della musica.
Sì, proprio quella canottiera. Bianca, attillata, ancora segnata dal sudore leggendario di una performance che ha scolpito l’immaginario collettivo. Un capo umile, eppure più potente di mille giacche di scena. E Cesare, che ha fatto del palcoscenico un’estensione della sua anima, ne è diventato custode.
L’ha acquistata all’asta, pare, con la devozione che si riserva ai simboli. Non la espone, non la ostenta. È conservata con cura, come un amuleto privato. Non è un trofeo, ma un segreto. Un oggetto carico di senso, di ispirazione, forse anche di scaramanzia.
Nella sua villa bolognese, tra pianoforti accordati all’emozione e vecchi vinili che sanno di casa, la canottiera non campeggia su una parete: resta invisibile agli ospiti, intima come una preghiera. Un oggetto che non ha bisogno di essere mostrato per esercitare il suo potere.
Perché dietro ogni grande artista, spesso, c’è un piccolo feticcio. E questo, per Cremonini, è un simbolo che parla di palchi, di voce, di libertà. Di un modo di stare al mondo: con il microfono in una mano e il cuore nell’altra.
E forse anche questo aiuta a spiegare la forza magnetica di Cesare: la sua capacità di commuovere e infiammare, di stare in equilibrio perfetto tra malinconia e passione. Di portare, ogni volta, un po’ di leggenda sul palco.
Anche quando indossa solo una giacca elegante. E nel pensiero, una canottiera bianca che sa di rock immortale.