Una “polveriera”, la definiva Maria Bellonci. Ma l’edizione 2025 del Premio Strega si è chiusa come previsto, consacrando Andrea Bajani vincitore con L’anniversario (Feltrinelli), già trionfatore dello Strega Giovani e da settimane dato per favorito. Con 194 voti su 646 votanti, Bajani si è imposto su una cinquina di autori fortissimi, portando alla vittoria Feltrinelli, editore assente dal primo posto da vent’anni.
La trama de L’anniversario
L’anniversario è un romanzo che brucia lento, ma lascia cicatrici profonde. Racconta la fuga silenziosa di un uomo dalla propria famiglia, o meglio, la celebrazione di quella fuga. Il protagonista – che non ha nome, come se potesse essere chiunque – decide dieci anni prima di tagliare i ponti con i genitori. Nessuna rottura esplosiva, nessun trauma eclatante, ma un gesto netto, definitivo: sparire. Il romanzo si apre, appunto, con la ricorrenza di questo addio. L’anniversario è l’occasione per fare i conti, con lucidità e senza rimorsi, con ciò che ha lasciato.
Il testo non è un memoir, anche se per alcuni lettori lo è sembrato. Bajani ha più volte sottolineato che si tratta di letteratura, non autobiografia, anche se nella tensione delle parole, nella loro apparente freddezza che diventa commozione, si percepisce una verità che va oltre i dati biografici.
Il cuore del libro è la liberazione dal senso di colpa, quel nodo stretto tra genitori e figli che spesso diventa una trappola. Il protagonista compie un atto “scandalosamente calmo”, come lo ha definito Emmanuel Carrère: sceglie di andarsene, e basta. Non accusa, non denuncia, non si giustifica. Semplicemente rivendica il diritto a sottrarsi.
“Sono stati i dieci anni migliori della mia vita”, dice il protagonista, facendo a pezzi ogni narrazione collettiva del dovere filiale. Perché, come spiega Bajani stesso: “Dalle famiglie, se serve, ci si può liberare”.
Un gesto letterario e politico
L’anniversario è un libro che tocca nervi scoperti in un Paese ancora profondamente radicato nel culto della famiglia, spesso vista come rifugio, ma anche come struttura patriarcale non negoziabile. Bajani lo dice apertamente: “Fare letteratura significa contraddire la versione ufficiale. Oggi la versione ufficiale è quella del patriarcato”.
Nel raccontare la fuga di un uomo dalla famiglia, l’autore compie un gesto politico: dà voce a un’altra maschilità, una che non accetta il ruolo ereditato, che si sottrae all’obbligo di aderire a un modello di figlio, di uomo, di maschio. Una maschilità fragile, umana, capace di dire basta.
Gli altri finalisti
Seconda classificata Elisabetta Rasy con Perduto è questo mare (Rizzoli), 133 voti, un romanzo elegiaco sull’identità e l’esilio. Terza Nadia Terranova con Quello che so di te (Guanda), 117 voti, storia di madri e figlie tra trauma e trasmissione. Seguono Paolo Nori, Chiudo la porta e urlo (Mondadori), 103 voti, e Michele Ruol, Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa), 99 voti.
Una serata di parole forti
Al Ninfeo di Villa Giulia, in una Roma calda e commossa, a presiedere la giuria c’era Donatella Di Pietrantonio, vincitrice dell’edizione 2024. Sul palco, l’attore Filippo Timi ha letto magistralmente gli incipit dei finalisti, mentre Anna Foglietta ha commosso il pubblico con un omaggio a Pasolini.
Ora per L’anniversario si apre il vero viaggio: quello con i lettori. Bajani sarà in tour nelle prossime settimane: il 5 luglio a Cervo, il 6 a Lonato del Garda, il 9 a Roma, il 20 a Villasimius, il 26 a Vieste. Con lui viaggerà anche questa storia scomoda, tenera, necessaria.
Un libro che non chiede consenso, ma libertà.