Beyoncé lancia il Cowboy Carter Tour, ma i biglietti costano meno di un Happy Meal: cosa sta succedendo davvero?

Il palco è pronto, le luci sono accese, i cappelli da cowboy scintillano sotto i riflettori del SoFi Stadium di Los Angeles. Oggi, 28 aprile, parte ufficialmente il Cowboy Carter Tour di Beyoncé, il nuovo capitolo della sua epopea musicale.
Eppure, qualcosa di inaspettato aleggia nell’aria: i biglietti restano invenduti. E la rete, naturalmente, esplode.

A far scattare l’allarme ci ha pensato un utente su X, con un post che ha già fatto il giro del mondo:

“A causa della domanda bassa, i biglietti per il Cowboy Carter Tour di Beyoncé a 20 dollari costano meno di un Happy Meal ‘Minecraft’ al McDonald’s.”

Detto, fatto: nel tempo di un battito di ciglia, i paragoni tra Queen Bey e il fast food più famoso del mondo si sono moltiplicati, trasformando il debutto del tour nell’ennesimo caso mediatico.
Hashtag come #CarterMeal e #BeyHiveConfusa si rincorrono tra meme, battute e analisi semiserie: è la fine di un’epoca dorata o solo una falsa partenza?

Calma, è già successo
Chi conosce Beyoncé sa che non si misura mai alla prima curva. Non è la prima volta che l’inizio di un suo tour genera reazioni contrastanti: anche il Renaissance World Tour, nel 2023, partì senza clamori per poi diventare il tour più redditizio di sempre per un’artista R&B, consacrato da un documentario di culto, Renaissance: a film by Beyoncé.

La regina sa quello che fa, ricordano i fan più fedeli, pronti a scommettere che anche stavolta il sipario si chiuderà su un trionfo.

Prezzi popolari, strategia rischiosa
C’è poi il tema, delicatissimo, del prezzo. 20 dollari per un concerto di Beyoncé non è solo una cifra shock: è una dichiarazione di intenti.
Una scelta che punta ad abbattere le barriere economiche, ma che rischia di svalutare l’aura mitica costruita con anni di perfezione scenica, look impeccabili e show miliardari.

“Offrire un’esperienza premium a prezzi da fast food è una strategia coraggiosa, ma può trasformarsi in un boomerang”, spiega Marco De Santis, analista musicale.
“L’accessibilità è il nuovo lusso, ma serve una narrazione forte dietro: altrimenti l’immagine si sfilaccia.”

Un debutto da osservare col fiato sospeso
Stasera Beyoncé salirà sul palco tra le scenografie western, i richiami alla cultura black e le note country contaminate dall’elettronica. La scaletta promette emozioni – e sorprese – a ogni canzone. Ma l’attenzione del pubblico, almeno per ora, è tutta su un’altra domanda:
riuscirà Queen Bey a trasformare un avvio in sordina in una nuova incoronazione globale?

La verità è che Beyoncé non ha bisogno di sold out immediati per vincere: ha bisogno di raccontare una storia. E se per farlo deve stupire, spiazzare, perfino deludere, lo farà. Perché essere Beyoncé significa questo: guidare il cambiamento, non inseguirlo.

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