La sua musica era un soffio ruvido e insieme struggente, capace di trasformare un assolo in una preghiera laica. James Senese, il sassofonista che ha fatto della sua vita un ponte tra jazz, funk e tradizione napoletana, si è spento a 80 anni. Una notizia che lascia un vuoto enorme, non soltanto nella scena musicale, ma nell’anima stessa di Napoli, città che Senese ha raccontato con le note e con il cuore.
Il suono di un’epoca
Figlio di una giovane donna napoletana e di un soldato afroamericano, cresciuto tra i vicoli popolari e i vinili di Coltrane e Glenn Miller, James aveva nel DNA la contaminazione. Da autodidatta imbracciò il sax a 12 anni e non lo lasciò mai più. La sua carriera iniziò nei locali della città, tra jam session e prime band come Gli Showmen, fino all’incontro con un altro talento destinato a cambiare tutto: Pino Daniele.
Insieme hanno scritto pagine indimenticabili. Era la stagione del Neapolitan Power, quel movimento unico che mescolava blues, jazz, rock e tradizione partenopea, regalando all’Italia un linguaggio nuovo e internazionale. Nei concerti con Daniele, i suoi assoli non erano semplice accompagnamento: erano il momento in cui il tempo si fermava. Rudi, incisivi, profondi: il contrappunto perfetto alla voce calda e malinconica del cantautore. Brani come “Quanno chiove” restano testimonianze immortali di questa intesa artistica e umana.
Napoli Centrale e l’identità ribelle
Con Napoli Centrale, fondati nel 1975 insieme a Franco Del Prete, Senese trasformò la rabbia e le contraddizioni della città in musica militante e appassionata. La sua era una voce politica e poetica insieme, capace di raccontare la dignità del popolo e le ferite di un Sud che non voleva arrendersi. Album come Nero a metà di Daniele o le produzioni di Napoli Centrale restano pietre miliari della musica italiana.
Lo showman del sax
Non era solo tecnica: Senese aveva presenza scenica, carisma, quell’energia capace di catturare platee intere. Non a caso il pubblico lo aveva ribattezzato ‘o showman. La sua figura, alta e imponente, il sax sempre stretto al corpo come fosse un’estensione naturale, resterà per sempre impressa nell’immaginario collettivo.
L’uomo dietro il mito
Nonostante i successi internazionali e le collaborazioni con giganti come Gil Evans, James non ha mai smesso di rivendicare la sua appartenenza a Napoli. Nei suoi racconti riaffioravano sempre i vicoli della sua infanzia, le radici popolari, quel senso di appartenenza che non lo ha mai abbandonato. La sua storia era anche una ferita: un padre mai conosciuto, un’identità costruita giorno dopo giorno tra musica e resilienza.
L’eredità
James Senese non lascia solo dischi e concerti leggendari. Lascia un modo di intendere la musica come atto d’amore e di resistenza, come linguaggio che unisce mondi lontani. Un’eredità che continuerà a vibrare in ogni nota di sax che echeggerà nei vicoli di Napoli e nei cuori di chi ha avuto la fortuna di ascoltarlo dal vivo.
Oggi Napoli piange, ma anche ringrazia: per ogni assolo che ha trasformato in poesia, per ogni verità detta senza paura, per quella musica che resterà per sempre più forte del silenzio.




